Dopo aver appurato la nascita del genere apoptotico che ha visto nei nostri anni la sua più fulgida manifestazione, mi accingo ora a descrivervi la necessità di aggiungere un altro genere ancora a quelli canonicamente noti, ovvero il necrofilo. Ci sono attori e registi che non accettano l'invecchiamento della loro persona e, quel che è peggio, del loro personaggio e decidono, pertanto, di mettere dietro la macchina da presa dei veri e propri cadaveri ambulanti, costringendoli a salti mortali di inaudita pateticità. Questo fenomeno, devo dirlo, ha una strana peculiarità, ovvero colpisce solo personaggi maschili. Non sono riuscito, in effetti, a trovare esempi femminili di genere necrofilo e questo mi fa chiedere (e lo chiedo anche a voi): "come mai?" Se molti attori non resistono alla tentazione di "zombiezzare" le loro creature, uccidendole definitivamente, altri invece hanno saputo mirabilmente coniugare l'invecchiamento della loro persona con quello del loro alter ego cinematografico. E' il caso del grande Eastwood e se è tanto grande probabilmente lo si deve anche alla sua capacità di mostrare la vulnerabilità del suo personaggio e di non maltrattarlo con inopportune cadute di stile ma farlo invecchiare insieme a lui. Cominciò già con Gli spietati per finire (è il caso di dirlo) con Gran Torino. Il vecchio Eastwood non rinuncia a fare il figo, non rinuncia a qualche scazzottata off-limits ma lo fa dopo aver messo le mani avanti ammettendo i suoi limiti, la sua età, le sue rughe. Per cui gli si può perdonare qualche sopra le righe. Non lo si può perdonare invece a tanti altri personaggi ma a questo punto devo lasciarvi ai titoli che ho scelto in rappresentanza di questo momento epico (la nascita di un genere, mica robetta). Ovviamente vi invito ad integrare questa play con i vostri suggerimenti.
Lino Banfi o meglio Pasquale Zagaria ha saputo migliorare la sua immagine con gli anni, grazie a qualche fiction e ad una buona gestione del suo personaggio, è riuscito a crescere ed acquisire valore dal punto di vista recitativo. Però non ha resistito alla tentazione di riesumare il cadavere di Oronzo Canà e ciò che è peggio ha scelto di imitare malamente quel personaggio ormai defunto, diventando la caricatura di se stesso. Non si sa se sia stato il regista o l'arteriosclerosi a suggerirgli di divaricare le gote con le mani, alla vecchia maniera, ma poco importa perché è il risultato quel che conta ed è un risultato miserevole. In sala si presenteranno alcuni curiosi dell'ultim'ora magari invogliati dalla presenza di grandi star come Totti e Gattuso e qualche nostalgico dal fegato forte.
Già il titolo mostra una grande presenza di idee. Abatantuono ha cercato di maturare negli anni, ha provato a staccarsi da quel personaggio divertente ma comunque bidimensionale. E dopo che c'è riuscito che fa? Lo uccide. Sarebbe un buon intento se non fosse stato un omicidio involontario. Lo scopo era quello opposto, si voleva divertire il pubblico, fargli ricordare con forza la grandezza comica di quel personaggio e si è finito per annichilirlo senza possibilità di recupero
Dieci anni prima la sfida tra i due titani (Heat) fu epica, ora i toni si smorzano con risultati comunque buoni. Ma c'è qualcosa che stona, De Niro stallone. Vederlo ingroppare l'ennesima fanciulla col piglio del latin lover d'annata fa tenerezza ed è fuori luogo per uno che ha 65 anni ed un tumore alla prostata sulle spalle. Non siamo in pieno genere necrofilo, dunque, ma si manifestano alcuni allarmanti segnali.
Villaggio ha sempre avuto il difetto di restare troppo ancorato al suo personaggio. Che si tratti di Fracchia o del robot dei grandi magazzini, tutti vedono sempre Fantozzi. Ma sul vero Fantozzi, sul protagonista del suo successo, Villaggio intraprende davvero un'opera di distruzione che culminerà con quest'ultimo capitolo. Il ragioniere è ormai vecchio, troppo vecchio per certe gag ma impietosamente lo si sottopone all'unico supplizio su cui il grande pubblico non metterà il sigillo. Penoso, dispiace dirlo.
Grande annata il 2008, eh? Che Stallone non fosse una cima lo si era capito già da Rocky 32 ma qui tocca la sua vetta più alta, questa pellicola è il vero emblema del cinema necrofilo perché è uno dei pochi casi in cui l'incapacità di invecchiare si coniuga in egual misura sia nel personaggio che nella persona. Dopo aver insistito ottusamente nella riesumazione dei vari Rocky e pure dei vari Rambo, Stallone decide di toccare il fondo. Un reduce di guerra devastato dal botulino si sovrappone ad un attore devastato dallo stesso male, incapace di capire i suoi limiti preferisce non ricorrere alla necessaria controfigura e finisce per slogarsi (o fratturarsi?) un arto, dimostrando a tutti (meno che a se stesso) che Rambo è morto da un pezzo, è morto Rocky, è morto Sly.
I primi due capitoli della saga sono stati un capolavoro di comicità ma gli attori erano già passatelli. Qui sono passati dieci anni e per qualcuno sono stati di troppo. I risultati si vedono tutti, il trio di amici è ormai ridotto ad un ospedale ambulante. Fioccano i cateteri ed il ridicolo, si chiude in maniera infelice uno dei più bei sodalizi della cinematografia italiana.
Mi sembrava giusto citare anche quella che reputo essere un'eccezione alla regola appena enunciata. Lemmon e Matthau sono stanchi, lo sono i loro personaggi ma malgrado tutto riescono ancora a mantenere una certa freschezza, ad attecchire su spettatori più moderni e ad operare un piccolo miracolo; lasciare che la trasformazione non avvenga. Continuano a scannarsi per delle fanciulle (seppur più stagionate, come la Loren), a giocarsi gli stessi scherzi di sempre ed a volersi bene nonostante tutto. E' la versione duale di Amici Miei ma è una versione che resiste all'andare degli anni e che sfugge, seppur per poco, all'etichetta infelice di cinema necrofilo.
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