A Parigi, due giovani di nazionalità diverse, il francese Jim e il tedesco Jules, stringono una profonda amicizia. Presto divengono inseparabili: insieme leggono poesie, fanno dello sport, vanno in cerca di ragazze. Insieme si innamorano del sorriso di una statua che un amico, Albert, ha loro mostrato in diapositiva. Un giorno, conoscono una giovane donna che ha il sorriso della statua: Catherine. Jules corteggia Catherine: durante una gita al mare, cui partecipa anche Jim, le chiede di sposarlo. Lei non risponde subito; poi, tornati a Parigi, accetta la proposta di Jules. Insieme partono per la Germania, dove si sposano. Improvvisamente scoppia la guerra, che divide i due amici. Una volta cessate le ostilità, la loro corrispondenza riprende normalmente. Jim è indeciso se sposarsi con Gilberte, da tempo sua amante, e chiede consiglio a Jules. In risposta, questi lo invita a fargli visita. Jim accetta, ma ritarda l’avvenimento; infine arriva allo chalet di Jules, in mezzo agli abeti, vicino ad un prato in declivio. Jules e Catherine hanno una bambina, Sabine. Dopo l’imbarazzo iniziale, i due vecchi amici riprendono le confidenze che la guerra aveva interrotto. Jules confessa a Jim il timore che Catherine lo lasci. Albert vuole sposare Catherine e prendere anche la bambina. Lei non lo ama, ma, nondimeno, ogni tanto sta con lui. E’ la volta di Jim ad innamorasi di Catherine: lei va e viene tra Jules e Jim, li ama entrambi. Infine, decide di vivere con Jim, di avere dei bambini da lui. Ma Catherine non resta incinta: il loro rapporto così si deteriora. Decidono di separarsi per tre mesi: non sanno che non si vedranno più per anni. Nell’ultima notte prima della partenza di Jim, concepiscono un figlio. Alle lettere esultanti di Catherine, segue un triste messaggio di Jules, annunciante che il bambino si è spento al terzo mese della sua vita pre-natale. Catherine desidera ora il silenzio fra loro; Jim comincia a pensare di sposare Gilberte per avere dei figli da lei. Poi, un giorno, i vecchi amici si incontrano nuovamente: Jules e Catherine sono venuti ad abitare in un vecchio mulino sulla Senna. In Germania si cominciano a bruciare i libri; Jim è felice di aver ritrovato Jules e di accorgersi che il suo cuore non batte più rivedendo Catherine. Lei, un giorno, propone una gita in auto. Arrivati ad un’osteria di campagna lungo il fiume, si fermano; poi, mentre Jules sta a guardare, Catherine conduce Jim sull’auto e, sorridendo con tenerezza, guida la vettura su di un ponte in rovina. La vettura precipita nel fiume. Jules assiste, solo, alla cremazione dei due corpi, rimpiangendo di non poter mischiare le ceneri per gettarle al vento dall’alto di una collina, come Catherine avrebbe desiderato. (tratto dalla monografia su Truffaut di Alberto Barbera, ed. Il Castoro cinema, pag. 43-44).
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@kotrab: avrei voluto mettere il segnale che indica lo spoiler, ma in questo caso non l'ho trovato... forse per le playlist non è attivo, a differenza delle opinioni... in ogni caso, non credo di aver fatto niente di particolare... l'idea della play era di vedere come il tema enunciato da Wilde dell'uomo che uccide ciò che ama funzionasse all'interno di alcuni film, il riassunto della trama mi sembrava importante a questo proposito e non aveva senso non riportare il finale, visto che quasi sempre è proprio nel finale che avviene un gesto estremo o rivelatore... comunque, si tratta di film vecchi, credo che almeno quelli di Truffaut e Visconti siano ampiamente conosciuti, non credo davvero di aver svelato misteri particolari...
Playlist interessante che scatena discussioni a non finire . Secondo me l'amore , quello vero, non è mai distruttivo ma sempre costruttivo come ha detto anche @lehava , tante situazioni trattate molto bene nei film citati , sono solo esempi di possesso che non ha niente a che spartire con l'amore , persone che non sapendo amare pensano di potere utilizzare il corpo di un altro per il propio scopo e naturalmente la preda deve essere debole e sottomessa con scarsa considerazione di sè, convinta di doversi accontentare per non riamanere sola, quindi non c'è amore nemmeno nella vittima . Serve complicità sia nell'amore sia nell'accettazione del possesso. Un saluto dalla Dolly
@dolly: ti ringrazio per il commento, quello che dici è tutto vero, senz'altro l'amore è costruzione di un rapporto, non distruzione, ci vuole affetto e considerazione per l'altra persona, oltre che, prima di tutto il resto, per se stessi. Gli esempi trattati nei film hanno più a vedere con una passione che talvolta sconfina nella patologia... ad esempio la Catherine di Jules e Jim è la classica donna fatale che non può accontentarsi di amori convenzionali, e infatti uccide l'oggetto della propria passione quando capisce che lui non la poteva più ricambiare. Questi, esempi, tuttavia, mi sembravano i più vicini alla tesi esposta, in maniera un pò provocatoria, da Oscar Wilde. un saluto e grazie
HAPPY TOGETHER "un film sulla rottura e sulla riunione
Ciao Steno! In questi giorni mi è ricapitata fra le mani, abbastanza per caso, la poesia di Oscar Wilde. E così mi sono riletta questa playlist e sinceramente anche dei miei commenti che, quasi me ne vergogno, mi paiono oggi "fuori dal bicchiere". Tratta in inganno dalla necessaria tua interpretazione "cinematografica" del testo: gli amori distruttivi. Il testo, oltre ad essere una accusa alla inutilità della pena di morte (ed una parabola sul perdono), ha però un significato ancor più universalmente pessimistico che non la semplice affermazione che, tanto più forte è l'affetto, tanto più terribile la delusione e quindi l'odio. Wilde accusa la natura intrinsecamente sterminatrice di tutto il genere umano verso il sentimento di bene assoluto, cioè l'amore. Come a dire: nessuno ne è all'altezza (non potrà mai esserlo! Tutti siamo corrotti e corruttibili) e quindi l'unica possibile "fine" è la morte stessa. L'insopportabilità della consapevolezza di essere inadeguati. E' la verità più dolorosa, ma vera, appunto. Si uccide con l' odio ma anche con la dolcezza, con l'avidità, con la lussuria, con il tradimento, con l'incostanza. Con determinazione e volontà o incoscientemente e con leggerezza. Ci si avvicina pertanto al topos letterario di Eros e Thanatos, caro a tutta la narrativa (e quindi anche all'arte in genere, ovviamente al cinema che sempre "racconta"). Rispetto a quest'ultimo c'è però, in Wilde, la sofferenza della ineluttabilità. L'amore può rimanere eternamente se stesso solo nella morte: se così non è si consumerà, si svilirà, si annoierà, si appannerà. Scomparirà. Perché noi, essere umani, questo siamo. L'assassinio è pertanto quasi un gesto eroico ("i migliori si servono d’un coltello"), il caricarsi sulle proprie spalle il peso tremendo della scelta messa in atto. In senso lato, da Caino e Abele, al sacrificio di Isacco, a Medea che uccide i figli, alla Gerusalemme Liberata ("Passa la bella donna, e par che dorma") a Romeo e Giulietta a Tristano ed Isotta. Ci vorrebbe uno spazio di una enciclopedia in multi volumi per sviscerare la tematica, naturalmente! Aggiungo una notazione mia personale: dal punto di vista narrativo in generale (cinematografico, ma anche letterario, non vedo differenza) le grandi storie d'amore non hanno quasi mai (o meglio mai) un "happy end". Perché l'amore deve congelarsi nell'istante immutabile in cui esso viene provato: ammettere un "futuro" lascia spazio a "se" e "ma": alla negazione stessa pertanto del sentimento assoluto. Dall'altro lato, la "creazione" artistica necessita di una sublimazione all'impossibile: per quanto riguarda il cinema esso compete soprattutto alla produzione (il cinema è l'unica arte che abbisogna di maestranze e che pertanto smentisce la "solitudine" dell'artista. Diciamo che è, per forza di cose, un lavoro "collettivo" la cui organizzazione non è individuale, come buttar giù una poesia o dipingere un quadro insomma) , per la letteratura spesso anche alla biografia (o più o meno tale) autoriale: chi si immagina Kafka se non divorato dalla passione per Milena, o Leopardi per Fanny, o Petrarca per Laura o Goethe per Charlotte. J. Keats e Fanny? E questo perché "L’amore più vero appartiene alla sfera dell’immaginazione, mira a ciò che non esiste, si realizza nella Bellezza e nella Verità assolute, prevarica i conflitti terreni di istinto e ragione per trionfare nell’Idea, non si consuma nella quotidianità dell’esistenza e per questo è destinato a non estinguersi. La Verità e il Bene risiedono dunque in un mondo ideale, che è sia quello dell’amore senza tempo .... sia quello in cui si proiettano le più sublimi creazioni filosofi che e letterarie" (Guglielmo Forni Rosa, L’amore impossibile. Filosofi a e letteratura da Rousseau a Lévi-Strauss). L'esito contemporaneo più raffinato di questo intendere il sentimento mi pare sia stato scritto da D. Grossman che non a caso richiama Kafka (e tutta una cultura, quella ebraica, dove la parola è significato e significante e pure altro). Perdona la divagazione, un saluto!
Grazie per il commento che arricchisce questa vecchia play a cui comunque sono rimasto affezionato... inevitabilmente si parlava di amori malati e distruttivi perché il cinema li ha spesso raccontati... con film molto prestigiosi come queli citati. Purtroppo in questo periodo mi fa stare un po' male questo tema perché si collega alla tragedia in atto del femminicidio che spesso nasce proprio da amori malati e dall'incapacità di rassegnarsi quando un amore finisce. Molto interessanti gli esempi che hai fatto presi dalla letteratura: il discorso naturalmente si espande e potrebbe riguardare anche altre arti, anche se il cinema ha avuto davvero un'attenzione speciale su queste tematiche. Per concludere posso dire di condividere il pessimismo di Wilde magari senza estremizzarlo... ma la creazione artistica talvolta ha bisogno di essere estrema. Ciao e ancora grazie
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