La Corea del Sud non è così lontana come sembra . Anzi dal punto di vista cinematografico ci somiglia abbastanza. Qualche milione in meno di abitanti ma c'è un numero di film distribuiti all'anno sovrapponibile, anche gli incassi, a parte variazioni fisiologiche legate a questo o quel fenomeno particolare, sono molto simili. Certo, in Corea vanno di più al cinema e a vedere le loro classifiche del box office il cinema coreano gode di ottima salute. Lee Chang Dong,regista tra gli altri di Poetry e Oasis, in una recente intervista ha detto che nel suo Paese c'è un grande fermento cinematografico e che presto il cinema coreano arriverà ai livelli di Hollywood diventando una delle più importanti scene cinematografiche al mondo. Parole temerarie? Assolutamente no. In questo ultimo anno ho frequentato molto il cinema coreano recente e sono totalmente d'accordo con quanto detto dal grandissimo Lee Chang Dong. Eppure c'è una grossa differenza tra il cinema coreano e quello italiano. E questa differenza riguarda il genere: mentre da noi ultimamente pare che sappiamo fare solo commedie(e neanche così bene almeno secondo la critica) in quel lembo d'Oriente si predilige un genere un pò diverso: il thriller. In Corea del Sud sono diventati maestri nel girare questo tipo di film, hanno il loro trademark in una messa in scena assolutamente al di sopra di ogni sospetto, una confezione adeguata e un talento nell'utilizzo della macchina da presa che al di qua dell'Oceano non si vede tanto spesso. Ci sono meno inibizioni a mostrare le efferatezze anche se queste colpiscono bambini(la violenza sui minori è argomento costante in questi film). E ci sono anche quegli squarci di lirismo doloroso (in mezzo a tanta violenza) che hanno la caratteristica di creare quasi un corto circuito emozionale. Altro tratto distintivo è una certa tendenza a distaccarsi dal classico lieto fine teorizzato in quel di Hollywood. Gli incassi sembrano non risentire di questo pessimismo di fondo che rende i finali di alcuni film dei veri pugni nello stomaco. Se un film deve finire male, state sicuri che un thriller coreano finirà anche peggio. Curioso inoltre lo scarso utilizzo di armi da fuoco in genere, l'arma bianca è un vecchio classico sempre in voga. Arma bianca da intendere nel modo più lato possibile.Si parte dai classici coltelli da cucina si passa per martelli e asce e si arriva ai bisturi. Il box office coreano è colmo di crime stories, di thriller e di film action nelle prime posizioni. Cinema autoctono che spesso si piazza davanti a quello americano o al massimo lo segue da vicino. Accanto a questi compaiono le sempiterne commedie sentimentali, opere che pescano nella millenaria storia di quel Paese e pellicole che affrontano il discorso della storia recente,evidentemente una piaga ancora aperta. Nel campo del thriller in pochi anni i coreani sono diventati maestri. E ,come dice il mio amico kikisan ,se nel film coreano c'è un serial killer allora non ce n'è più per nessuno. Neanche per gli americani. Tralascio volutamente i film " fondatori" di questa new wave coreana che meriterebbero molte considerazioni a parte. Sarebbe troppo facile inserire in questa playlist titoli arcinoti come ad esempio Old Boy di Park Chan-Wook o Memories of murder di Bong Joon ho. E tralascio anche I saw the devil del talentuoso Kim Jee Woon, acclamato in Occidente che ha permesso di recuperare addirittura per la distribuzione in sala(proprio in questi giorni) il film precedente a questo,quel The Good ,The Bad and The Weird che è stato il secondo incasso del 2008 al box office coreano. Qui di seguito un pugno di titoli che meritano di essere recuperati.
Il trionfatore del box office coreano del 2010.Un blockbuster che guarda senza remore al cinema occidentale citandolo a più riprese e con una confezione di assoluto rilievo.
Un Korean Infernal affairs. C'è del marcio nella polizia coreana che viene tranquillamente esposto alla luce del sole. Un thriller metropolitano oscuro e immorale in cui non c'è distinzione tra buoni e cattivi. Ci sono solo cattivi.
Opera seconda di Hong-jin Na dopo il potentissimo The Chaser. Se la sua opera prima guardava con deferenza al cinema di Park Chan-Wook, in questo film il talentuosissimo regista si immerge negli incubi metropolitani metallizzati alla Mann e inserisce un inseguimento a piedi degno del cinema di Friedkin. Film che ribolle di sangue e caos, mantiene intatta la tensione per tutti i quasi 150 minuti della sua durata.
Con Hye-jin Han, Seung-beom Ryu, Kyung-gu Sol, Ji-ru Sung
No Mercy: un affannosa rincorsa contro il tempo, un perseverato gioco al massacro tra un killer e un patologo forense. Si guarda al cinema internazionale ma soprattutto si guarda in casa propria. Un finale tellurico che è sulla stessa linea dello sgradevole realismo che contraddistingue i particolari più efferati di cui il film è letteralmente cosparso.
Con Soo-hwan Jeon, Ha-ram Kim, Da-mi Ko, Seon-gyun Lee, Hong-jin Mo, Man-seok Oh
Our Town: se i coreani eccellono nei film con serial killers qui rimaniamo senza parole perchè si assiste alla loro moltiplicazione. Inquietante e violento, giocato interamente sul filo doppio che lega ognuno alla propria memoria personale.La città diventa un abisso senza speranza, un luogo di perdizione vietato alla catarsi e alla redenzione, un non luogo in cui è nulla la distanza tra reale e set cinematografico, non è necessaria alcuna ricostruzione scenica,bastano scorci di ordinarie periferie per creare il clima asiogeno.
Con Jun-wu Bae, Eun-chan Choi, Min-geum Choi, Jung-woo Ha, Won-seok Jang, Jin-hee Ji
Parallel Life: una teoria immaginaria per legare tra di loro passato e presente. Tra omicidi ed equazioni matematiche a più incognite, un raffinato gioco di specchi deformanti. E quando si pensa di aver risolto la sciarada, puntuale arriva la sorpresa. Elegante thriller d'autore.
Blind:due testimoni per un crimine efferato.Uno credibile ma cieco, l'altro ci vede benissimo ma non è affidabile e racconta una versione dell'accaduto diametralmente opposta. Un serial killer tra i più efferati, pericoloso per la logica che applica alla sua ossessione di seviziare e uccidere giovani donne. Da ricordare un inseguimento in metropolitana guidato via videofonino.
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