“Ci volle un giorno intero per caricare la nostra roba…evacuavano Hiroshima…” voice over di Yasuko (Tanaka Yoshiko), vent’anni, la nipote. Fa un elenco mentale di quello che ha portato con sé nel baule, ricordi della nonna, alcuni kimono, il vestito da sposa della zia. Yasuko ha lunghe trecce nere e un viso dolce, pulito e bello. Kitamura Kazuo é lo zio e Ichihara Etsuko la zia. Vanno sul camioncino traballante costeggiando il braccio di mare che separa il villaggio dei nonni da Hiroshima. La città é di fronte, si vede dalla riva sulla penisola che si allunga nel mare, giù in fondo. Un fenicottero cammina leggero nell’acqua bassa. Cerimonia del té, tutta la parentela é seduta in quadrato intorno al nonno che versa la preziosa bevanda. Dal cielo, in campo lunghissimo, scende un paracadute.
6 Agosto. Era una mattina in cui faceva caldo. Racconta la voce dello zio: “Uscii per andare alla fabbrica dove lavoravo…”
Un grande orologio bianco con le lancette nere segna le 8 e 14. Sale sull’autobus che lo porta in fabbrica. Chiede al controllore “L’incursione aerea?” “Tutto libero” risponde quello. Nello scompartimento si suda, ci si saluta fra colleghi. (Chi ha visto Cane randagio di Kurosawa torna col pensiero a quella scena iniziale, quando polvere, calca e odori nauseanti sull’autobus stordiscono il poliziotto Murakami, Mifune Toshiro. Ma lì la guerra é già finita e restano cani randagi.)
Cambio di scena. Esterno giorno: un cagnolino viene avanti sullo spiazzo davanti alla casa dei nonni, si ferma, guaisce, guarda un attimo il camion del trasloco e trotterella via. Interno: prosegue la cerimonia del té. Un attimo dopo: lo schermo diventa opaco, le sagome sono indistinte, come nella nebbia.
Cambio di scena, interno del vagone: buio improvviso, uno schianto, vetri e lamiere proiettati sui passeggeri, un turbine arriva da destra e trascina tutto. Brevissimo flash sull’orologio che si spacca. Lo spazio si restringe, é un budello pieno di corpi. Vivi, morti, un cadavere a testa in giù segna il margine sinistro dello schermo.
“Cos’é quello?” La famiglia é corsa fuori, guardano tutti in alto nel cielo verso Hiroshima, sopra la vegetazione folta, sulla punta della penisola, si alza un fungo di fumo che si allarga in ampie masse nel cielo, l’aria è diventata densa, una pioggia come di lapilli comincia a cadere. “Cos’é successo? è diventato tutto scuro…é un acquazzone?” L’acqua é piena di rifiuti, un uomo raccoglie un orologio, lo rigetta in acqua e dice: “Era una luce intensa, una nuova, orribile arma…” Tutti guardano senza capire. Scendono grosse gocce nere, macchiano le mani e il viso di Yasuko come pece.
Sarà la sua condanna, sopravviverà ma la pioggia l’ha resa sterile. Cinque anni dopo non c’é certificato sanitario che basti. E “…a venticinque anni una ragazza dovrebbe già essere sposata”, dicono le comari, ma la famiglia di lui ha mandato il sensale a dire che preferisce la salute alla bellezza.
Alla radio i nostri eroi ascoltano la vocina lontana di Hirohito, il Sole tramontato, che dichiara la resa del Giappone. Lo zio recita il sutra dei morti sulla riva mentre bruciano le pire. E’ la scena finale. Fra la prima e l’ultima scena Imamura Shohei ha composto l’ultimo canto dell’Inferno e la musica di Takemitsu Toru ha intonatola sua trenodia. ____________________________________
da Kuroi Ame (Pioggia nera) Giappone, 1989 di Shohei Imamura ____________________________________
Con Isao Numasaki, Chieko Nakakita, Atsushi Watanabe, Zeko Nakamura
In streaming su Plex
1947 Yuzo, orgoglioso e pragmatico, non ha più i sogni di prima della guerra, sente che sta per cedere, “sono un cane randagio” dice a Masako, la ragazza sorridente nel suo impermeabile fradicio di pioggia gelata, una piccola donna saggia che non rinuncia alla speranza.
Con Kinuyo Tanaka, Sanae Takasugi, Hiroshi Aoyama, Fusako Maki
In streaming su Plex
1948 Mizoguchi gira il suo settantatreesimo film nel ’48, ed é un “film di guerra”, che parla di donne a cui non resta che vendere il proprio corpo, unica “risorsa” in un mondo che non permette di sopravvivere da sole.
1953 Nel corso del film Ozu costruisce la stanchezza dei due genitori, il loro silenzio remissivo, la fine della reciprocità degli affetti. I figli hanno la loro vita, non c’é tempo per loro, a volte neanche spazio in abitazioni anguste di periferia, dove si svolgono le loro attività che i genitori scoprono inaspettatamente modeste, da lontano avevano sempre pensato a loro come professionisti affermati, e invece…
Con Toshirô Mifune, Takashi Shimura, Minoru Chiaki, Eiko Miyoshi
1955 ”Inizialmente per affrontare quel tema assillante volevamo adottare una chiave satirica, ma come si può fare della satira sulla bomba H? A mano a mano che scrivevamo il soggetto diventava sempre più tragico.Sentivamo terribilmente la responsabilità di quello che stavamo facendo, il giorno del giudizio volevamo poter dire:siamo noi che abbiamo fatto Testimonianza di un essere vivente” Kurosawa Akira
1960 E’ la denuncia di una generazione sconfitta che ancora non sapeva bene di esserlo, la sua impotenza mascherata da ribellione troverà strade varie per la sua autodistruzione e vari cantori a celebrarla nel mondo e in altre storie. La lettura di Oshima è rigorosa, semplice da sembrar quasi banale, tesa senza enfasi né commozione, non concede nulla, così come fa la vita vera. Molto semplicemente il giovane regista affermò: “E’ una storia di giovani che non possono manifestare la loro collera se non in modo deviato. Mostrando la tragedia di questi giovani ho espresso la mia stessa collera davanti alla situazione in cui si trova la gioventù contemporanea”.
Con Tomoko Ontakara, Mie Suzuki, Titsunori Isaki, Richard Gere, Sachiko Murase
1991 Hibakusha sono i “sopravvissuti” all’atomica di Hiroshima e Nagasaki, ma in giapponese il significato del termine é più complesso, “persone affette dall’esplosione”. L’esile e curva nonnina Kane di questo penultimo film di Kurosawa é una sopravvissuta, ma ha perso il marito, era a scuola quel mattino e sparì in un lampo di fuoco con tutti i suoi ragazzi.
1990 Quinto sogno: dal Fuji scende una nuvola nera, rossa, gialla, blu (il colore dei veleni accuratamente elencati dallo scienziato) e non basta un misero giubbottino sventolato disperatamente a diradarla (nei sogni si crede ai miracoli, a volte). Nel mare gonfio e scintillante oltre lo sperone di roccia c’è una tomba comune di smisurata capienza. Chi sopravvive avrà un insolito destino: una volta recuperata la fisionomia mostruosa delle origini, ritroverà una collocazione di classe e saprà da chi sarà divorato e quando.
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