Come raccontano in due versioni differenti Ovidio e Virgilio(rispettivamente nelle "Metamorfosi" e nelle "Georgiche"), il mito di Orfeo ed Euridice ha sempre affascinato molti campi, come l'arte, la letteratura, la musica e non ultimo il cinema. Il mito, praticamente racconta di questo Orfeo, capace di suonare la lira come pochi altri al mondo e di incantare con il suono tutti gli esseri viventi e non. Anche Seneca narra che "Alla musica dolce di Orfeo, cessava il fragore del rapido torrente, e l'acqua fugace, obliosa di proseguire il cammino, perdeva il suo impeto ... Le selve inerti si movevano conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi volava, commuovendosi nell'ascoltare il dolce canto, perdeva le forze e cadeva ... Le Driadi, uscendo dalle loro querce, si affrettavano verso il cantore, e perfino le belve accorrevano dalle loro tane al melodioso canto (...)". Un giorno, Orfeo,si innamora della ninfa Euridice e i due decidono di sposarsi. Il giorno delle nozze la ninfa, purtroppo, muore morsa da un serpente mentre fuggiva dal pastore Aristeo, che innamoratosi di lei cercava di violentarla. Orfeo comincia un periodo di dolore e devastazione e cerca in tutti i modi di impedire proprio a questo dolore di consumarlo. Quando non riesce, compie una scelta solenne. Vuole scendere negli inferi e implorare Plutone e la sua sposa Proserpina, di liberare Euridice. Quando giunge nell'Ade, già incontra il primo ostacolo. Trattasi di Caronte, traghettatore che verrà ripreso anche da Dante delle anime dell'inferno. Ma quando Orfeo comincia a suonare, non v'è Caronte che tenga. Infatti, per un momento, tutto si ferma. Ogni punizione inflitta ai dannati si blocca per un attimo, durante il canto di Orfeo. Così Orfeo si guadagna una possibilità, l'ultima, per salvare la sposa dall'Ade: La potrà ricondurre al regno dei vivi, a patto che, durante il tragitto, non si volti indietro a guardarla. Citando Ovidio: "Nè la regale sposa, nè colui che governa l'abisso opposero rifiuto all'infelice che li pregava e richiamarono Euridice. Costei che si trovava tra le ombre dei morti da poco tempo, si avanzò, camminando a passo lento per causa della ferita. Il tracio Orfeo la riebbe,a patto che non si voltasse indietro a guardarla prima di essere uscito dalla valle infernale (...)" Ma quasi alla fine del percorso, l'uomo, dimentico del patto, si volta temendo di non ritrovare più la sua sposa e questa viene subito risucchiata nell'Ade. Naturale lo sconforto di Orfeo: aveva perso, stavolta per sempre, l'amore della sua vita. Infine, Ovidio narra che: "Invano Orfeo scongiurò Caronte di traghettarlo un’altra volta:il nocchiero lo scacciò. Per sette giorni rimase lì accasciato sulla riva, senza toccare alcun dono di Cerere: dolore, angoscia e lacrime furono il suo unico cibo. Poi, dopo aver maledetto la crudeltà dei numi dell’Averno, si ritirò sull’alto Ròdope e sull’Emo battuto dai venti.". E per concludere del tutto il mito, siccome le disgrazie non vengono mai da sole, Orfeo viene fatto a pezzi dalle donne della Tracia, perchè si sentivano poco amate dal fresco vedovo. Si narra che ancora oggi, la sua testa, staccata dal corpo, continui a cantare "Euridice, Euridice", in un lamento senza mai fine. Notevoli le sfumature di significato del mito, soprattutto riguardo alla scelta del "non voltarsi": Molti sostengono si tratti di una prova di fiducia degli Dei ad Orfeo, come se, per dimostrare la fiducia che aveva negli dei, egli non dovesse girarsi a guardare l'amata, essendo questo sicuro che quella ci sarebbe stata; Altri pensano sia un "non guardare al passato" e in questa spiegazione mi identifico meglio. Anche secondo me, infatti, il non voltarsi identifica una voglia di rifiuto della realtà, una voglia di rimanere attaccati al passato, all'Ade(da sempre considerato "il mondo delle verità") e quindi come a dire di non averla trovata, veramente, questa verità in Euridice. Il cinema, specialmente quello francese, non poteva mica restare indiffirente a questo splendido mito.
Con Jean Marais, Maria Casarés, François-Périer, Marie Déa, Juliette Gréco
Jean Cocteau adatta una sua piece teatrale in cui il mito di Orfeo ed Euridice rivive nella Parigi anni cinquanta, con lo specchio come collegamento tra i due mondi. Visto a scuola, mentre si studiava il mito. Niente di indimenticabile, ma si fa notare.
La più bizzarra tra le trasposizioni del mito. Stavolta Orfeo abita a Rio e fa il tranviere. Cerca la sua Euridice tra il Carnevale di Rio e il regno dei vivi morenti.
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