
(da sentieri selvaggi)
Secondo la stampa e il web giapponesi Koji Wakamatsu è morto stanotte in ospedale a Tokyo. Il maestro giapponese era stato investito da un taxi nella notte dello scorso 12 ottobre. Il suo ultimo film, The Millennial Rapture era stato presentato nella sezione Orizzonti dell'ultimo festival di Venezia, lo scorso settembre. Wakamatsu aveva 76 anni.
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Un altro grande maestro se ne va , falciato dalla violenza delle strade del mondo.
Da una lunga intervista, uno stralcio su un film che mi sta particolarmente a cuore
http://asiaexpress.it/interviste/interviste-cinema/60-wakamatsu-koji.html
Dopo aver abbandonato la Nikkatsu Lei ha deciso di mettere in piedi una casa di produzione indipendente. Tra i film prodotti da Wakamatsu anche In the Realm of the Senses (Ai no corrida, 1976). Potrebbe dirci qualcosa in più sulla realizzazione di questo film?
Avevo già un buon rapporto con Nagisa Oshima. Un giorno mi invitò a bere qualcosa mettendo sul tavolo una sceneggiatura. Mi chiese se mi andava di produrre un film sul caso Sada Abe. Ma la cosa più stupefacente era il fatto che io mi ero già interessato a tale episodio qualche anno prima. Ma in quel periodo ero sicuro che nessuno mi avrebbe finanziato per girare un film sull’evirazione di un amante da parte di una compagna morbosa.Inoltre mi trovavo in sintonia con le intenzioni di Oshima. Potevo comprendere il suo punto di vista: dopotutto, l’idea scegliere il soggetto di un film tra le pagine di cronaca nera non era una cosa nuova per me. Sebbene ambientato in Giappone, il mio Angeli violati (Nihon boko ankokushi, 1967), è basato sul famoso caso Richard Speck, un cittadino dell’Illinois che aveva violentato e ucciso otto infermiere del South Chicago Community Hospital durante l’estate dell’anno precedente.
Un film realizzato dunque tra mille difficoltà?
In riferimento alla scena di amputazione del pene, avevo notato che la sceneggiatura di Oshima aveva indicato un finale più morbido e allusivo rispetto alla mia vecchia idea: non avrebbe mostrato il folle vagabondaggio di Sada Abe con il pene dell’amante nascosto nella copertina di un giornale. Allora gli dissi ok voglio produrre la tua idea precisando però, che non avevo il budget per farlo. Ma lui mi disse di stare tranquillo perché i soldi sarebbero arrivati dalla Francia.
Quale fu la reazione della critica giapponese all’uscita de L’impero dei sensi?
L’omicidio compiuto da Ada Sabe nel 1936 avrebbe continuato a scatenare reazioni molto forti nella stampa nipponica e tra le persone almeno fino al decennio successivo. La guerra aveva spazzato via ogni interesse verso qualsiasi episodio di cronaca sentimentale. Tuttavia ero sicuro che anche a distanza di molti anni, un film basato su questa vicenda sarebbe stato stroncato dalla critica. Il soggetto era di per sé troppo scandaloso. Durante la lavorazione del film mi ero stupito del fatto che le maggiori perplessità della stampa specializzata erano dovute soprattutto alla presunta incompatibilità artistica tra Wakamastu e Oshima.I suoi film erano considerati raffinati, eleganti, troppo cerebrali mentre quelli di Wakamatsu erano sempre morbosi e violenti. La critica non aveva tutti i torti. Tutti erano curiosi nei confronti di questa “creatura ibrida”. Eppure avevamo qualcosa in comune. I film di entrambi condividevano un approccio riflessivo sul tema della violenza fisica e psicologica. Anche se forse devo ammettere che tale aspetto è espresso in modo più radicale nella mie pellicole.
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:-((( Vigo...faceva nouvelle vague nel 34, pensa te, 30 anni in anticipo sui tempi...un gigante come Truffaut gli deve tutto...gli sono bastati un paio di film per renderlo influente e immortale, quasi quanto Renoir o Bresson...ha ragione chi lo ha definito "il più giovane Maestro della Storia del Cinema"...
Tra gli articoli scritti per ricordare la figura di questo grande, estremo/estremista politico, il più sentito e il più 'politico' è quello di Roberto Silvestri [Il Manifesto, 18/10/2012]. Chiedo scusa a yume per l'invasione del suo spazio: rimandare al link sarebbe stato più corretto, ma, per quanto ne sappia, spesso ci si dimentica di leggere i link. La morte di Wakamatsu lascia un vuoto incolmabile nella cinematografia mondiale, non in Italia dove i film di questo maestro non sono arrivati sugli schermi, mancando anche dell'appeal sessuale che, in qualche modo trasversale/volgare [alludo ai titoli dei film camuffati del tipo "Porci geishe e marinai], che caratterizzò il primo Shohei Imamura o Sejun Suzuki. Come si è detto nei commenti che precedono il mio, si deve a Enrico Ghezzi di avere 'sdoganato' tutto il cinema di Wakamatsu, caparbiamente inserendoli almeno tre volte negli ultimi 15 anni nel palinsesto di Fuori Orario. Un saluto a tutti gli intervenuti.
È stato un grande «esorcista» e un documentarista estremo, sia esplorando la lotta dei palestinesi per la loro terra sia i rapporti fra uomo e donna.
Come Murnau, come Pakula... Un incidente d'auto, una morte cruenta, ci ha portato via ieri, improvvisamente un grande artista giapponese, Takashi Ito, alias Koji Wakamatsu, investito da un taxi. Un «incidente» differente già ci aveva privati nel 1997 di un suo scomodo collega, «suicidato» dalla yakuza.
Non vi dice niente il nome Wakamatsu? Eppure è l'Allan Dwan di Wakuya, prefettura di Miyagi, dove nacque nel 1936. Autore di oltre 200 film. Rapidi, veloci, a basso costo, quasi tutti autoprodotti... E qualche notte fonda, a Fuori Orario, avrete sicuramente incrociato qualcuno dei suoi puntuti e disperati affreschi in bianco e nero, aggirandovi tra le ombre e le nebbie e i corpi indocili di ragazze e ragazzi insorgenti di un Giappone che il 68 lo aveva anticipato nel 58, nelle lotte contro l'Ampo, il doppio trattato di alleanza militare con gli Usa. Un Giappone che, sconfitto e totalmente americanizzato, costretto a far la guerra in Vietnam nonostante la sua costituzione pacifista, vittima via via del «sistema mondo», ammaestrato l'Imperatore, con i forti partiti e i sindacati di sinistra sbriciolati dalla «guerra fredda» e da se stessi, si concedeva ormai alle voglie senza limiti dell'espansione capitalistica internazionale in cambio delle briciole di un effimero e deviato boom economico (Fukushima docet) e dell'emarginazione coatta della cultura e dell'arte più vitale e critica. Soli antagonisti e anti sistemici le anime «criminalmente» belle del Giappone, le soggettività desideranti dei teenager insorti e perseguitati immortalati da Oshima e Suzuki, da Ogawa e Imamura, da Hani e Masumura... e dal Wakamatsu di Segreti dietro i muri, Angeli violati, Quando l'embrione va a caccia di frodo, Su su due volte vergine, La vergine violenta, Violenza senza causa, Sex Jack, La stagione del terrore, Dichiarazione di guerra dell'Armata rossa giapponese - PFLP, film del 1971 che, girato in Palestina con il suo stretto compagno d'arme di allora, lo sceneggiatore e regista Masao Adachi, seguì l'evoluzione internazionalista di una componente del movimento rivoluzionario nipponico al fianco del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese.
Koji Wakamatsu è stato uno dei cineasti «nouvelle vague» più vicini alla nostra maledetta, estrema sensibilità estetica, erotica, politica. Anche perché Wakamatsu vuol dire, allora come oggi, gruppo, band, «collettivo», punto di vista extra individuale, corpo diffuso. Enzo Ungari, che con la Mostra del Nuovo cinema di Pesaro fu il primo a mostrare i suoi film nei club-cine più avanzati degli anni 70, presentava i suoi film in sezioni denominate «Eros ppiù Massacro», perché di sesso e di politica rivoluzionaria si trattava, di creare e sperimentare altri sentieri di vita, di felicità e di utopie, perché quei film fabbricavano corpi antirazzisti, emozioni non più scioviniste e sessiste, in pratica degli «anti corpi» resistenti, fino ai limiti estremi, alla mercificazione, alla massificazione, allo sfruttamento e perfino alla istigazione (così possente anche in Italia e Germania, le altre nazioni sconfitte e ancora infarcite da nazifascisti) verso la lotta armata o la psicosi del martirio, come gestualità sacra sarà la scelta di Mishima a cui Wakamatsu ha dedicato un recente magnifico ritratto).
Un rivoluzionario senza dogmi e fanatismi, invece Wakamatsu, un poeta comunista capace di parlare in prima persona singolare maschile, con responsabilità e lucidità insostenibili, esibendo la sua intimità come fosse un obiettivo stramoderno della cinepresa, perfetto per catturare, e sparare verso (shooting), le interiora, non sempre rispettabili, di una classe dominante, che ha «il piacere della distruzione» (è l'ironico titolo del saggio monografico e antiaccademico di Nicola Boari, Edizioni Falsopiano) e al generale Toho ha rubato nei decenni non poche delle sue tecniche macabre: repressione poliziesca degli scioperi, maccartismo, censura, distruzione dei nuclei sociali urbani e contadini, avvelenamento dell'aria e dei mari... Comunista dunque, ma «re-born» nel sessantotto, sanculotto dei bassifondi di Tokyo che dal 1963 ad oggi ha diretto più di chiunque altro, Wakamatsu ebbe una sulfurea notorietà (famigerata come quella degli azionisti viennesi) negli anni settanta (arrivando perfino a scandalizzare Yoko Ono oltre che gli impettiti funzionari del cinema pubblico nipponico) perché forse non c'è stato cineasta più viscerale e estremo nel catturare la scultura interiore di un decennio inseparabile oltre che dalle lunghe aste degli zengakuren anche dalle «eros-produzioni» e dal corpus gloriosus degli horror movies più estremi, concessi e permessi dal potere come sfogo sociale ma da lui riconvertiti, come fece Pasolini in Italia, in armi immaginarie di micidiale potenza.
È stato il più audace occhio anarchico di quegli anni, l'adepto del super grottesco, l'angelo custode dei depravati massimi e dei visionari a rischio di cecità. Negli ultimi anni stava godendosi finalmente, dopo la recessione, la crisi e i drammi atomici che hanno sconvolto l'immaginario collettivo nipponico almeno quanto i primi preoccupanti cenni di revanscismo nazionalista, una riabilitazione e un riconoscimento planetario testimoniato da libri, convegni, interviste e dal ritorno dei suoi film nelle sezioni pregiate dei grandi festival internazionali come Cannes, Berlino, Venezia e Torino.
Non molto differenti, Caterpillar, Cronache della bicicletta, United Red Army (che Rarovideo dovrebbe editare a breve), il Mishima, Estasi del millennio visto alla Mostra di Venezia di Barbera, e i film che stavamo aspettando, come Kaien Hotel Blu è in post produzione, dai suoi primi scandalosissimi film, che lui definiva «sofcore girati per scopare le attrici», divertendosi a sfidare Godard e Bertolucci, anche se troppe sue opere sono disperse e perdute, ma alcune rimangono, parola dell'amico Naghisa Oshima (a cui Wakamatsu produsse L'impero dei sensi) geniali manifesti, eticamente scorretti, alla ribellione, all'insubordinazione del fuori legge, del paria, del diseredato, del senza potere, del deviante: il coreano oppresso, i bambini e i teenager bromurizzati, gli affetti da handicap maltrattati, le bad girl insudiciate, il giocatore d'azzardo truffato... E perfino il maniaco sessuale, killer sadomaso, il serial killer e lo stupratore, che nella metafora poetica diventano altro, fiori del male, rovesciando il loro stato.
Il Giappone ora che lo ha perduto piangerà il suo più grande esorcista.
Nessuna invasione di spazio, Marcello, grazie. Come sempre, la morte si sconta vivendo, e dunque bisogna morire, a volte. Era atteso al TFF con l'anteprima nazionale di 11.25 Jiketsu no Hi: Mishima Yukio to Wakamonotachi . Ciao
Da Duellanti n.79 Dic.'12 ( uscito 'oggi' ) : Wakamatsu dice, dove/quando : " Insomma, ad essere sincero non ho idea di cosa ci sia dopo la morte, però sono convinto che se anche ci fosse qualcosa non ne avrei coscienza in quel momento, quindi devo dire che la cosa non mi intriga particolarmente. [...] A me interessa quello che succede in questa vita. Una forma di ''eternità'', per esempio, può essere il cinema stesso. [...] Magari tra 100 anni ci sarà qualcuno che li proietterà, e a quel punto ovviamente io sarò morto, ma i film ci saranno ancora. Non è eternità questa ? ". ___ E alla fine dell'articolo di A.Lavagnini, c'è una citazione di Nagisa Oshima, giusto per chiudere il cerchio ( ovviamente al tempo della scrittura e dell'uscita in stampa Oshima era vivo ) : " Liberato dalle limitazioni della drammaturgia della vendetta, l'orrore fisiologico di Wakamatsu per il pregiudizio scavalca l'assassinio individuale per approdare all'assassinio e alla carneficina di massa " : da Monsieur Verdoux in poi, come dire, più laudate hominem di così. Quel che succede in Questa vita...
Le parole il più possibile scarne, di fronte alla morte tutto crolla, all'inizio dell'autunno c'erano, tutti e due, oggi no...quel che succede, in questa vita, già...
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