Il film che chiude una filmografia di un grande regista ha sempre un fascino particolare. Questo perché forse, involontariamente, assume i tratti di un vero e proprio testamento artistico, un luogo dove si tirano le somme del proprio autore, il suo addio alla settima arte. Esistono casi in cui, questa, è una scelta ponderata – Il testamento di Orfeo di Jean Cocteau, Il cavallo di Torino di Béla Tarr -, ma, il più delle volte, è semplicemente dettata dalla scomparsa del regista stesso. Un avvenimento che, inevitabilmente, si ripercuote sul suo ultimo film, investendolo di un’aura mitica, a volte ambigua, altre addirittura profetica.
Con questa playlist voglio proporre alcuni casi, a mio gusto, davvero affascinanti, in cui l’ultimo film (e, perché no, l’ultimo frame) sono davvero, in qualche modo, testamentari.
Con Anne Bancroft, Sue Lyon, Margaret Leighton, Woody Strode, Mike Mazurki
L’ultimo film del più importante regista statunitense della storia. Un titolo per molti minore, ma non per chi scrive. Un film buio, cupo come pochi altri nella filmografia di Ford, che si chiude con un suicidio. Lontano dalle valley e dai gran canyon che il cinema fordiano ha raccontanto, ma dentro al cuore di tenebra della Manciuria. Un film testamentario anomalo, un capolavoro dimenticato.
L’ultimo film di Andrej Tarkovskij è forse il suo lavoro più radicale. Il suo ultimo frame chiude simbolicamente il cerchio iniziato con L’infanzia di Ivan: quell’albero (della vita), con un bambino, simbolo di speranza. Un film profondamente tormentato, megalomane e non poco pretenzioso, di uno dei più grandi registi della storia del cinema.
Un film che è l’esasperazione barocca ed esistenziale del suo tormentato autore. Il parto più viscerale, più allucinato, più pasoliniano. Reiner Werner Fassbinder, il più prolifico (almeno per densità di film) autore del Nuovo Cinema Tedesco ha firmato un’ultima opera davvero testamentaria, che si chiude con Jeanne Moreau che canta “ognuno uccide chi ama”. Un altro cerchio che si chiude, per un regista che decise di intitolare il suo primo lungometraggio con il profetico (e splendido) titolo “L’amore è più freddo della morte”.
Con Garrison Keillor, Meryl Streep, Lily Tomlin, Kevin Kline, John C. Reilly
La filmografia di Robert Altman si conclude con Radio America, un testamento incredibilmente lucido e formalmente superbo. Sul set di una trasmissione radiofonica, l’angelo della morte si aggira tra comparse, cantanti folk e siparietti comici. Un ultimo sguardo al mondo dello spettacolo da parte di uno dei registi più anarchici del cinema americano.
Con Philippe Lauden Bach, Fanny Ardant, Jean-Louis Trintignant
Le ultime immagini di questa detective story hitchcockiana sono, a mio avviso, davvero commoventi. Al matrimonio tra Barbara (Fanny Ardant) e Julien (Jean-Louis Trintignant), un fotografo sta scattando delle foto alla coppia, davanti all’altare. Nell'operazione di sistemare la macchina fotografica, gli cade per sbaglio l'obiettivo. Le ragazzine del coro della chiesa iniziano a giocarci, passandoselo con dei calci. Un gesto ironico, scherzoso, sottilmente metalinguistico, per un regista che ha amato il cinema come pochi altri.
Uno dei migliori adattamenti di cui io abbia memoria. John Huston chiude la sua vasta e diversificata filmografia con la traduzione cinematografica del classico di James Joyce. Un film che diviene un carosello di corpi, di volti, di balli, quasi ophulsiano. Il titolo originale, The Dead, conferisce fin da subito un’atmosfera funebre e decadente, che Huston asseconda attraverso una regia forse mai così aggraziata.
Con Christian Patey, Caroline Lang, Sylvie van den Elsen, Michel Briguet, Vincent Risterucci
Apologo pessimista di Robert Bresson, come già lo era stato il precedente, bellissimo, Il diavolo probabilmente. Da accostare, per nichilismo, al Salò pasoliniano – film che ho escluso, per poco, dalla playlist, ma che recupero in extremis proprio qui. Un film, L’argent, fatto di inquadrature serrate, di décadrage, di gesti, e di mani – che rubano, che uccidono. Un addio al cinema (e alla vita) tra i più annichilenti che si possano ricordare.
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