Per tutta la settimana aveva fatto bel tempo. Ma quel sabato, già di prima mattina, il cielo non promette nulla di buono. Alle 18:00 ecco, comincia a piovere. E' Giugno ma ci sono 20 gradi scarsi. Ci spostano, dall'aperto al coperto sotto i portici. Alle 20:15 comincio a scaldare il flauto. Scaldare, parola grossa: fa freddo, e ci saranno 30/35 spettatori. Che delusione! Certo c'era da aspettarselo, le parole dei metereologi erano state piuttosto chiare al riguardo. Ma, si sa, si spera sempre, fino all'ultimo, che possa essere meglio del previsto. Io poi, ingenuamente spero sempre anche oltre l'ultimo! Ed invece ogni minuto che passa la pioggia si intensifica, le mie mani sono quasi intirizzite. Il battito secco della bacchetta richiama all' attenzione, si comincia. E dire che il programma è così bello! Mi piace tantissimo. Peccato non ci sia pubblico per apprezzarlo. Beh vorrà dire che suonerò per me, per me soltanto. Per il mio piacere.
Quel concerto è stato il migliore da me (la performance è collettiva, è ovvio) suonato negli ultimi anni. Racconta di Lehava più che mille parole
In molto vite c'è spesso disinteresse. Nella mia c'è sempre passione ed impegno. Forse sarebbe più facile rispondere male ad una delusione, o arrabbiarsi con chi ci innervosisce. O ci ferisce. Facile affondare il coltello, oppure scappare quando il mondo prende strade inaspettate. Sarebbe stato facile per me dire: non c'è nessuno ad ascoltarmi, mi alzo e me ne vado. Oppure suono male, non me ne importa nulla.
Ed invece sono rimasta, e ho fatto bene. Perché prima di tutto importa a me! Prima di tutto vengo io, la mia coscienza e il mio cuore. Ed io quella sera più che mai ho suonato con il cuore. Chi c'era se ne è accorto, e ha condiviso con me un istante prezioso
Il pezzo (il tema dei titoli di coda, nel film sia strumentale che cantato) è tecnicamente di facile esecuzione, la melodia dolce ed espressiva. Lo stile di Michael Giacchino deve proprio piacere! A mio avviso è un po' monocorde, e spesso assai poco narrativo. Le note lunghe vanno modulate e sostenute. Bisogna interpretare lo spartito, crescere la frase musicale e poi lasciarla andare, sfumarla nel finale. Pianissimo a morire.
Piovani è un ottimo professionista. "La vita è bella"? Ma sì, forse l'oscar lo meritava. Ma da qui a essere un capolavoro. Forse sono un po' prevenuta, è vero. E' che il film mi ha irritato a tal punto da non riuscire neanche a seguirlo (visione "a sprazzi" diciamo). Il ritmo è cadenzato, una begin (la melodia principale quella spesso cantata). Ci sono degli abbellimenti, è evidente il richiamo alla tradizione folk yiddish. E anche a quella mediorientale. L'ho suonata più volte, forse sarà perchè la mia partitura non ha guizzi ma non mi convince.
Con Yves Montand, Nathalie Nattier, Serge Reggiani, Pierre Brasseur
Les feouilles mortes venne composta per questo film che io, in tutto sincerità, non ho visto. Le parole sono di Jacques Prevert scusate se è poco. La musica di Kosma è malinconica, appena sussurrata. E' evidente che in una versione strumentale la fanno da padrone o le corde oppure i legni, il clarinetto per esempio. Nel suonarla mi ritorna alla mente il testo, e la carica emotiva è potente:
….. Les feuilles mortes se ramassent à la pelle, Les souvenirs et les regrets aussi, Et le vent du nord les emporte, Dans la nuit froide de l'oubli. ….. Nous vivions, tous les deux ensemble, Toi qui m'aimais, moi qui t'aimais. Et la vie sépare ceux qui s'aiment, Tout doucement, sans faire de bruit. Et la mer efface sur le sable Les pas des amants désunis...
Il senso di Lehava per la nostalgia: come una droga, non ne posso fare a meno. So che fa male eppure la cerco, la coccolo, e se un ricordo sembra sfumare lo rincorro, mi affanno per non perderlo. Ovunque volga lo sguardo vede prima di tutto, ciò che è stato. O che avrebbe potuto essere e non è stato. Immagine e musica che mi parlano di nostalgia, insieme, come posso sopportarlo? Non posso. Ecco perchè non amo "Nuovo Cinema Paradiso" - è la rappresentazione di ciò che conosco troppo bene, e qualsiasi parola al riguardo mi pare inadeguata, irrispettosa, superficiale. O forse è il mezzo che non condivido: la cinepresa chiude il mondo in un fotogramma, e la nostalgia non può essere circoscritta o imbrigliata. La musica invece, quella sì è la voce dell'infinito. L'eterno ritorno come un'eco dell'emozione. E suonare è la fusione più alta fra materia (le dita che sfiorano i tasti) e spirito. Non fusione di corpo e anima (come dissi altrove) ma l'anima che nasce dal corpo. E questo spartito, le crome a susseguirsi, non è altro che narrazione (anch'essa, perfetta astrazione attraverso la concretezza). Il racconto di un amore, o meglio il racconto della nostalgia per un amore. Sfumato nel tempo, inalterato nel ricordo.
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