Che l’Italia fosse stata fatta e bisognava fare gli italiani, è una citazione più che abusata. Adesso, a breccie e stendardi fermi, magari mi è possibile ribaltarlo questo luogo comune. Un luogo comune che lascia accettare come compiuta la fisicità di una nazione, la sua materiale ed immateriale assegnazione non solo a città, valli, porti, anfratti, fiumi e distese ma anche a quello che viene da sempre presentato come il substrato fondativo del nostro stato, l’humus culturale, lo spirito che ha introiettato piccole realtà partigiane e autoreferenziali in una più articolata funzione di carattere sovranazionale. La nostra nascita appare, sotto questa luce, come il naturale compendio ad un processo di tipo storico che aveva premesse ben definite, attori chiaramente delineati, dinamiche ben strutturate e risultati abbastanza stabili. Rivedendo una dopo l’altra (in 150 fotogrammi al secondo, appunto) le opere a seguire, la sensazione che diventa condizione metale e poi, forse, anche indirizzo culturale di ricerca è che gli italiani così come sono sempre stati, irrimediabilmente figli delle loro regionalità, erano invece presenti fin da subito all’appello nazionalistico. Ciò che mancava (che manca?) è il termine ultimo della loro relazione binaria con il cosidetto “paese”. Apparirà pure una maldestra forzatura ma temo siano la spinta al non riconoscimento dell’alterità, il distacco classista, il potere che diventa ben presto dominio e che surroga qualsiasi feticcio democratico, la “guerra per bande” che da sempre ha attraversato (e che attraversa ancora) le ridenti contrade da nord a sud, elementi che possono aiutare ad individuare l’architettura portante di questa nazione. La cifra finale della sua gente. Per far dispetto agli “italiani duri e puri” ho scelto di ‘usare’ il cinema dell’ultimo decennio, quello di autori conosciuti (Bellocchio, Crialese, Martone, Sorrentino), conosciuti/emarginati (Faenza, Olmi, Vancini) o semplicemente emarginati (De Lillo, Diritti, Garrone, Greco, Scimeca), per mandare a dire che ‘scientificamente’, empiricamente questo algoritmo sociologico è possibile tentarlo. Dopo e ben oltre il cerimoniale del cinema classico (alzi la mano chi non ha dovuto sorbirsi nell’anno appena trascorso, i soliti e gloriosi nomi di De Sica, Rossellini e Visconti!) e il banchettare della commedia e della commediaccia nostrane. Dati gli italiani, così come essi sono in un continuo oscillare tra (altra citazione obbligata) “il folklore e l’orrore”, deve invece aggiustarsi il teorema che dia alla fine il prodotto tanto atteso: una entità simbolica chiamata “Italia”.
Con Manlio Dovì, Sabrina Colle, Ruben Rigillo, Marianna De Micheli, Fausto Russo Alesi
A seguire "Il mestiere delle armi" di Ermanno Olmi... per un fermoimmagine sulla lama, quella che pugnala nel cortile e quella che pugnala sul campo di battaglia!...
Con Silvio Orlando, Tommaso Ragno, Renato Carpentieri, Marine Delterme
A seguire "Il resto di niente" di Antonietta De Lillo... per un fermoimmagine sull'intrigo, quello che imbroglia con la lingua e quello che imbroglia con le idee!...
A seguire "Gomorra" di Matteo Garrone... per un fermoimmagine sulla collusione, quella che "però fino al 1980" e quella "fino all'ultimo dei nostri giorni"!...
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta