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Il potere nascosto delle visioni nascoste
di LIBERTADIPAROLA75 ultimo aggiornamento
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LIBERTADIPAROLA75

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Il potere nascosto delle visioni nascoste

Sto notando che, ultimamente, la pagina della rivista cartacea Film Tv, dedicata al sito, si occupa quasi esclusivamente di opinioni, in anteprima, di film che a breve usciranno in sala.
Io ho provato a scovarne qualcuna su film che (forse) in sala vedremo mai.
Praticamente la playlist che non vedrete mai pubblicata!!!

Playlist film

The Weight of Elephants

  • Drammatico
  • Nuova Zelanda, Danimarca, Svezia
  • durata 87'

Titolo originale Das Gewicht der Elefanten

Regia di Daniel Joseph Borgman

Con Demos Murphy, Angelina Cottrell, Matthew Sunderland, Catherine Wilkin

The Weight of Elephants

Recensione di Tato88
Un film davvero dolce e sincero quello del regista Daniel Joseph Borgman, che per farvi capire al volo il genere di appartenenza, dirò semplicemente che potrebbe rientrare tra le migliori proiezioni della nostrana sezione "Alice nella città".
Rimane tuttavia un po' di perplessità dall'improvviso finale e alcune importanti sotto trame lasciate irrisolte. Se quindi la storia non convince appieno, a portare il film molto in alto ci pensano la grande interpretazione del piccolo protagonista e una regia davvero sublime. Un prologo tra i più riusciti di sempre (che con grazia dissonante ci mostra una bambina con in mano un fiore allontanarsi dalla madre e venire avvicinate da un uomo il cui volto vuoto rimane sempre coperto da un elemento pro-filmico), introduce perfettamente la poetica con cui verrà analizzata l'infanzia del piccolo Adrian, segnata da molteplici dispiaceri e dalla ricerca di una forza che gli permetta di sopravvivere alle angherie del mondo.
Quindi altro pollice in su per questa Berlinale. Il film di Borgman non sarà il migliore, ma se questo è il livello dei meno belli…
Voto:****

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Berberian Sound Studio

  • Horror
  • Gran Bretagna
  • durata 95'

Titolo originale Berberian Sound Studio

Regia di Peter Strickland

Con Toby Jones, Cosimo Fusco, Susanna Cappellaro, Tonia Sotiropoulou, Layla Amir

Berberian Sound Studio

In streaming su MUBI

vedi tutti

Recensione di Bradipo68
Anni '70 :Gilderoy, apprezzato tecnico del suono inglese è chiamato alla postproduzione audio di un horror italiano intitolato Il vortice equestre ad opera del "maestro" Giancarlo Santini. Per lui essere calato in uno studio di registrazione così raffazzonato in cui l'improvvisazione prende troppo spesso il sopravvento sulla professionalità è un qualcosa di traumatico ma non riesce ad esprimere tutto il suo disagio a causa dell'aggressività del suo collega italiano che più o meno velatamente gli consiglia sempre di stare al suo posto e di non interferire.
Sta accadendo qualcosa a Gilderoy: si sente sempre più parte del film, la linea che separa la realtà dalla fantasia diventa sempre più sottile, la sua vita sta diventando quel film correndo il rischio di far finire tutto durante un blackout, nel bel mezzo di una dissolvenza in bianco....
Non è facile liquidare in due parole un'opera complessa e stratificata come Berberian Sound Studio: sono talmente tante le riflessioni che suscita...
Un film che sembra omaggiare una determinata stagione del nostro cinema svelandone i trucchi che ne contribuirono a creare la magia. Lo studio tecnico di registrazione è un microcosmo dove la fantasia realizzativa vince sulla razionalità ed è per questo che il talentuoso , ma legato al suo lavoro da un indissolubile senso etico, Gilderoy si sente alieno in un mondo dove tutti sembrano solo attratti dalla superficie delle cose e che non hanno lo stesso rispetto che ha lui per il lavoro che stanno facendo.
Essendo girato praticamente del tutto in interni la stagione del nostro cinema thriller e horror, quella dei Bava ,dei Tessari, dei Margheriti, dei De Martino e degli Argento, più che dei Fulci che verrà più tardi, è rievocata più che altro attraverso costumi e acconciature dei vari personaggi, oltre a una ricostruzione, comunque accurata,  di un ambiente lavorativo piuttosto spoglio.
Probabilmente i limiti evidenti del budget hanno consigliato di limitare al massimo le ricostruzioni e gli ambienti per cercare di dare un aspetto molto più curato al look del film.
E devo dire che sotto questo aspetto l'opera seconda di Peter Strickland è piuttosto centrata: ha un aspetto stiloso sia per la cura maniacale per il sonoro ( visto l'argomento trattato ) ma anche per soluzioni registiche abbastanza originali.
Certo un budget adeguato avrebbe aiutato moltissimo nel dare un aspetto meno spartano ma alla fine non ci si fissa più di tanto su questo aspetto visto che tutto è ambientato in uno studio di registrazione piuttosto scalcinato.
Nella parte finale  Berberian Sound Studio cerca di cambiare passo: dall'ironia di personaggi come quelli dei rumoristi Massimo e Massimo che riproducono fedelmente i peggiori rumori da film horror spaccando cocomeri, spiaccicando zucchine al suolo , indossando tacchi a spillo o mettendo a bollire un pentolone di verdure, si passa a qualcosa di più ambizioso, all'espediente , un classico ormai, del film nel film.
Il senso di alienazione e di claustrofobia angosciosa che aleggiava minaccioso su Gilderoy e sugli altri personaggi  viene  portato a un livello anche superiore in cui è impossibile distinguere l'incubo dalla realtà.
Strickland tiene il gioco nascosto, forse anche troppo e osa con un finale enigmatico, ai limiti del lynchiano, che forse è il vero punto debole del film.
Evoca una strana sensazione: è come se lo spettatore che era lì con Gilderoy e tutti gli altri nello studio di registrazione viene prima messo al corrente di tutti i segreti del mestiere e poi improvvisamente sbattuto fuori senza alcuna spiegazione.
Perchè effettivamente non viene spiegato nulla ma tutto è lasciato alla libera interpretazione di ognuno.
Ma forse così facendo perde di vista la strada maestra che lo aveva condotto fin qui: il sincero omaggio a un cinema di genere che oggi è stato soppiantato da un modo di fare arte filmica molto meno "romantico" e molto più industrializzato.
Berberian Sound Studio può essere una chicca per cinefili perchè riproduce molti dettagli tecnici della realizzazione del comparto sonoro di un film ma ha un ritmo veramente troppo compassato che segue in tutto e per tutto lo stile del classico uomo senza qualità Toby Jones , veramente bravo a disegnare un personaggio molto particolare senza per questo scivolare nella caricatura.
Film per prima cosa da ascoltare, da vedere obbligatoriamente in versione originale ( inglese e italiano) e da prendere con le molle. potreste adorarlo oppure interrompere la visione perchè non sembra succedere veramente nulla.
A me ha lasciato piuttosto interdetto, soprattutto il finale.
(bradipofilms.blogspot.it)
Voto:***

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Red Dawn - Alba rossa

  • Guerra
  • USA
  • durata 114'

Titolo originale Red Dawn

Regia di Dan Bradley

Con Chris Hemsworth, Adrianne Palicki, Josh Hutcherson, Josh Peck, Isabel Lucas

Red Dawn - Alba rossa

In streaming su Apple TV

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Recensione di LIBERTADIPAROLA75
C'erano una volta i film-documento storico, quelle opere che, anche se poco o niente attendibili, venivano ricordate per essere legate al periodo nel quale erano state girate. Tra queste ricordiamo qualcuna delle più famose: NASCITA DI UNA NAZIONE, opera becera storicamente fantascientifica e ideologicamente vomitevole ma importante nella Storia del Cinema per essere collocata nel clima razzista sudista di inizio '900.
A questa si aggiungono i film nazisti come le opere di Leni Riefenstahl e film come SUSS L'EBREO (1941) di Veit Harlan, falsificazione di un noto romanzo (scritto dall'ebreo  Lion Feuchtwanger) ispirato ad una figura realmente esistita e già portato sullo schermo in Inghilterra nel 1934 in una versione fedele (a differenza di questa!) al libro originale, o IO ACCUSO (1941) di Wolfgang Liebeneiner dove, in mezzo ad un sacrificio d'amore, inserisce il disprezzo nei confronti dei bambini handicappati.
Sono film brutti ed orripilanti (a parte forse le opere di Leni!) ma entrati a far parte dei libri di storia come documento diretto del periodo storico al quale appartenevano. 
Oltre a questi non bisogna dimenticare i film (sia americani che filo-comunisti) legati alla Guerra Fredda.
Tra di essi uno dei più famosi è ALBA ROSSA diretto da John Milius, che raccontava di un invasione del suolo americano da parte del Nicaragua, dell'Urss e di Cuba.
Nel 2008 fu annunciato un remake (reboot?), dove stavolta gli invasori erano i cinesi. 
Il regista Milius, estraneo al progetto, si vide anche perplesso per la scelta, visto che gli americani in quel periodo facevano forti affari con la Cina (avrebbe visto meglio il Messico!).
Intanto un numero della celebre rivista tedesca "Der Spiegel" di qualche anno prima parlava (con una bellissima copertina con un dragone che attornia il globo terrestre!) di una nuova Guerra Fredda economica tra la Cina ed il resto del Mondo (in particolare, appunto, l'Usa!).
Intanto, dopo qualche mese di riprese avviate, la casa di produzione del film (la Mgm) ebbe un collasso finanziario ed interruppe la lavorazione.
Il gruppo ufficiale Facebook del nuovo film, nato come fan club atto ad informare gli utenti sulla lavorazione e l'uscita in sala, diventò ben presto un Forum Politico che informava sull'attualità globale (con un particolare occhio alla Crisi Internazionale!).
Poi il film venne terminato e (girano voci ma nulla è sicuro!) la Cina minacciò l'embargo alle nazioni legate economicamente a lei (in primis l'Italia! E principalmente nel settore della moda!) se avessero fatto uscire in sala il film.
Dopo varie polemiche sorte in America che ne rimandavano l'uscita (pur saltuariamente il film compariva in rete per poi, spesso, sparire subito dopo!) un accordo con la Cina impose che l'opera venisse rigirata nelle scene dove era mostrato esplicito riferimento a quel paese (nelle nuove scene il nemico è diventato la Corea del Nord!) e interamente ridoppiato (ecco anche spiegato perchè diverse fonti indicano vari anni di produzione: 2008, 2010, 2011 e 2012!!!).
Ma adesso veniamo al film: il vecchio ALBA ROSSA iniziava con un professore che spiegava la crudeltà della Guerra ai suoi allievi (con riferimento a Gengis Khan), stavolta i cieli americani vedono un invasione aerea simile a quella del cult televisivo VISITORS (anch'esso all'epoca riferito alla Guerra Fredda!) e un attimo dopo tutte le trasmissioni televisive sono interrotte per la nuova triste notizia...
Chissà se un giorno le poche copie circolanti con il nemico cinese varranno cifre da capogiro per i collezionisti e se, a breve, il film non sarà ancora una volta rigirato cercando un nuovo nemico (dopo la recente dipartita del leader nord-coreano). Intanto questa nuova trama ricorda il recente romanzo (di John Milius) e videogioco HOMEFRONT.
Cercate in rete le versioni attualmente disponibili (tutte in lingua americana), alcune spezzettate o non integrali, perchè mettetevi pure il cuore in pace...in Italia il film, probabilmente, non lo vedremo mai!

Accontentiamoci quindi dei (sempre più numerosi!) documentari mondo sull'argomento.

Valore storico altissimo!!!
Voto:*****

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The ABCs of Death

  • Horror
  • USA
  • durata 123'

Titolo originale The ABCs of Death

Regia di Nacho Vigalondo, Adrian Garcia Bogliano, Ernesto Díaz Espinoza, Marcel Sarmiento, Angela Bettis, Noboru Iguchi, Andrew Traucki, Thomas Cappelen Malling, Jorge Michel Grau, Yûdai Yamaguchi, Anders Morgenthaler, Timo Tjahjanto, Ti West, Banjong Pisanthanak

Con Ingrid Bolsø Berdal, Erik Aude, Dallas Malloy, Iván González, Peter Pedrero

The ABCs of Death

In streaming su Apple TV

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Recensione di Cidrolin eLST
Hélène Cattet, Bruno Forzani (segment "O is for Orgasm")
Lee Hardcastle (segment "T Is for Toilet") Marcel Sarmiento (segment "D Is for Dogfight")
Timo Tjahjanto (segment "L is for Libido")
Yudai Yamaguchi (segment "J is for Jidai-geki")
Ben Wheatley (segment "U Is for Unearthed")(***)

Adam Wingard (segment "Q Is for Quack")
 Thomas Cappelen Malling (segment "H is for Hyrdo-Electric Diffusion")Banjong Pisanthanakun (segment "N is for Nuptials") Xavier Gens (segment "X Is for XXL")
Jon Schnepp (segment "W is for WTF?")(**)

Kaare Andrews (segment "V is for Vagitus") Ernesto Díaz Espinoza (segment "C is for Cycle") Jason Eisener (segment "Y Is for Youngbuck") Adrián García Bogliano (segment "B Is for Bigfoot") Noboru Iguchi (segment "F is for Fart") Jorge Michel Grau (segment "I is for Ingrown") Anders Morgenthaler (segment "K is for Klutz") Yoshihiro Nishimura (segment "Z is for Zetsumetsu") Simon Rumley (segment "P Is for Pressure") Srdjan Spasojevic (segment "R Is for Removed") Andrew Traucki (segment "G is for Gravity") Nacho Vigalondo (segment "A Is for Apocalypse") Jake West(segment "S is for Speed") Ti West (segment "M Is for Miscarriage") Angela Bettis (segment "E is for Exterminate")(*)
Voto:***

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Shaolin

  • Azione
  • Hong Kong, Cina
  • durata 131'

Titolo originale Xin shao lin si

Regia di Benny Chan

Con Andy Lau, Nicholas Tse, Bingbing Fan, Jackie Chan, Bing Bai, Yu Xing, Shaoqun Yu

Shaolin

In streaming su Rakuten TV

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Recensione di Immorale
La storia di Huo Jie (Andy Lau) inizia nella fase più cruenta (primi anni 20) delle devastanti guerre regionali che sconvolsero il gigante asiatico e ci mostra il suo difficile percorso di redenzione da spietato condottiero a uomo di pace, conversione che non sarà affatto indolore. Il regista, Benny Chan, riprende con abilità lo stile di similari produzione degli anni 70, infarcendo il racconto “wuxiapian” di una tragicità di fondo che ne smussa la spensieratezza e “giustifica” l’azione sfrenata mostrata sullo schermo; anche il tasso di spiritualità “marziale” è notevolmente presente, con frequenti espliciti riferimenti al Budda ed ai suoi insegnamenti. Il tutto con una resa scenica spettacolare e molto precisa nel controllare sia le molte fasi movimentate che i momenti riflessivi e teatrali, quali i risvolti “edipici” tra il protagonista ed il suo aiutante Cao Man, fulcro dell’intera vicenda raccontata. Un’unica, ma perdonabile, semplificazione concettuale viene usata per descrivere il percorso espiativo del protagonista; tale aspetto, comunque complicato da rendere su pellicola,  avrebbe richiesto infatti un approccio differente e più ragionato. Chan sceglie  quindi di procedere per accumulo di tragicità punitive nei confronti del reietto Huo Jie  e sfuma la sua difficile risalita morale in modalità un po’ semplicistiche, troppo repentine e affastellate di luoghi comuni. Ciò non toglie che tutti i conflitti vengano egregiamente esplicati nel sontuoso finale, un po’ schiacciato da un eccesso di simbolismi, ma comunque emozionante. Il resto della messa in scena è impeccabile: la fotografia, in particolare, si aggancia all’iniziale freddezza dell’animo di Huo Jie e guadagna gradazioni, seppur fosche e con poche folgoranti eccezioni cromatiche, nel divenire della storia. I molti ed ottimamente coreografati combattimenti, coadiuvati da uno stile registico sicuro ed agile, contribuiscono infine ad esaltare le doti marziali dei protagonisti (soprattutto dello scattante Wu Jing) e aumentano la godibilità di un film appassionante. 
Voto:****

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

True legend

  • Azione
  • Cina
  • durata 115'

Titolo originale Su Qi-Er

Regia di Yuen Woo-ping

Con Wenzhuo Zhao, Xun Zhou, Andy On, Michelle Yeoh, David Carradine, Chiu Man Cheuk

True legend

Recensione di braddock
Avevo fortissime aspettative verso questo film, vista la presenza di uno dei miei registi preferiti da tempo inattivo in questo ruolo. Era infatti dal THE TAI CHI MASTER 2 del 1996 che Yuen Woo-ping, probabilmente il migliore coereografo di arti marziali al mondo assieme a Liu Chia-liang, non vestiva i panni di regista. Questo TRUE LEGEND ripresenta il personaggio del mendicante Su, figura ricorrente nel cinema delle arti marziali di Hong Kong, interpretato tra gli altri da Siu Tien Yuen e Donnie Yen. Costui era il praticante simbolico del "drunken fist", una tecnica di combattimento del Wushu in cui i movimenti ricordano le gestualita dell' ubriaco. Ovviamente, la sua esecuziuone non richiede affatto l' ingurgitamento delle botti d' alcol come spesso si vede in numerosi film, quali DRUNKEN MASTER o SHAOLIN DRUNKEN MONK. Questa volta il ruolo del mendicante passa a Vicent Zhao ( o Chiu Man Cheuk ) abile artista marziale che sostituì Jet Li nel quarto e nel quinto capitolo della saga di ONCE UNPON A TIME IN CHINA. Vi sono inoltre molti volti noti del cinema del genere; come quelli di David Carradine, Michelle Yeoh, Gordon Liu... che però si vedono solo in dei brevi camei. La storia vede Cheuk nel ruolo di Su, un famoso generale e premiato eroe di guerra. Su dovrà però affrontare l' attacco del fratellastro Yuan, deciso a vendicare la morte del padre naturale e diventato invincibile in seguito ai poteri delle arti marziali oscure. Su viene sconfitto e si rifugia in un luogo sperduto assieme alla moglie mentre suo figlio, il piccolo Little Feng, viene rapito da Yuan sempre più fuori controllo. Ripresosi dalle ferite subite Su riaffronta il suo fratellastro, riuscendo a liberare il figlio ma non a salvare la vita della moglie. Caduto in disgrazia ormai nei panni di mendicante, Su vive di elemosina assieme al figlio scroccando liquori nelle varie locande. Nel suo vagare, SU finisce in un' arena dove vengono organizzati combattimenti clandestini... Le mie aspettattive sono state in gran parte soddisfatte. Nonostante i 14 anni trascorsi, Woo-ping non ha affatto perso la verve che contraddistingueva le sue pellicole girate negli anni '80 e '90. Le sequenze d' azione sono tutte da antologia, spaziando dal wuxia al realismo dei film di Kung-fu con la massima disinvoltura. Ottime inoltre le scenografie, paesaggistiche e fantasiose, che mostrano un forte contatto con la natura ed effetti visivi di elevata spettacolarità. Mi ha sorpreso invece lo sviluppo della storia; suddiviso in tre capitoli quasi scollegati tra loro. Soprattutto la fase conclusiva risulta speculare alle sceneggiature di FEARLESS e di IP MAN2, distanziandosi bruscamente dal prologo e dalla parte centrale in linea col wuxia delle grandi produzioni asiatiche dell' ultimo decennio. Questo improvviso cambio di rotta, finisce per togliere un po' di coerenza e di atmosfera al film. A parte questo, il risultano è sicuramente riuscito costituendo un titolo assolutamente imperdibile per gli appassionati. Nonostante l' inserimento di qualche effetto speciale di troppo, lo stile di marziale dei lavori di Woo-ping resta infatti sempre vitale e immutato. Un ritorno sicuramente gradito e spero non isolato  
Voto: ****

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

When China Met Africa

  • Documentario
  • Francia, Gran Bretagna
  • durata 90'

Titolo originale When China Met Africa

Regia di Marc Francis, Nick Francis

When China Met Africa

Recensione di LIBERTADIPAROLA75
Il film inizia con le immagini di un convegno dove si discutono i rapporti economici (soprattutto nell'agricoltura) tra la Cina e l'Africa. Poi ci spostiamo nel Continente Nero dove alcuni imprenditori cinesi hanno acquistato dei terreni e assunto manodopera locale che i loro tecnici istruiscono all'uso di nuove tecnologie. Si alterna così (com'è prassi del mondo movies, genere al quale il film appartiene al 100%) il viaggio dei due registi nei nuovi insediamenti capitalistici cinesi in terra africana con un andamento tecnico suggestivo nella fotografica e, allo stesso tempo, ironico e serissimo, finchè le ultime scene mostrano il ministro cinese dell'agricoltura in visita all'Africa che si incontra con il collega africano col quale si dimostra soddisfatto del lavoro svolto da tecnici ed operai agricoli. Presentato al Festival del Documentario di Roma, al Cinemambiente di Torino del 2011 e in varie rassegne nel quale si è sempre distinto come uno dei migliori reportage degli ultimi anni il film è un ideale seguito dell'episodio cinese di AFRICA ADDIO di Jacopetti & Prosperi (meglio evidenziato nella versione a cartoni animati di Tony e Nino Pagot dove ad un certo punto il sole del tramonto africano si trasforma nella grassa faccia di un cinese, simile al Gambadilegno disneyano nelle storie, ad esempio, dove fa Gengis Khan, e rappresenta, appunto, metaforicamente che la Cina, con i suoi insediamenti, si stava impossessando, all'epoca ideologicamente, adesso economicamente, dell'Africa) col quale insieme a MAL D'AFRICA di Stanis(lao) Nievo rappresenta una ideale trilogia cino-africana. Un lavoro veramente interessante e ben realizzato!!!
Voto:*****

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