Ernest Borgnine fu il caratterista per eccellenza, la dimostrazione del detto "Non esistono piccoli ruoli, bensì piccoli attori". 60 anni di un'onorata attività - un record, praticamente - che iniziò in un'epoca in cui, se non avevi tratti somatici da belloccio, o interpretavi ruoli da bruto o interpretavi ruoli comici (insomma, venivi relegato a ruoli secondari). Il nostro grande compianto istrione invece s'impose, con molta umiltà, all'attenzione hollywoodiana mediante la sua recitazione stile "burbero ma bonario". Molti registi (come Peckinpah, Aldirch, Fleischer, John Sturges) se ne affezionarono al punto d'ingaggiarlo in ripetute occasioni. La sfilza di capolavori al quale ha preso parte, nel corso dei decenni, è innumerevole. Pochi anni prima della sua scomparsa, si prestò volentieri perfino ad anomale comparsate in sofismi fantascientifici (come GATTACA con Ethan Hawke), pure demenzialità (BASEKETBALL del duo Parker & Stone) o blockbuster alla Jerry Bruckenheimer (RED con Bruce Willis). Ci lascia a 95 anni, dopo aver accumulato un premio Oscar, una 40ina di milioni di dollari di patrimonio e oltre 150 interpretazioni filmiche.
Dopo le sue brillanti caratterizzazioni in Johnny Guitar e Da qui all'eternità, arrivò il film che gli fece ottenere la statuettà che conclama la divintà.
Una delle dodici facce da patibolo scelte da Aldrich (che lo aveva già ingaggiato per il suo Volo della Fenice) come apostoli del celeberrimo raid anti-nazista.
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