Fredde distese di ghiaccio che avvolgono ogni scorcio dell’orizzonte, un senso di profonda desolazione alimentato da un vento gelido che percuote incessantemente ogni elemento dell’ambiente. Questa è l’Antartide, almeno come la vediamo rappresentata nelle immagini dei film o della televisione, visto che ben pochi hanno avuto il privilegio di calpestarne il suolo. Un luogo ricco di fascino e mistero, un continente disabitato, unica presenza umana quella dei membri delle spedizioni scientifiche. La terra dei pinguini così come l’artico è la terra dell’orso bianco, anche se proprio a quest’ultimo animale deve il suo nome. Il filosofo greco Aristotele ipotizzò l’esistenza di una zona fredda nell’emisfero meridionale in contrapposizione a quella presente nell’emisfero settentrionale. Questa era posta sotto la costellazione dell’Orsa Maggiore, in greco Arktos, da cui il termine Arktikos (Artico); il territorio situato geograficamente in opposizione non poteva dunque che chiamarsi Antarktikos (Antartico). Fu poi il geografo Tolomeo a riprendere il ragionamento aristotelico e ad ipotizzare l’esistenza di una Terra Australis Incognita. ll primo esploratore ad avvicinarsi alle coste antartiche fu il celebre navigatore inglese James Cook fra il 1773 ed il 1774, anche se una affascinante teoria (peraltro molto controversa) basata sulla Mappa di Piri Reis porta a far pensare che già nel XVI secolo esistesse una conoscenza (forse indiretta, il documento dell'Ammiraglio turco potrebbe essere la copia di carte più antiche) delle coste dell'Antartide.
L’Antartide è una terra dotata di enormi riserve di acqua dolce e di risorse minerarie e petrolifere che potrebbero attirare la cupidigia di chi cerca nuove risorse da sfruttare, salvata almeno fino ad oggi dal cosiddetto Trattato Antartico, firmato a Washington nel 1959.
Ma è soprattutto un continente alieno, una sorta di corpo estraneo in un pianeta ormai omologato dalla globalizzazione. Non vi è luogo sulla Terra, se non forse i deserti più remoti, che sia più simile d ambienti extraterrestri, nulla che maggiormente riesca a fare sentire l’essere umano su un altro pianeta. Le montagne di ghiaccio annichiliscono l’anima, rendono concretamente la percezione di essere null’altro che una particella nell’immensità della natura, dell’universo.
La suggestione della candida desolazione antartica è ben rappresentata da due capolavori della letteratura: La Relazione di Arthur Gordon Pym di Nantucket (The narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket) di Edgar Allan Poe e Le Montagne della Follia (At the Mountain of Madness) di Howard Phillips Lovecraft. Due opere collegate fra di loro esattamente come lo furono gli autori delle stesse: Lovecraft venne profondamente influenzato da Poe e l’ammirazione che il Solitario di Providence espresse verso lo scrittore di Boston rilevabile nel saggio Supernatural Horror In Literature è veramente sconfinata. E non a caso Lovecraft venne definito da una certa critica come il “Poe cosmico”. Nel romanzo di Poe il bianco è simbolo del terrore, un terrore senza nome, senza forma, la cui entità non viene svelata, se non suggerita, nelle pagine finali; solo l’eccezionale capacità del bostoniano è in grado di trasmettere al lettore un senso di angoscia e di oppressione come si trova in ben pochi altri romanzi. In Le Montagne della Follia Lovecraft riprende alcuni temi dell’opera del suo predecessore e colloca la narrazione nell’ambito del ciclo della mitologia dei Grandi Antichi regalando un romanzo che annichilisce il lettore; in particolare sorprendono le descrizioni dei monumentali resti di antichissime civiltà, espressioni di orrori innominabili che travalicano la comprensione umana.
L’Antartide simbolo del gelo che avvolge e annienta, ma anche simbolo dell’ignoto che atterrisce l’uomo. L’umanità ormai padrona del mondo con la sua tecnologia si trova a dover scendere a patti con la natura, solo affrontando un simile ambiente con il rispetto umile che va portato a ciò che è più potente si può sperare di sopravvivere. Anche il cinema ha scelto l’Antartide come sfondo per storie in cui l’uomo si ritrova ridotto alla sua essenza più intima a dover combattere per la propria sopravvivenza, il luogo ideale per l’incontro con entità aliene (e non solo) che non ammettono deroghe alla propria superiorità. L’uomo si scontra con quella che è la sua emozione più antica, la paura, una lotta le cui sorti sono spesso in bilico. I sette film proposti qui parlano di tutto questo e anche di qualcosa di più, di storie di uomini che con la natura si sono voluti scontrare per riaffermare la propria individualità ma da cui sovente sono usciti sconfitti, e storie di una natura spietata nella sua bellezza immacolata.
Capolavoro di John Carpenter, un drappello di uomini sottoposto all’assedio claustrofobico di una entità aliena dalle connotazioni lovecraftiane. La desolazione antartica è lo specchio della disperazione umana di fronte alla minaccia inarrestabile proveniente da un altro mondo. Kurt Russell in una interpretazione superba, primo di una triade di personaggi di culto carpenteriani
Con Paul Newman, Vittorio Gassman, Fernando Rey, Bibi Andersson
Quando il mondo è diventato come l’antartico. Non c’è alternativa alla desolazione dei ghiacci e un’umanità priva di speranza attende un’estinzione ormai ineluttabile giocandosi la vita in una competizione che sembra essere l’unica ragione di interesse per un’esistenza senza orizzonti. Forse il film più cupo di Robert Altman
Dal capolavoro di Hermann Melville, un affresco sull’ossessione umana. Il Capitano Achab rinuncia a ogni brandello di umanità per condurre la lotta contro la balena bianca (anche qui come in Gordon Pym il bianco è il colore del male) fino alla distruzione propria e di tutti coloro che gli stanno intorno. Uno scontro spietato uomo-natura privo di qualunque romanticismo. Eccezionale interpretazione di Gregory Peck, così come la regia di John Huston. Sceneggiatura firmata da Ray Bradbury.
Con Ken Takakura, Tsunehiko Watase, Matsako Natsume, Eiji Okada, Keiko Oginome
Ispirato a una storia vera, questo film giapponese racconta la vicenda di una muta di cani abbandonati per cause di forza maggiore dai membri di una spedizione scientifica. Tornato quasi un anno dopo sul luogo dell’abbandono, uno degli scienziati trovò ad accoglierlo proprio due di quei cani, sopravvissuti non si sa come. Commovente pellicola della quale venne fatto un remake dalla Disney, colonna sonora di Vangelis
Con Kate Beckinsale, Gabriel Macht, Alex O'Loughlin, Columbus Short, Tom Skerritt
Adrenalinico thriller tra i ghiacci dell’Antartide, solo tre giorni di tempo prima dell’arrivo del terribile inverno polare per risolvere l’enigma di un killer. Buona idea di base soprattutto per l’ambientazione ma la realizzazione non è stata all’altezza delle aspettative
La natura nella sua obiettività e spietatezza, in questo documentario di grande interesse realizzato da Luc Jacquet, premiato con l’Oscar, la natura non è crudele è solo oggettiva. I pinguini imperatore che vivono e lottano tra i ghiacci sono l’emblema della vita che si sa adattare anche alle condizioni più estreme. Da questo punto di vista il doppiaggio italiano lo ha in parte “snaturalizzato” (scusate il gioco di parole). .
Il film che voglio indicare è in realtà un film che non è stato mai realizzato, esiste solo sulla carta e nella testa di Guillermo del Toro: Le Montagne della Follia dal romanzo di H.P.Lovecraft. Del Toro ha dichiarato recentemente che l’opera da lui ideata avrebbe avuto troppe affinità con il Prometheus di Ridley Scott, tanto da sconsigliare, al momento, la prosecuzione del progetto. Ma io non perdo le speranze.
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