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METZ YEGHÈRN
di Marcello del Campo ultimo aggiornamento
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Marcello del Campo

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METZ YEGHÈRN


… USCIRE VERSO L’ARARAT, NELLA PERIFERIA CHE
SPUTACCHIA, SBRICIOLA, SCATARRA
 

 
 
Qualcosa bisogna dire della storia rimossa anzi mai narrata dagli storici eurocentrici di un’altra diaspora, di un genocidio che segnò l’inizio dell’ultimo secolo del passato millennio, parlo del padre di tutti i genocidi a venire, quello del popolo armeno che costituì il primo tentativo di fare sparire dalla faccia della terra un’intera etnia.
A differenza dell’Olocausto degli ebrei la cui colpa grava come un macigno sui governi europei (gli stessi governi, sordi ai segni di morte del popolo palestinese e al massacro di Jenin da parte dell’esercito israeliano, tanto il mea culpa prossimo venturo tra stati membri dell’Impero arriverà dopo la deflagrazione in medio-oriente con guerra morte distruzione terrorismo di Stato e di fondamentalisti), il genocidio del popolo armeno riuscì al governo turco di Abdul Hamid e di Taalat Pasciàn.
Il “popolo dell’Ararat” scomparve: “All’inizio del secolo, in Turchia vivevano circa un milione e 800.000 armeni; circa 700.000 mila furono massacrati nelle città e circa 600.000 morirono durante le deportazioni; altri 200.000 fuggirono verso il Caucaso; 150.000 verso l’Europa; mentre in Turchia sopravvissero meno di 150.000 armeni. Più del settanta per cento della popolazione armena, che viveva da tremila anni in Anatolia, fu annientata”. (Giorgio Pisanello, introduzione a Hushèr, la memoria).
Il 24 aprile per gli armeni è il giorno del lutto, del metz yeghèrn (il grande male); va annotato che del genocidio del popolo armeno per opera dei turchi si è cominciato a parlare in tempi recenti, nel 2000, e solo allora (dal 1915!) c’è stato il riconoscimento ufficiale da parte di alcune nazioni europee, prima la Francia (7 novembre), quindi la città del Vaticano (10 novembre), e i Parlamenti europeo e italiano (15 e 16 novembre).(Idolina Landolfi in Armenia-Alias, 6 aprile 2002).
Aggiungo che i rapporti tra i governi europei e il dittatoriale governo turco sono ottimi, vedi in passato il caso Ocalan: gli amanti delle cause perse possono consolarsi con i film di Elia Kazan, Atom Egoyan, Sergej Paradzanov, Henry Verneuil (alias A.Malakian), la voce di Cathy Berberian, la musica di Djvaan Gasparian, le canzoni di Charles Aznavour e Sylvie Vartan e tanti artisti sparsi per tutte le parti del mondo, tra i quali va annoverata la band-metal System Of A Down i cui frontman Serj Tankian e Daron Malakian, sono originari dell’Armenia e hanno composto molte song particolarmente virulente, in particolar modo quelle che riguardano il genocidio armeno.
Forse il primo scrittore (anche l’ultimo) che si occupò dell’argomento fu Frantz Werfel nei Quaranta giorni del Mussa Dagh; attualmente questo popolo senza patria dispone di più materiali di attenzione, saggi storici, testimonianze e infine il suo Schindler’s list, il film Ararat che Atom Egoyan, il regista armeno-canadese, ha presentato al festival di Cannes nel 2002 e che il governo turco si apprestò a boicottare.
Per dire qualcosa di male del governo italiano (non basta mai!) annoto che la Rai non ha mai mandato in onda, con la motivazione che non era “di interesse generale”, il documentario di Carlo Massi Destinazione nulla: il testimone prodotto dalla stessa Rai nel 1996, poi trasmesso nel 2000 da Rai-Sat per un pubblico pagante. Questa rimozione totale della tragedia di un popolo condannato quasi un secolo fa alla “soluzione finale” mi pare giustificare, pur non condividendola, l’affermazione che ho letto in un bel romanzo della scrittrice armena-tarantina Manuela Awakian [Una terra per Siran, Prospettiva Editrice, Roma 2003), quando, in un momento di rabbia, la protagonista si lascia andare ad uno sfogo risentito: “guardava gli stessi ebrei con una nota di rabbia, forse invidia. Di loro si parlava tanto; libri, film, telefilm, manifestazioni… Perché nessuno si ricordava degli armeni decimati dai turchi? Com’era possibile che un evento di tale entità fosse stato inghiottito dalla memoria universale senza lasciare alcuna traccia?”.
La lettura di un brano di Viaggio in Armenia di Osip Mandel’stam rappresenta il suggello migliore di una tragedia rimossa.
Voglio conoscere il mio osso, la mia lava, … uscire verso l’Ararat, nella periferia che sputacchia, sbriciola, scatarra.”


 

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