Quando eravamo re
- Documentario
- USA
- durata 88'
Titolo originale When We Were Kings
Regia di Leon Gast
Con Muhammad Ali, George Foreman, Don King, James Brown (II), Spike Lee, Norman Mailer
Quando Benvenuti andò al tappeto, - un uppercut terribile di Monzon, la faccia del Nino storta come in una tela di Bacon - mio padre si girò di scatto verso di me, e con una voce che tradiva un’emozione a lungo tenuta a freno (diciamo pure che aveva sperato fino all’ultimo che il ballerino potesse farla franca, mi disse: “Sei contento adesso?” “Sì”, gli risposi succhiando una caramella Rossana, “Non valeva mica niente, te lo avevo detto, non vale niente. Ha incontrato un Griffith che era vecchio e stava pure per prenderle dal vecchio…è un pugile-ragioniere come Duilio Loi, ha fatto incontri selezionati ad arte, Monzon non lo vede proprio, è una forza della natura. Non prendertela, mica fai l’italiano deluso!”
Monzon lo batté ancora, Benvenuti nell’incontro successivo era un pugile finito, ricordo che batteva i piedi sul ring, quando uno gettò la spugna per salvargli la vita, come un bambino viziato cui avessero tolto il giocattolo, ma lui poteva giocare a fare il danzatore, poi il deputato di destra, l’attore, il cronista che non azzecca mai un pronostico.
Monzon fece di meglio nella vita, buttò sua moglie giù dal balcone - di sicuro doveva essere una donna fastidiosa! - se ne sbarazzò, come si fa quando una mosca ti ronza attorno al viso: plaff…schiacciata sull’asfalto. Mica ci puoi discutere sempre, no? Le buone maniere fino a un certo punto, poi uno perde la pazienza, la perde in una maniera tutta argentina o brasiliana.
Come quel tale in Brasile, stava guardando i Mundial alla televisione e la moglie parlava… parlava… parlava… come in quel delitto esemplare di Max Aub; beh, non vuoi che l’uomo la precipita, dico la moglie, la donna, dalla finestra? Considerate, amici miei, se un uomo, mica una cosa da niente, un tifoso per giunta, non può vedersi una partita in pace: dicono che hanno il sangue caliente, la musica, il sole, il sombrero, insomma il mito esige qualche vittima ogni tanto.
Il futbòl non mi ha mai entusiasmato, tranne nei mondiali: in una settimana divento un esperto, - del resto ho letto tutto Brera, Arpino, Soriano, Carmelo Bene-Falcao, i libri delle edizioni Limina, - mi vedo le partite la notte se è il caso, ma il calcio ha miti meno sanguinosi, al massimo ricordo come un giocatore inglese - non ho letto Febbre a 90 - fracassò la faccia di un altro Buffon (mica l’attuale) caricando sul povero portiere, era un inglese di merda.
Anche nel cinema ci sono pochi film sul calcio, generalmente brutti, compresi quello di Huston, e poi chissà perché sono tutti film di calcio-carcerario - ne ricordo uno molto brutto con Dafoe in un campo di concentramento: se c’è una cosa che unisce il calcio alla pornografia questo è il campo di concentramento; forse in virtù del fatto che la circolarità delle pratiche sessuali - lo aveva capito bene Pasolini nel Salò-Sade, il rimballo, le possibilità combinatorie in un universo chiuso non lasciano spazio al deflagrare dell’intelligenza erotica, la passione fuori dalle regole stabilite dal codice normativo - vuoi mettere un gesto fuori dalla norma coattiva? Devi andare a vedere nella boxe: Tyson che mangia l’orecchio di Hollyfield non è cosa scritta nel decalogo dei normali miti del corpo a corpo, è un evento unico e irripetibile, gesto di odio, amore, disperazione; Tyson avrebbe dovuto osare di più: divorare l’avversario, e lo avrebbe fatto se non si fossero messi in mezzo i guardiani del desiderio.
La fama del giapponese Issei Sagawa che uccise una ragazza e ne mangiò poi il corpo, precede di trent’anni film come Meat Grinder e Untold Story ma slasher movie è fantasia, qui, è gesto di amour fou: se uno desidera deve per forza fare a pezzi, smembrare l’oggetto d’amore come fanno le bambine con le bambole… dicevo che la fama dell’innamorato, e la fame pour cause, ne hanno fatto, dopo alcuni anni di manicomio criminale - non molti, non li meritava – un esperto di erotismo culinario e scrittore di bestseller di ricette ad alto tasso di colesterolo. Sagawa si difese al processo, affermando che il solo modo di possedere la donna era di introiettarla, di farla sua l'olandesina, parte di sé, corpo del corpo, una variante più seria dell’eucaristia: questo è il mio corpo, mangiate; questo è il mio sangue, bevete: più cannibale di così, oltre a chi usò la metafora, non c’è stato nessuno, Sagawa è un sempliciotto al confronto, lui si limita a dire “L’ho mangiata, volevo il suo corpo”, non aggiunge: “L’ho anche bevuta, volevo il suo sangue”. È fin troppo implicito che Sagawa abbia utilizzato il sangue per farsi una bistecca al sangue, un intingolo gustoso, né l’onest’uomo aveva le fisime di Dahmer che durante il processo per la carneficina di Milwaukee (acquisto di carni, in questo caso, nient’altro che un eccesso di provviste) ebbe la scarsa eleganza di affermare che il cuore alla brace della vittima gli era sembrato “un po’ duretto, fibroso, difficile da masticare.” Dove si nota la differenza culturale tra un esponente di una cultura millenaria e un rozzo americano. Senza dire del ‘pasto totemico’ avvenuto in questi maledetti giorni in Libia dove, immortalato da un popolo di video-cellulari, è stato fatto a pezzi “il corpo del re” [ma qui siamo in piena oscenità di massa].
Il cinema ha dunque privilegiato la boxe da Il campione e Il colosso di argilla entrambi di Mark Robson, a Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise fino agli esangui epigoni Toro scatenato di uno Scorsese inorridito [il grande Martin non aveva letto Sulla Boxe di Joyce Carol Oates né The Match di Norman Mailer] o Alì che segna una caduta nella carriera di Michael Mann, molto meglio il documentario Quando eravamo re di Pierre Gast con la voce narrante di Norman Mailer; per fortuna il grande Walter Hill che non è una signorina cattolica e perbene ha fatto un bellissimo Undisputed film pugilo-carcerario: Hill è regista macho e con l’aria politically correct che tira sta lontano dai Cinderella Man.
Nota: quando ho pubblicato per la prima volta la playlist Su Jack The Ripper, un utente [del quale taccio il nome], commentò con una predica, scrivendo che 'in nome della carità cristiana' nemmeno per scherzo certe cose vanno scritte.
Gli risposi che 'lo humor nero' non ha mai ucciso nessuno'.
Aggiungo, per chi ne fosse privo, che anche questa play non intende offendere il 'credo' di qualcuno e che il famoso racconto 'blasfemo' di Alfred Jarry, "La passione di Gesù Cristo considerata come una corsa in salita" è mai stato censurato neppure dal Vaticano, infatti è pubblicato nelle edizioni Adelphi e l'"Antologia dello humor nero" di André Breton è ancora nel catalogo Einaudi.
Titolo originale When We Were Kings
Regia di Leon Gast
Con Muhammad Ali, George Foreman, Don King, James Brown (II), Spike Lee, Norman Mailer
Titolo originale Somebody Up There Likes Me
Regia di Robert Wise
Con Paul Newman, Anna Maria Pierangeli, Everett Sloane, Eileen Eckart, Sal Mineo
Titolo originale Escape to Victory
Regia di John Huston
Con Michael Caine, Max Von Sydow, Sylvester Stallone, Pelé, Arthur Brauss, Amidou
Regia di Pier Paolo Pasolini
Con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti
Titolo originale La grande bouffe
Regia di Marco Ferreri
Con Marcello Mastroianni, Philippe Noiret, Michel Piccoli, Ugo Tognazzi, Andréa Ferréol
Titolo originale Cheuuat gaawn chim
Regia di Tiwa Moeithaisong
Con Mai Charoenpura, Duangta Tungkamanee, Rattanabanrang Tosawat, Weeradit Srimalai
Titolo originale Tsumetai nettaigyo
Regia di Shion Sono
Con Asuka Kurosawa, Mitsuru Fukikoshi, Tetsu Watanabe, Megumi Kagurazaka, Denden
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