Una tematica che appare in diversi film e che mi interessa abbastanza è quella dell'uomo che si degrada e umilia per correre dietro a una donna sdegnosa e volubile, e ottenerne l'impossibile amore. Non sono forse l'unico a essere caduto qualche volta in questo atteggiamento (ma anche ad averne imparato...), perché i registi che hanno rappresentato con buoni risultati la situazione non sono pochi. Non succede neppure raramente di vederne esempi attorno a sé. Può capitare insomma che un uomo si illuda di ottenere l'amore di una donna a forza di soddisfare i suoi capricci, mandare giù i suoi colpi bassi, sopportare i suoi cambi di umore e di sentimenti. E' una trappola e un'illusione, perché in questa situazione la donna si gongola e infine si allotana definitivamente. In cambio di tutti i rospi che ha ingoiato, l'uomo rimane con un pugno di mosche. E ben gli sta.
E' forse il film che spinge all'estremo la degradazione del protagonista, il quale tocca veri abissi di umiliazione e di ridicolo. Per enfatizzare la mutevolezza e volubilità della donna oggetto del desiderio, Bunuel ebbe la geniale idea di farla interpretare da due attrici diverse, che si alternano senza criterio durante tutto il film.
Un affermato ingegnere (Tognazzi) alla soglia dei quaranta si lascia abbindolare da un'attraente sedicenne. E' sbarazzina, smorfiosa, superficiale. Lui però arde di passione per lei, e lei se ne prende tranquillamente gioco. E' forse il miglior film di Luciano Salce, una commedia intelligente e ricca di idee. La bella sceneggiatura è di Castellano e Pipolo, prima della svolta verso la banalità e la volgarità.
Di nuovo Tognazzi che sbava per un'adolescente che se ne approfitta di brutto. Il grande attore era molto portato per la parte dell'uomo che spasima e si umilia per una ragazza sdegnosa e superba. In ogni caso è un bel film, troppo poco conosciuto.
Uno sceriffo in crisi matrimoniale (Gregory Peck) si lascia circuire da una bella bionda, apparentemente disponibile, e si caccia in un brutto guaio. Indovinata e metaforica la scena finale, con la donna che con un grosso gancio ferisce il protagonista al petto. La bella canzone di Johnny Cash "I walk the line" (Rigo dritto) è molto in tema con la trama.
Un onesto e scrupoloso contabile si illude che una bella ma fin da subito ambigua donna nutra del vero interesse per lui. Perde proprio la testa, al punto che per compiacerla si abbassa a commettere azioni a cui prima neppure pensava. Lei si serve cinicamente di lui, mentre pure lo tradisce con un uomo cinico e violento, che la maltratta e la picchia... Grande Fritz Lang, e grandi gli attori (specie Edward G. Robinson e Dan Duryea).
Fa sorridere come ognuno nella fattoria, dal padrone ai servi, spasimi per la bella e maliziosissima Susana, che seduce tutti solo per cattiveria, senza essere interessata a nessuno e senza concedersi a nessuno. Fa sorridere, ma quando l'uomo vede un paio di belle gambe, una scollatura generosa e un sorriso ammiccante può perdere il lume della ragione. E si rende ridicolo.
Con Marlene Dietrich, Emil Jannings, Kurt Gerron, Hans Albers, Rosa Valetti, Reinhold Bernt
Il compito e irreprensibile professor Unrat si innamora di una cinica e superba ballerina, e la sposa. Lei ne fa il suo zerbino. Il luminare finirà nella vergogna e nel ridicolo più penoso. Quale attrice più adatta di Marlene Dietrich per fare la donna della perdizione? E che la vicenda sia un po' autobiografica per Josef von Sternberg?
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