Spesso storie universali possono essere raccontate con ancora maggior efficacia in spazi più o meno ristretti, fisicamente e/o metaforicamente. Queste sono quelle che mi tornano alla memoria.
Il cosmo (del racconto nel film) è un transatlantico in mezzo all’Atlantico. Al di là delle balaustre, l’imponderabilità, le coincidenze, la natura. Che marchia a fuoco la Storia e le storie. “Questa è una nave, dovrà pur essere da qualche parte” dice Cal al suo tirapiedi. Fisicamente il ragionamento è indiscutibile, ma mai come in quel momento la sua promessa sposa gli era così distante. Rose si è difatti appena liberata da una trappola, ma un’altra sarà il destino a farla scattare.
Il mondo (quantomeno per Truman) ha i contorni, o meglio gli steccati, della cittadina/palcoscenico di Seahaven, un nome che è già tutto un programma (televisivo). E il demiurgo che l’ha concepita ha il nome “impegnativo” di Christof… Ma il cielo si tocca con un dito e la libertà la si riacquista aprendo una semplice porta.
Il pericolo è globale, eppure Lumet sceglie di rimanere nel Centro Operativo di Omaha. Ma proprio come un conflitto-non conflitto qual è la Guerra Fredda, la tensione più forte si respira negli attimi precedenti la scintilla, quando ci si trova in prossimità della linea di confine tra potenziale ed effettivo. Claustrofobico quasi quanto “La parola ai giurati”.
Dodici giurati riuniti in una piccola stanza all’interno del Palazzo di Giustizia di NY. Una cappa insopportabile prodotta, all’esterno, dalla coltre di nuvole e, all’interno, dall’importanza della decisione da prendere. Poi il ventilatore riprende a funzionare, la pioggia spazza via l’afa e l’unanimità viene raggiunta. Anche la nostra coscienza può tornare a respirare.
L’eccellente messa in scena di zio Alfred, il lungo ed unico (e finto) piano-sequenza, costringe lo spettatore a non distogliere mai lo sguardo da quel loft, come fosse uno degli invitati. Più che un appartamento, una cella (dalla cui finestra “sbarrata” s’intravvede un ancora più lontano skyline newyorkese) nella quale la tensione si taglia col coltello.
Esterni ridotti al minimo. Polanski rinchiude in una gabbia, apparentemente la più familiare di tutte (il proprio appartamento), i suoi quattro personaggi e ne studia comportamento, azioni e reazioni. Né più né meno di quello che si fa con le cavie in medicina… Con la differenza che, forse, in questo caso ci sentiamo maggiormente chiamati in causa.
Amore, gelosia, fedeltà, ipocrisia nella Russia zarista del XIX secolo. E nella pellicola di Wright la storia “immortale” di Anna, Karenin e Vronskij viene letteralmente rappresentata su un palcoscenico teatrale. Le quinte sono delle delimitazioni che rimandano metaforicamente a delle sbarre, pronte però ad aprirsi all’universalità della passione e della tragedia.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta