Atene, 24 gennaio 2011 - "Theo Angelopoulos è morto ieri sera, fatali le ferite riportate dopo essere stato investito da una moto mentre attraversava la strada ad Atene. La fine del regista greco è annunciata dalla televisione greca. Era nato ad Atene il 27 aprile del 1935, aveva 76 anni. Il cineasta greco è deceduto a causa di un’emorragia cerebrale, in un ospedale del Pireo dove era stato ricoverato dopo essere stato investito da un motociclista" E' con grande dispiacere che ho appreso la notizia della scomparsa di questo maestro del cinema internazionale che era ancora attivo sulla scena cinematografica, poichè stava completando la terza parte di una trilogia iniziata con La sorgente del fiume nel 2004 e proseguita con La polvere del tempo nel 2009. Non so a che punto fosse con le riprese del nuovo film, che forse rimarrà incompiuto, ma si tratta di una grossa perdita per chi aveva amato le opere del passato, fra cui figuravano capolavori assoluti come "La recita", film di impegno sociale e politico girato come una grande saga epica che aveva contribuito a rinnovare il linguaggio filmico negli anni Settanta, ma anche il suo esordio con "Ricostruzione di un delitto", un anomalo thriller esistenziale che era stato paragonato ad Ossessione di Visconti per il suo impatto innovatore, e poi "I giorni del 36", "I cacciatori", "Alessandro il grande", "Il volo" con Mastroianni, "Paesaggio nella nebbia", "Viaggio a Citera", "Il passo sospeso della cicogna", "Lo sguardo di Ulisse", "L'eternità e un giorno", e gli ultimi film ricordati più sopra. Uomo dal carattere schivo, totalmente dedito alla sua arte, non amava la mondanità e il lato più frivolo dell'industria cinematografica; talvolta arrivò a comportamenti un pò discutibili, come quando entrò in polemica con la giuria presieduta da Jeanne Moreau al festival di Cannes 1995 per aver dato la Palma d'Oro ad Underground di Kusturica e non al suo Sguardo di Ulisse, che aveva vinto il secondo premio, il Gran premio della Giuria; per fortuna, tre anni dopo la giuria presieduta da Martin Scorsese riparò al torto subito con una Palma d'Oro a L'eternità e un giorno, anche se il film che più di ogni altro avrebbe meritato Palme e riconoscimenti resta il mitico La recita del 1975. Personalmente, io ho visto solo questo film e La sorgente del fiume fra i suoi, ma mi bastano per apprezzarne la poesia visiva e l'assoluta maestria dei suoi piani-sequenza, fra i più belli in assoluto della storia del cinema, nonchè la pregnanza del discorso socio-politico sulla Grecia, nazione che, come la nostra, ha un difficile avvenire con cui fare i conti. Addio maestro Theo Anghelopulos, e grazie di tutto!!!!
Con Eva Kotamanidou, Vangelis Kazan, Aliki Georgouli
Il film è lungo circa quattro ore e racconta la storia della Grecia soprattutto nel periodo della seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, con vari rivolgimenti politici, avendo come filo conduttore le vicende di un gruppo di attori itineranti che si esibiscono nel dramma "Golfo la pastorella". Dunque, un'opera complessa per i molti riferimenti alla storia della patria che possono sfuggire a occhi stranieri, nonchè per gli agganci perfino alla mitologia classica (fra i membri che compongono la troupe rivive il mito degli Atridi con le sue sanguinose vicende). La qualità delle immagini di Anghelopulos è altissima, con piani sequenza molto lunghi e splendidamente coreografati; lo stile è indubbiamente originale, per quanto arduo, con lunghe sequenze dove non viene proferita parola, un uso insolito e straniante della musica e del canto (spesso le canzoni sostituiscono le parole e sono veicolo unico della trasmissione del messaggio, come nella memorabile scena del confronto tra monarchici e libertari orchestrato a colpi di ugola). Un film che si rifà alla lezione brechtiana con una radicalità di sguardo profondamente innovatrice; sicuramente una visione impegnativa, da non raccomandare a spettatori in cerca di facile intrattenimento (non è un film che mira al realismo della rappresentazione, con personaggi che non hanno un autentico spessore, privati di motivazioni psicologiche e ridotti a pedine mosse dal regista-demiurgo : ma queste osservazioni non sono da leggere in un'accezione negativa). Da vedere anche più di una volta sola per coglierne meglio i dettagli e per una comprensione migliore della trama, che il regista, con i suoi continui salti temporali, rende a tratti un pò oscura (ma se si vede il film più volte tutto torna chiaro). Visione essenziale, dunque capolavoro.
Anghelopulos è stato il regista del piano-sequenza, quello che forse ha saputo sfruttare meglio in chiave espressiva le possibilità offerte da questa tecnica di ripresa. Ne La sorgente del fiume torna a farne un utilizzo abbondante, come ne La recita, e si tratta spesso di piani sequenza molto lunghi e virtuosistici in cui succedono un sacco di cose, come ad esempio quello di circa dieci minuti ambientato nella balera dove il padre cerca un ultimo contatto con la ragazza che l'aveva sposato e poi era fuggita col figlio, e infine muore. Ma si tratta di sequenze necessarie alla narrazione, dove lo sfoggio di tecnica non cade nel formalismo fine a se stesso. Anche nella composizione delle immagini c'è spesso di che rimanere a bocca aperta, soprattutto nelle sequenze dell'alluvione del villaggio e nel ballo dei due protagonisti fra i musicisti nascosti in mezzo alle lenzuola stese ad asciugare, e si tratta di valori figurativi di primissimo ordine, che attestano nuovamente la maestria cinematografica del regista. E' un peccato invece che nella drammaturgia non ci sia lo stesso rigore, che la narrazione alterni momenti di grande forza anche simbolica (il teatro trasformato in una specie di campo profughi) ad altri, soprattutto nella parte finale, in cui il regista non riesce a tirare le fila della narrazione in modo efficace e la forza delle immagini si disperde in un certo manierismo in cui gli agganci alla storia della Grecia risultano un pò forzati. Peccato, perchè altrimenti Anghelopulos poteva arrivare al capolavoro come fece nella Recita. Si tratta del primo film di una trilogia, di cui nel frattempo è stata completata la seconda parte.
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