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Le contraddizioni di una critica mummificata
di AtTheActionPark ultimo aggiornamento
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Le contraddizioni di una critica mummificata

Stamattina, sfogliando il Venerdì di «Repubblica», mi sono imbattuto, come di consueto, nel trafiletto di Irene Bignardi dedicato al cinema. Titolo dell'articolo: "Venezia è finita, ma chi rimarrà nel grande cinema?". Presumendo già cosa ci si potrebbe aspettare da un titolo così, procedo comunque a leggere l'articolo.
Dopo una brevissima introduzione sulla 69esima edizione della Mostra del cinema Venezia - di cui, tra l'altro, non viene citato nemmeno un film -, implacabile come sempre, la Bignardi compie la prevedibile digressione verso "i bei tempi andati". E iniziano così a scorrere sotto i nostri occhi noti nomi e titoli noti: Truffaut e Kubrick, Pasolini e Polanski, Lawrence d'Arabia e Colazione da Tiffany...
Ora, nulla togliendo ai film e ai registi citati dalla Bignardi, mi giunge una contraddizione: giusto qualche settimana fa, sempre nello stesso spazio di "approfondimento cinematografico", la giornalista si lamentava di un certo "conservatorismo" da parte di quelle riviste come Sight & Sound, nello stilare classifiche in cui compaiono sempre i soliti noti (Quarto potere, La donna che visse due volte, Viaggio a Tokyo... ).
Oltre a trovare questo atteggiamento particolarmente contraddittorio, non posso non provare tristezza da parte di chi, come Irene Bignardi - ma non solo -, pur avendo una grandissima visibilità (che, per quanto mi riguarda, corrisponde ad un preciso «dovere»), non si cura minimamente di diffondere interesse verso un nuovo cinema nascente, promuovendolo e diffonendolo, ma continua a limitarsi nel ricordare i bei tempi di una volta. 
Siamo così costretti, ancora una volta, ad assistere questo eterno amarcord, a ricordarci dei tempi de La dolce vita, di quando il cinema italiano era grande... Io sinceramente mi chiedo se questa gente, profumatamente pagata per assistere alle proiezioni dei più grandi Festival del mondo, abbia ancora un minimo di interesse verso il mondo del cinema, o si limiti a "compilare l'articolo".
Detto ciò, io sono sicuro che registi come Carlos Reygadas o Ulrich Seidl - giusto per citare due registi, premiati rispettivamente quest'anno a Cannes e Venezia -, non hanno nulla da invidiare a grandi nomi del passato. Ma se l'atteggiamento della critica nostrana (quella di grande diffusione intendo) è questo, stiamo freschi.

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