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Il cinema contemplativo contemporaneo
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Il cinema contemplativo contemporaneo

Storpiando di poco il titolo del celebre articolo di François Truffaut, potremmo parlare di una «certa tendenza» del cinema (d’Autore) contemporaneo: la contemplazione. Quasi una sorta di risposta, innanzitutto estetica - nonché fortemente radicale -, alla chiassosità del cinema odierno, il cinema contemplativo si annida, oggi giorno, tra le cinematografie considerate “minori” (Taiwan, Turchia, Messico, Giappone, Ungheria, Lituania, ma anche Italia), che, per chi scrive, rappresentano il maggiore nucleo creativo (linguistico) del panorama cinematografico attuale. Non che l’arte della contemplazione, al cinema, non fosse mai stata esplorata. In particolare, nel cinema degli anni Sessanta e Settanta, sia nel campo del cinema d’Autore che in quello sperimentale, si sviluppò l’interesse per l’inquadratura fissa, per l’assenza della parola, per il rifiuto del montaggio. Registi come Ozu, prima, e Antonioni, poi, nel cinema d’autore, sono in ciò dei precursori assoluti. Negli Stati Uniti, pensiamo agli esperimenti di Andy Warhol e Michael Snow. Oppure, al loro fruttuoso “inserimento” in un contesto propriamente narrativo: su tutti, il lavoro di Chantal Akerman, regista belga autrice nei primi anni Settanta - in età giovanissima - di alcuni tra i lavori più seminali del cinema: tra gli altri, Je tu il elleJeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles. A metà degli anni Novanta si impone, poi, un’opera cinematografica senza eguali nella storia del cinema, Sátántángo di Béla Tarr, film-fiume che, con le sue sette ore e mezza di narrazione ardita e sperimentale, sconvolge per sempre la concezione stessa di linguaggio filmico. Sorta di spartiacque cinematografico, Sátántángo segna appunto l’inizio più o meno ufficiale di questa “tendenza” di cui si parlava all’inizio dell’intervento. Ed ecco che, non senza un certo orgoglio, germogliano negli anni Duemila, registi che rispondono allo “strapotere” della ricca industria del blockbuster hollywoodiano con la radicalità di una messa in scena spoglia, svuotata, silenziosa: contemplativa. Nascono nuovi autori, oggi riconosciuti e premiati. Anche in Italia, il cinema contemplativo ha avuto un suo esponente, oggi purtroppo finito quasi nel dimeticatoio: Franco Piavoli, autore di intensissimi film – tra cui è giusto ricordare almeno Il pianeta azzurro, del 1982 - in cui vige il totale rifiuto della parola. A raccoglierne l’eredità c’è stato, in tempi più recenti, Michelangelo Frammartino, autore di alcuni degli ultimi capolavori del cinema italiano.
 
Con questa playlist vorrei proporre alcuni film a mio avviso indicativi per comprendere questa tendenza contemporanea, così affascinante e così, ancora, inesplorata.
 
Una nota a margine: consiglio, per chi volesse approfondire questo cinema, di consultare questa vera e propria “Bibbia” on-line: http://www.unspokencinema.blogspot.it/

Playlist film

Heremias. Primo libro (parti I e II)

  • Drammatico
  • Filippine
  • durata 227'

Titolo originale Heremias

Regia di Lav Diaz

Con Ronnie Lazaro, Cid Lucero, Dante Balauis, Fonz Desa

Heremias. Primo libro (parti I e II)

Opera di Lav Diaz, regista filippino tra i più radicali del cinema contemporaneo. Famoso per le sue inquadrature dalle durate “tarriane” [in Heremias è presente un piano-sequenza di un’ora e un quarto].

Rilevanza: 1. Per te? No

I morti

  • Drammatico
  • Argentina
  • durata 78'

Titolo originale Los muertos

Regia di Lisandro Alonso

Con Argentino Vargas

I morti

Del regista argentino Lisandro Alonso. Indubbiamente, tra i registi più estremi e criptici dell’intera “onda”.

Rilevanza: 1. Per te? No
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