Salò o le 120 giornate di Sodoma
- Drammatico
- Italia
- durata 137'
Regia di Pier Paolo Pasolini
Con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti
Qui più che di un film pessimista, si può parlare di un film apocalittico, e il fatto che rimanga l’ultimo realizzato da Pasolini lo rende un testamento ancor più devastante. Il critico Giovanni Grazzini scrisse addirittura che “Forse Pasolini ha sperato che, avviato al suicidio universale, il nostro mondo traesse dal suo film il coraggio di buttarsi. Per rinascere come?” Pasolini si ispira ad un famigerato romanzo del marchese De Sade, ma in realtà guarda altrove, la sua vuole essere soprattutto una spietata denuncia del potere neo-capitalistico che spinge all’omologazione e violenta gli individui più deboli e indifesi attraverso una degenerazione fatta di brutalità e crudele sopraffazione sessuale (si tratta di una sorta di profezia espressa a livello metaforico, ma che per certi versi aveva colto alcune delle caratteristiche della società contemporanea). Nell’inquietante finale, i quattro signorotti si abbandonano a turno alle più orribili torture sui corpi dei ragazzi sequestrati, incluso lo scuoiamento e il cavamento degli occhi di alcuni malcapitati. La pianista che aveva accompagnato con la sua musica i racconti delle meretrici non regge più l’orrore e si getta dalla finestra, mentre una ragazza costretta a giacere nel mastello della merda urla disperatamente: “Dio, perché ci hai abbandonato?”, naturalmente senza ottenere risposta. Nell’ultima immagine due giovani soldati ballano un valzer, uno dei due dice che la sua ragazza si chiama Margherita, ma questo non basta ad alleggerire l’orrore e la desolazione che ha dominato per tutta l’opera.
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