"Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi!" Un motto che vale pure per la Settima Arte. Certo, la figura in sè, leggendaria o storica che sia, ha un suo fascino , e mette sempre a disagio. Da qualsivoglia punto di vista si provi a raccontarla o ad analizzarla. Si rischia , comunque: di urtare la sensibilità di qualcuno o di cadere nella trappola dell'agiografia. E' un prezzo che va pagato , inevitabilmente, quando si decide di dare una forma, un volto , una voce a qualcosa o a qualcuno che si conosce solo per sentito dire. L'importante non è questo, però. Rispettare le regole della grammatica cinematografica: ecco a cosa dovrebbe tendere un vero regista. La poetica personale non deve scomparire, anzi va mantenuta, in piena coerenza con ciò che si è fatto prima. Un autore resta quello che è stato, anche se affronta un argomento controverso su cui noi tutti continuiamo ad interrogarci , a distanza di duemila anni.
Epoca di hippies , amore libero e contestazione-quest'ultima, in verità, era agli sgoccioli. Il figlio di Dio scende veramente sulla terra , nel deserto californiano, e si umanizza al punto da diventare il capo carismatico di quei pazzi "fricchettoni". Il tutto, ovviamente, al suono di musica rock. Si gridò allo scandalo. Oggi, questo film rimane impresso più per le coreografie e le prestazioni canore , che per il resto. Per dirla tutta: succube del suo tempo, ormai tramontato.
Con Jeffrey Hunter, Robert Ryan, Siobhan McKenna, Viveca Lindfors, Rip Torn, Rita Gam
La Mgm contro Nicholas Ray. Il film ne risente parecchio. Sono due film in uno, in effetti: l'enfasi e il kitsch da una parte - la danza dei sette veli con la Bazlen , Salomè lolitesca ed esaltata- e il discorso politico , caro all'autore, dall'altra. Bisogna prenderlo così com'è. Le musiche di Miklos Rozsa unite con la tecnica del Cinemascope. Impossibile definirlo. Non lascia indifferenti, comunque, soprattutto nella rievocazione del contesto storico, qui davvero efficace. E poi c'è il confronto tra le figure maschili, la dialettica tra il potere e le sue conseguenze. Un film di Ray, nonostante il leone che ruggisce.
Forse, il Gesu' piu' bello , umano e commovente ce lo ha raccontato un regista ateo. Pasolini non crede al Dio degli eserciti e degli altari, ma al divino che proviene dalla terra, dalla natura,dalla povertà. Per la prima volta, i Sassi di Matera sono i luoghi in cui Cristo nasce, vive, predica e muore. Uno scenario che sembra più antico del mondo. Ci si ispira al Rinascimento, al Mantegna, a Masaccio, si mescola musica sacra con canti congolesi. L'insieme è di una perfezione che rasenta il sublime. Un Cristo fattosi carne , sul serio, e la madre di Pasolini, vergine dolente ai piedi della croce. Il dolore dell'uomo così com'è, puro come il cuore di un bambino.
Bizzarro. Questo è il termine che gli si addice di più, ma che non gli rende comunque giustizia. George Stevens porta i vangeli tra le rocce e i cieli mozzafiato dello Utah e l'operazione ha un suo fascino innegabile. Il commento musicale di Alfred Newman - chissà perchè, ma la musica è importantissima nei film che parlano di Gesù- è sobrio , senza fronzoli nè fanfare, coinvolgente. Quasi quattro ore di durata, un cast affollato da star di prima grandezza- c'è John Wayne che fa il centurione, Shelley Winters che è una donna guarita da un morbo, Angela Lansbury che impersona la moglie di Pilato - uso del Panavision , ritmo lento, solenne ,ieratico. Max von Sydow, appena uscito dalla scuola di Bergman, è un Cristo misurato , che convince. Il momento più bello è la resurrezione di Lazzaro.Un film di dettagli. Da rivalutare.
Con Robert Powell, Anne Bancroft, Ernest Borgnine, Valentina Cortese, James Earl Jones
Fu concepito per la tv, ma subito dopo, visto l'enorme successo, venne riadattato per le sale cinematografiche. Fece ascolti incredibili, 30 milioni di telespettatori, un record mai più uguagliato da Mamma Rai. Parlarne male è ingiusto. Ma non si può neppure difenderlo a spada tratta. Quattro episodi sono troppi. Solo il primo e l'ultimo riescono a scuotere le coscenze, a trasmettere un fremito. Il meglio di Franco Zeffirelli, tuttavia. E il meglio del cinema internazionale al servizio della storia delle storie. Il Gesù di Robert Powell è uscito da un quadro, non dalla penna di Anthony Burgess- l'autore di "Arancia meccanica"! - che scrisse la prima sceneggiatura. Non ha vita propria. Funzionano meglio gli altri personaggi. Uno su tutti: lo straordinario e tormantato Pietro del compianto James Farentino. L'introduzione musicale di Maurice Jarre è di quelle che fanno tremare i polsi.
Dopo Pasolini, un altro sguardo poco allineato con l'ortodossia. E questa volta, i cattolici più tradizionalisti si incazzano di brutto!!! Il film viene quasi bruciato pubblicamente, come "Ultimo tango a Parigi" .Scorsese, partendo dall'omonimo romanzo di Nikos Kazantzakis, si insinua tra le pieghe oscure e le contraddizioni di un Gesu' -Willem defoe-che di divino non ha più nulla. Si sente l'impronta dello sceneggiatore, quel Paul Schraeder cantore dell'umanità terrena e delle sue debolezze. Un 'opera visionaria,vigorosa , appassionata, poco consolatoria. Un film molto pop. Peter Gabriel firma le musiche. David Bowie interpreta Pilato. Un Cristo che si abbandona , per un attimo, al diavolo....e sogna una vita normale, come quella di ciascuno di noi .Salvo alla fine risveglarsi e morire sulla croce.ECCE , HOMO!
Con James Caviezel, Monica Bellucci, Claudia Gerini, Maia Morgenstern, Sergio Rubini
Mel Gibson è un pazzo. Lo sanno tutti. Questa è la propaggine estrema della sua follia. Di nuovo i Sassi di Matera come ambientazione, ma di Pasolini non c'è neanche il più vago ricordo. Piuttosto, ci sono gli echi di Ken Russell, degli "splatter movie", della carne che gronda sangue , del dolore che chiama a sè altro dolore. Un vortice di immagini tremende che non concede tregua. La salvezza del mondo è possibile solo attraverso il sacrificio più cruento . Gibson ha esagerato, forse. Ma possiamo affermarlo con assoluta certezza?
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