Esatto, prima di tutto attrice (di talento). E poi donna dal fascino e dall’eleganza “mitologici”, sia romani che greci, avendo il nome di una dea (della caccia) e avendo (s)vestito i panni di Elena di Troia (“Troy”). Nata in un paesino della Bassa Sassonia, Algermissen, Diane Heidkrüger a 13 anni vola a Londra per diventare ballerina classica alla Royal Ballet School. Sogno di breve durata però: un incidente la costringe ad appendere le scarpette al chiodo e, complice l’agenzia Elite, si trasferisce a Parigi iniziando a calcare le passerelle dell’alta moda. Nel 2000, su consiglio di Luc Besson, si iscrive al corso d’arte drammatica del Cours Florent, debuttando nel film tv “The piano player” del francese J.-P. Roux. Nella Ville Lumière Diane conosce il futuro marito G. Canet che la fa esordire sul grande schermo nella sua opera prima, “Mon idole”. Perfettamente poliglotta (tedesco, francese, inglese), è a tutti gli effetti francese d’adozione, anche dopo la fine del suo matrimonio (da 7 anni il suo compagno è l’attore J. Jackson). A Cannes poi è di casa, essendo stata membro di giuria (ruolo ricoperto anche a Berlino), maîtresse de cérémonie e vincendo, nel 2003, il Trophée Chopard come attrice rivelazione. Per il suo ruolo in “Bastardi senza gloria” è stata candidata ai Saturn Awards e agli Screen Actors Guild Awards. La racconto attraverso 7 pellicole estratte dalla sua filmografia, continuo mix di opere indipendenti (“L’età barbarica”) e blockbuster (“Il mistero dei templari”), prediligendo quelle meno conosciute. Tranne la prima, ça va sans dire...
Voto: 10. Solo alla seconda visione questo patchwork tarantiniano ha raggiunto l’eccellenza. D’altronde non gustarselo in originale toglie sicuramente qualcosa. Quentin ha la sua idea di Cinema e questa pellicola ne è un esempio geniale. E tra le pedine che il regista muove a suo piacimento sullo scacchiere della Storia c’è anche la “dietrichiana” Bridget Von Hammersmark di D. Krüger. Fra le sue performance migliori, che ha nella sequenza della taverna uno degli apici.
Con Diane Kruger, Vincent Lindon, Olivier Marchal, Alaa Oumouzoune, Mikaela Fisher
Voto: 8+. Cosa non si farebbe “per lei”, Lisa? Se lo chiede il marito, Julien, quando viene condannata a 20 anni di galera. Potente miscela di noir, azione e dramma giudiziario del francese F. Cavayé. Film sceneggiato, montato e diretto benissimo, come già è perfettamente visibile dalla sequenza d’apertura. Tutto essenziale, niente parti superflue. Eccellente V. Lindon tanto quanto D. Krüger, che conferiscono ulteriore spessore ai propri personaggi. Non male il remake statunitense di P. Haggis, ma indubbiamente inferiore.
Con François Berléand, Guillaume Canet, Diane Kruger, Philippe Lefebvre (II)
Voto: 7. Una commedia sul potere incantatorio della televisione, un mondo a parte per tutti coloro che vi lavorano, che mixa grottesco e noir, non priva di difetti ma interessante e dagli sviluppi imprevedibili. G. Canet si dimostra subito bravo nella direzione degli attori (eccellente come sempre F. Berléand), e l’allora sua musa risplende in tutte le scene.
Voto: 8+. Come la precedente, altra opera inedita in Italia. F. Berthaud continua a scandagliare l’universo femminile e per la seconda volta sceglie Diane. Ma in questo caso i toni si fanno agrodolci e la storia ha due baricentri (il secondo è L. Sagnier). Poli di segno nettamente opposto, che, come l’elettromagnetismo insegna, si attirano, con conseguenti urti più o meno violenti che possono essere ricomposti solo grazie a qualcosa, dentro di noi, fisicamente meno tangibile.
Voto: 8. Altro film imperfetto ma che personalmente mi ha affascinato. Una riflessione sul tempo, sulle coincidenze, sulle scelte. Sulla vita insomma. Che poi non è che un’infinita sequenza di scambi, come quelli che si trova davanti un treno che ognuno di noi, già da bambino, può prendere o perdere. Fantascienza ramificata e intimista. E Diane è una delle facce del dado.
Voto: 7-. Sulla famiglia di Isabelle incombe una storica maledizione: ogni primo matrimonio termina con un divorzio. Come sfuggire a questo destino? La commedia diretta dal francese P. Chaumeil è lontana dall’essere un capolavoro ma si lascia vedere. L’improbabile coppia divina – imbranato (D. Krüger / D. Boon) non è un espediente nuovo e lo script si adegua, gli inserti attuali sono un tantino didascalici ma l’alchimia tra i due attori sboccia e alcune disavventure (dal freddo del nord Europa al caldo africano) strappano un sorriso. Opera inedita da noi come “Les adieux à la reine”, in cui interpreta Maria Antonietta. Dopo l’immacolata cercatrice di “The host”, sarà Sarah Lincoln in “The green blade rises”, nel francese “Les garçons et Guillaume, à table!” e al fianco di J. Eisenberg e E. Hirsch in “Midnight sun”.
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