Oggi a Venezia viene presentato “Mildred Pierce”, l’attesa nuova versione per la TV del romanzo di James Cain, per la regia di Todd Haynes, con Kate Winslet. Su cinerepublic c’è un post di maghella sull’evento, che giustamente festeggia la ripresa di questo interessante personaggio femminile della letteratura americana e rende onore alla memoria della diva che per prima gli diede volto.
Ma a parte noi di FILM TV, quanta parte del pubblico italiano si ricorda di Joan Crawford?
Constato un’assurdità: la sua versione de “Il romanzo di Mildred”, riconosciuto classico del noir anni Quaranta, in Italia non è mai uscita su DVD. Per fortuna, viene mandata spesso in TV. Inoltre, sempre per fortuna, è presente nel cofanetto di metallo “La collection Joan Crawford” edito in Francia (acquistabile da internet), con tanto di doppiaggio italiano originale e sottotitoli in italiano.
Poi basta fare un giro sul web per scoprire che – rispetto a una filmografia copiosa che va dagli esordi nel muto negli anni ’20 fino a un episodio della serie televisiva Night Gallery diretto nientemeno che da un giovane Spielberg – sono disponibili su DVD solo pochissimi fra i suoi film: i due classici degli anni ’30 “Grand Hotel” e “Donne” e i due gioielli della maturità “Johnny Guitar” e “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Fortunatamente a fine settembre uscirà in DVD “So che mi ucciderai”, per cui fu candidata all’Oscar. Due buoni film degli anni ’40 (“Perdutamente” e “Anime in delirio”) sono stati editi in DVD negli anni scorsi, ma adesso risultano fuori catalogo.
Uno che di cinema conosce quello che gira su DVD, rischia di pensare che l’unica cosa da ricordare di questa attrice è il suo essere stata talmente piena di sé e vessatoria coi figli adottivi che la sua stronzaggine è stata immortalata in “Mammina cara”. Il che francamente mi pare troppo.
Meno male che in questi anni le TV, oltre a programmare spesso “Il romanzo di Mildred”, “Johnny Guitar” e “Che fine ha fatto Baby Jane?” hanno continuato a trasmetterne alcuni altri.
Non dico che questa rimozione sia direttamente imputabile alla figlia adottiva Christina, che dopo avere scoperto di essere stata diseredata dalla madre, decise di scrivere e pubblicò l’omonimo libro, dando della diva nonché testimonial e poi manager della PEPSI-COLA (fino ad allora molto amata in patria), il ritratto di una donna imperiosa e irascibile, patologicamente bisognosa di essere al centro dell’attenzione, oltre che convinta dell’utilità formativa di metodi disciplinari molto duri.
Penso che la scelta di parlare il meno possibile dell’attrice - se non come di una cattiva madre- è stata dei media. Probabilmente, ricordare la madre con la figlia ancora in vita è parso sconveniente.
30 anni da Mammina cara mi sembrano un tempo sufficiente per rendere giustizia alla presenza cinematografica di Joan Crawford. Altrimenti, una finzione con pretese di verità (Faye Dunaway che nella scena madre di “Mammina cara” urla alla bambina “Niente grucce di ferro che ci fanno le grucce di ferro in quest'armadio…”) cancellerà la vera finzione, cioè i film con questa attrice. Sull’argomento “Mammina cara”, rinvio al post di maghella su cinerepublic del marzo 2011.
In Italia, il ricordo è ancora più difficile perché al fattore “Mammina cara” se ne sono aggiunti altri tre: la traduzione dei titoli dei film, la scelta della doppiatrice e la perdita dei doppiaggi originali.
Traduzione dei titoli: molto spesso, i suoi film in Italia sono stati ribattezzati in un modo fuorviante, che oggi li fa apparire più incartapecoriti di come sono: “Sadie Mc Kee” diventò “Tormento”, “Humoresque” (una tecnica di suono del violino) diventò “Perdutamente”, “Daisy Kenion” diventò “L’amante immortale”, “This woman is dangerous” diventò “Perdono”, e così via.
Doppiaggio: fino a metà anni ‘50 in Italia Joan Crawford fu doppiata da Tina Lattanzi, perché quest’ultima, dopo avere inventato la fortunata voce italiana di Greta Garbo, pretese e ottenne dalla MGM l’esclusiva su tutte le star del suo comparto femminile. Tina Lattanzi era un’ottima attrice, e cercava di adattare le voci alle personalità delle dive, però aveva un timbro vocale molto diverso da quello un po’ roco e sensuale della Crawford e poi usava il birignao (la “esse” arrotata) che oggi suona artificioso (mentre la Crawford aveva una dizione pulita, senza giochi di pronuncia).
Copie dei film: di molti interpretati per la MGM a inizio anni ’30 la copia italiana è andata perduta o distrutta. Temo che film niente affatto malvagi come “Paid” (“Debito d’odio”) del 1930, “Possessed (“L’amante”) del 1931, “Sadie Mc Kee” (“Tormento”) del 1934 non usciranno mai in versione italiana DVD, perché il doppiaggio originale è andato perduto e l’investimento per fare un doppiaggio o anche solo i sottotitoli non sarebbe conveniente per nessun produttore di home video.
Forse Joan Crawford non è stata un’attrice sublime, da applauso a scena aperta. Per tutta la vita, evitò il teatro perché aveva paura di trovarsi davanti alla platea. Nei personaggi tendeva a mettere una parte di sé e aveva una gamma espressiva più limitata, per dire, di Bette Davis. Però, dentro questa gamma espressiva era potente. Sapeva rendere benissimo l’attenzione, la rabbia che monta, lo sgomento, la femminilità che pungola l’uomo a decidere, la tensione erotica che si scioglie. Aveva gli strumenti del mestiere di una che si era formata nel cinema muto: riusciva a fare intuire il passato di un personaggio con uno sguardo, a esprimere sentimenti con una piega della bocca. Piccola di statura (1,60) era dritta, flessuosa, con belle spalle larghe che negli anni di Mildred Pierce esaltava con le spalline. Dicono che dedicasse ore al trucco e alla scelta dei costumi.
Proverò a raccontare il suo fascino per me intatto attraverso 7 film, lungo l’arco di due decenni.
NOTA: non inserisco “Johnny Guitar” e “Che fine ha fatto Baby Jane?” perché sono due cult che non hanno bisogno di essere ricordati: la quantità di validissime recensioni pubblicate dagli utenti di FILM TV ne è una testimonianza. Tranne “Donne” i film di questa play-list, per quanto interessanti, sono imperfetti. Come nel corpo delle donne, anche nei film trovo che un’imperfezione è stimolante.
Con Norma Shearer, Joan Crawford, Joan Fontaine, Rosalind Russell, Mary Boland
Trasposizione MGM di una commedia anni ’30 di Clare Booth Luce (che dopo la guerra fu ambasciatrice USA in Italia). Dopo quasi 15 anni di carriera (prima nel muto, poi in una fortunata serie di film di cassetta della MGM), quando il suo astro sembra destinato al tramonto, Joan Crawford risorge ottenendo qui da George Cukor il ruolo della stronza Christal Allen, in cui può tirare fuori le sue unghie da pantera. In questo film corale più lungo della media, la nostra, in gran forma, compare in poche scene tutte memorabili, specie quelle in cui duetta con Rosalind Russell. EFFERVESCENTE.
Con Joan Crawford, Clark Gable, Peter Lorre, Ian Hunter, Paul Lukas
Produzione esotica, ancora targata MGM, che racconta la fuga, attraverso foreste e oceano, di un gruppo di ergastolani guidati da Clark Gable, cui si aggiunge una ex puttana disincantata e spiccia molto ben interpretata da Joan Crawford. La chimica fra l’omone Gable e la piccoletta di temperamento Crawford funziona benissimo. C’è anche Peter Lorre che fa il cattivo: una delizia. SUGGESTIVO
Con Joan Crawford, Melvyn Douglas, Conrad Veidt, Reginald Owen
Fiaba nera diretta da George Cukor per la MGM, ambientata in un immaginario paese nordico, ma realizzata in studio con fondali di cartapesta. Purtroppo il film circola in una versione doppiata negli USA durante la guerra da italo-americani, con voci dall’accento di Little Italy e un bambino doppiato in modo ridicolo da una donna. Nel primo tempo Joan Crawford, sfregiata, nasconde metà del volto sotto un cappellaccio nero a larghe tese; in un ruolo da ricattatrice affascinata dal male, dà il meglio del suo dark side sfoderando una grinta da lottatrice (potente la scena in cui sovrasta e picchia una signora che l’ha scoperta mentre frugava nei suoi cassetti). Era da Oscar, ma non lo ottenne. DARK
Nuova resurrezione per la diva da poco messa in pensione dalla MGM (che erroneamente la considerava finita), fu l’inaugurazione di una felice collaborazione con la Warner, casa di produzione specializzata in drammi sociali e noir. Paradossalmente - proprio in questo film che le valse un meritato Oscar - Joan Crawford, pur calandosi visceralmente nel personaggio, ha un’aria MGM e sembra un po’ sfasata rispetto allo stile recitativo degli altri attori della Warner. Il trailer originale (vedi Youtube) presentava la storia di Mildred Pierce (una casalinga che riesce a diventare imprenditrice e poi va in rovina per troppa tolleranza verso una figlia capricciosa), come “gli affari intimi di una donna che ha rifiutato di vivere nelle regole”. Il pubblico americano apprezzò. CLASSICO
Il titolo italiano mistifica quello originale: Humoresque, cioè un genere di musica romantica contraddistinta da pezzi di fantasia con umorismo. Centrato su una presenza ossessiva della musica classica e sull’impossibilità di amarsi allo stesso momento, il film prefigura a parti rovesciate Un cuore in inverno di Claude Sautet del 1992. Joan Crawford ha grande classe nel ruolo della mecenate che inciampa in un amore complicato con il violinista di talento (John Garfield). MELO' A 24 CARATI
Con Joan Crawford, Van Heflin, Raymond Massey, Geraldine Brooks, Stanley Ridges
Noir della Warner, diretto da un regista di origine tedesca che aveva imparato bene la lezione dell’espressionismo (Curtis Bernhardt), segue tutte le regole cinematografiche del genere: flashback, musiche incalzanti, tensione pompata ad arte, pistolettate. Ottima prova della Crawford nel ruolo della dark lady dalla personalità scissa. DISTURBANTE
Con Joan Crawford, Cliff Robertson, Vera Miles, Lorne Greene
Film per signore, un vero e proprio genere negli anni ’50. Si apre con la canzone di Nat King Cole, e racconta la storia d’amore fra una segretaria un po’ matura ma di bell’aspetto rimasta zitella, e un giovane con turbe mentali. Il regista Robert Aldrich scompiglia le carte, dando alla diva cinquantenne un ruolo completamente diverso da quelli suoi tipici da ex ballerina o arrampicatrice sociale o donna del capo. La trama ha qualche forzatura, ma la Crawford smuove emozioni. AVVOLGENTE
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