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Dolore in me, dolore al cinema
di dr sardonicus ultimo aggiornamento
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dr sardonicus

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Dolore in me, dolore al cinema

So che ognuno di noi ha sofferto fisicamente, psicologicamente, sentimentalmente e moralmente. E questo ci fa illudere di essere in diritto di dire a coloro che soffrono la crudele e inutile frase fatta: “suvvia, tutti soffrono”. E' vero, ma non tutti soffrono allo stesso modo. Esistono esseri umani dotati di una sensibilità e di una conseguente “fragilità” molto più elevata della norma. Queste persone vedono ad ogni sconfitta crollare un pezzo della loro stessa essenza, del loro credo. Arrivano a comprendere che la vita non è una semplice sfida, ma una partita dove l'avversario è un abilissimo baro. Io sono una di queste persone. Perché ne scrivo qui? Perché è più facile parlare a degli sconosciuti che hanno una passione in comune con me piuttosto che a dei conoscenti (attenzione: non amici, in seguito capirete perché) che pensano solo a lavorare, copulare e bere birra.
 
 
Tolstoj ha scritto: “L'unica conoscenza raggiungibile dall'uomo è che la vita è priva di senso”.
Io arrivo a dire che le cose stanno anche peggio poiché nessuno di noi può essere tanto superbo da affermare cosa sia IL senso. Quindi la vita è semplicemente priva. La vita semplicemente CI priva.
 
 
Soren Kierkegaard ha detto: “Vivere è morire un poco ogni giorno”. Io ho sempre pensato che la frase abbia più senso ribaltandola: “Morire è vivere un poco ogni giorno”. Visto che ogni religione, ogni credo, vede nella morte un inizio, o un nuovo inizio, allora la vita è qualcosa di secondario? No, mi risponderanno i credenti. Ma io chiedo umilmente una spiegazione che non attinga ad alcun testo sacro su cosa sia e significhi la vita. Ci siamo creati, a mio avviso, qualcosa o qualcuno di superiore in cui credere per sentirci meno soli, ma se (è solo un'ipotesi) non ci fosse niente oltre al materiale, all'adesso, allora perché siamo qui? La mia filosofia di vita l'ho già espressa molto brevemente tra i commenti dell'altra mia play e in un paio di interventi nella play di Panflo sulla possibilità di inserire un commento sonoro alle opinioni. Ma ogni pensiero ha delle falle... Persino i grandi filosofi non sono riusciti pienamente a rendere impermeabile il loro pensiero ad un qualche difetto.
 
 
Penso alle parole amore e amicizia, e al loro grande tradimento. Io ho sempre creduto ad esse, forse perché ogni mia fibra è sempre stata alimentata dall'amore per l'arte. E nell'arte, soprattutto nella poesia direi, questi due termini vengono sublimati. Ma la triste realtà delle cose mi insegna che amore e amicizia esistono solo nel breve attimo dell' incominciamento: ossia durante l'innamoramento, e nel momento in cui vagheggiamo l'illusione di aver scoperto qualcuno che possa essere veramente in comunione con noi. “L'amico certo si vede nella sorte incerta” riportò Cicerone ne “L'amicizia”. E, per come lo vedo io, l'amore altro non è che la più completa e profonda delle amicizie. Ma l'amico CERTO esiste? In 36 anni di vita mi sono risposto affermativamente solo due volte, ed in entrambe ogni mio sforzo e sacrificio che ho fatto per quelle persone non solo non è stato riconosciuto, ma in seguito svilito. Sacrificio... questa è la parola chiave. Dovremmo saperci sacrificare per i beni più grandi, ma difficilmente ne siamo capaci.
 
 
Ricordo il monologo finale de “I morti” di Joyce, da cui John Huston ha tratto lo splendido The Dead: “Per quanto tempo hai tenuto nel cuore il ricordo del tuo innamorato, mentre ti diceva che non voleva vivere? Io non ho mai provato nulla di simile per nessuna donna, ma so che questo sentimento deve essere l'amore” e ancora: “Meglio passare all'altra vita nella piena gloria di una qualche passione, piuttosto che appassire e spegnersi lentamente di vecchiaia”. Michael Fury si è sacrificato per amore, per una PASSIONE che va al di là della comprensione di molti di noi. Certo tutti siamo in grado di capire... ma comprendere è ben altro...
 
Ho conosciuto persone “importanti”, famose diciamo, soprattutto artisti. Eppure parlando con loro ed ammirandone le capacità non ho potuto fare a meno di chiedermi se ciò che mi stavano dicendo era veramente diverso e importante o appariva solo tale visto il ruolo che essi ricoprono.
Una volta è accaduto che uno spocchioso e, ahinoi, piuttosto considerato critico musicale, parlasse come ospite ad una inaugurazione della quale io non ero solo spettatore ma anche organizzatore (secondario... non sono così “autorevole”). Ha vomitato stupidaggini per due giorni, poi, una sera, se ne stava a parlare in un salottino con una donnina isterica. Mi dava sui nervi, ma io non ero stato invitato a quella conversazione, quindi tacqui. Poi il sedicente esperto si voltò verso di me e le quattro o cinque persone presenti pensando di farci cosa gradita nel renderci partecipi delle sue grandi esperienze. E' inutile che riporti di cosa parlò, ma vi assicuro che sembrava un fiume in piena gongolante. Presi la palla al balzo: con una sola semplicissima frase gli feci intendere che si stava arrampicando sugli specchi. Non seppe ribattere, rimase muto per qualche secondo, poi se ne andò. La donnina isterica iniziò ad offendermi, dicendo che non era mio diritto ribattere ad un “luminare”. Io le risposi che avevo solo fatto, senza per questo essere maleducato o intransigente, un'osservazione (la quale era nel mio pieno diritto visto che quella persona si era rivolta anche a me) e che il “luminare” si era dimostrato molto più intelligente di lei tacendo. Apri cielo! Diede di matto ed si mise ad urlarmi contro. Ecco, questi sono quelli che troppo spesso consideriamo intellettuali e che invece sono “intelletualoidi” come amo definirli io. Queste sono le persone alle quali affidiamo troppo spesso la nostra cultura.
 
La cultura... è un bene così prezioso e sovente non possiamo neppure identificarla. Perché? Un esempio: prendiamo un concorso per giovani pianisti, o violinisti, o quello che volete. I primi tre qualificati avranno la possibilità di studiare con un grande maestro, che in questo momento siede al centro della giuria. Alla fine si avranno i tre nomi. Ma chi ci dice che siano veramente i più meritevoli? La scelta è stata fatta da un maestro che ovviamente possiede una sua poetica e una sua visione personale delle musiche proposte dagli allievi. Giusto per fare un esempio: leggendo i commenti di Sviatoslav Richter sui suoi colleghi riportati nel libro “Ecrits, convesations” a cura di Bruno Monsaingeon (il quale realizzò anche il documentario “Richter l'enigma”) si resta a bocca aperta: Pollini e Michelangeli sono anche troppo precisi e freddi, la Argerich e Kremer sono addirittura disonesti nei riguardi della musica, e così via. Queste note erano personali e il grande pianista russo aveva tutto il diritto di scriverle. Nel pubblicarle si rischia di farlo apparire un mostro, ma non è così: semplicemente egli ha giudicato come artista e non come critico. Ma il puro critico esiste? Io, francamente, ne dubito. Ho posto questo esempio perché sebbene in forme più sottili questo accade tutti i giorni anche nella nostra vita: veniamo giudicati, etichettati e riposti su di uno scaffale. Ma in base a cosa? A quello che pensano gli altri. E spesso pur di non venire emarginati facciamo violenza al nostro IO fingendo di essere qualcun altro.
Io non l'ho mai fatto. E sto pagando. Ho sempre pagato. Non ricordo neppure il momento esatto in cui i miei coetanei all'asilo hanno iniziato a dileggiarmi, a molestarmi, ed io, vergognandomene, non dicevo nulla ai miei genitori. Ora sono adulto e mi so difendere, certo... ma sento ancora gli sguardi su di me, gli indici che indicano un diverso solo perché non voglio piegarmi alle mode della moltitudine beota.
 
 
Credevo nell'amore, una fiamma che consuma e che dà vita. Credevo che amare significasse darsi completamente all'altra persona, la quale viene prima di ogni altra cosa, anche di noi stessi, poiché in lei dovremmo vedere il meglio di noi, volendolo, sentendolo. Credevo nella sincerità, nel sacrificio. Ma ho ricavato solo speculazioni nei miei confronti.
 
 
Credevo (mi illudevo) che il mondo potesse cambiare. Che tutti noi, con le generazioni future, potessimo modificare ciò che c'è di marcio in questa società. Una società che spende centinaia di miliardi di dollari per sondare quel grosso sasso che si chiama Marte (ed io sono appassionato di astrofisica...) mentre alla popolazione comune si dice che con soli 25 euro si può cambiare la vita ad un bambino del terzo mondo. Ma alla fine, mi rendo conto, abbiamo la società e i governi che ci meritiamo.
 
 
Vedo un'Italia che antepone il bene degli extracomunitari a quello degli italiani nel suo 150° anniversario. Io non sono assolutamente razzista, anzi. Tuttavia credo che se non si fanno pagare le tasse dell'asilo ad una coppia senegalese dove entrambi i genitori lavorano (mio cugino è consigliere comunale, quindi parlo a ragion veduta), allora possiamo anche dare qualcosa ad un padre di famiglia italiano disoccupato.
 
 
Penso a quella frase che si può leggere in tutti i tribunali e che personalmente definisco ingiuriosa: “LE LEGGE E' UGUALE PER TUTTI”... e allora ricordo Il processo di Welles tratto dal grande Kafka, dove la giustizia è coperta da un velo candido...
 
 
Rifletto sulla crudeltà gratuita di molta gente e mi chiedo da dove scaturisca. Forse dall'ignoranza? O fa parte del nostro codice genetico? Perché ognuno di noi prima o poi finisce con il ferire l'altro? Quale gratificazione ne può conseguire?
 
 
Non possiedo risposte, non ora, ma solo interrogativi. Sono ignorante? Non lo so, la mia mente è in pezzi. Ma mi chiedo come tanta gente che possiede come me occhi ed orecchie riesca a dormire sonni tranquilli.
 
 
Non chiedo consolazione, sia ben chiaro. Non voglio leggere “fatti forza” o “sorridi e il mondo sorriderà con te”. Ho scritto ciò che il mio intimo più profondo mi ha suggerito. Chiedo scusa per possibili errori di sintassi o altro, ma in questo momento niente è più lungi da me della ricerca della sterile precisione.
 
 
Non so se scriverò ancora in questo sito. Desidero ringraziare le persone che in questi mesi si sono dimostrate aperte al dialogo.

Playlist film

L'età dell'innocenza

  • Drammatico
  • USA
  • durata 136'

Titolo originale The Age of Innocence

Regia di Martin Scorsese

Con Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer, Winona Ryder, Mary Beth Hurt

L'età dell'innocenza

In streaming su Netflix

vedi tutti

Un film toccato dalla grazia che seziona con l'abilità di un chirurgo l'ipocrisia di una società finta e crudele. Qui Scorsese amplia la sua visuale e ci suggerisce che in fondo le cose non sono poi cambiate molto

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Inseparabili

  • Drammatico
  • Canada, USA
  • durata 111'

Titolo originale Dead Ringers

Regia di David Cronenberg

Con Jeremy Irons, Geneviève Bujold, Heidi Von Palleske, Barbara Gordon

Inseparabili

Ognuno di noi è diviso. Cronenberg lo rende fisico, palpabile. Una parte lotta contro l'altra, ma nessuna delle due può vincere senza sacrificare anche se stessa. E un equilibrio non può essere eterno.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Vi presento Joe Black

  • Drammatico
  • USA
  • durata 180'

Titolo originale Meet Joe Black

Regia di Martin Brest

Con Brad Pitt, Anthony Hopkins, Claire Forlani, Jake Weber, Marcia Gay Harden

Vi presento Joe Black

In streaming su Netflix

vedi tutti

Pur avendo come protagonista la morte, è un film sulla vita e l'amore. E l'amore dovrebbe essere come lo descrive A. Hopkins a C. Forlani in elicottero. Purtroppo è solo un film...

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Au hasard Balthazar

  • Drammatico
  • Francia
  • durata 91'

Titolo originale Au hasard Balthazar

Regia di Robert Bresson

Con Anne Wiazemsky, François Lafarge, Philippe Asselin

Au hasard Balthazar

In streaming su Amazon Video

vedi tutti

Il primo film di Bresson dove la grazia non può nulla. La crudeltà E' dell'uomo, e l'innocenza (qui anche testimone muto) non può far altro che soccombere.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

L'enigma di Kaspar Hauser

  • Drammatico
  • Rft
  • durata 109'

Titolo originale Jeder für sich und Gott gegen alle

Regia di Werner Herzog

Con Bruno S., Brigitte Mira, Hans Masius, Clemens Scheinz

L'enigma di Kaspar Hauser

Cito a memoria: “L'altro giorno avevo scritto con le piantine di crescione il mio nome per intero. Era venuto tutto molto bene e mi aveva dato una felicità che ora non riesco a descrivere. Ma oggi, al ritorno dalla gita in barca, ho visto che qualcuno era entrato nel giardino e aveva calpestato il mio nome. Allora io ho pianto, per molto tempo. Ma io seminerò ancora... il mio nome”. Caro, dolcissimo Kaspar, puoi seminare tutte le volte che vuoi, ma quel gesto non vuole cancellare solo il tuo nome, ma la tua stessa vita, poiché non rientri negli schemi, sei diversamente comprensibile, e tutto ciò che è inconsueto DEVE sparire.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Dancer in the Dark

  • Drammatico
  • Danimarca
  • durata 139'

Titolo originale Dancer in the Dark

Regia di Lars von Trier

Con Björk, Catherine Deneuve, Peter Stormare, David Morse

Dancer in the Dark

Destesto Lars von Trier (chiedo scusa a coloro che invece lo apprezzano) e questo suo film si salva, a mio avviso, solo grazie a Bjork. Mostra compiaciuto la sofferenza, ma la mostra in un modo troppo scontato ed effettistico. Il tragico raramente si grida con la bocca... lo si urla sussurrando e gemendo nell'anima.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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