Mio zio Giovanni era il mito della mia infanzia. Fratello di mio padre, aveva l'aspetto dell'americano dei film di guerra degli anni '50 : capelli cortissimi, occhi azzurri di ghiaccio, naso piccolo e camuso tipo Jack Palance, alto un metro e ottanta camminava ondeggiando come i cow boys. Quando avevo 12/13 anni e ogni tanto veniva a trovarci restavo a bocca aperta nell'ascoltare le sue avventure (era geogolo in America) e gli scambi di opinioni con mio padre sui film usciti nel periodo; entrambi amavano il cinema appassionatamente ma mentre mio padre non amava i film di guerra (lui ne aveva fatte due...) mio zio (pur avendo fatto l'Albania) li prediligeva e quindi mi coinvolgeva raccontandomene le trame. Negli anni successivi ci siamo visti sempre più raramente, però ogni qualvolta ci si incontrava, era sempre il cinema l'argomento principe da cui comunque partiva sempre un pretesto per insegnarmi qualcosa.
Andai a vederlo con lui e mi disse di ascoltare bene un disco che un teppistello metteva sul piatto: "Rock around the clock" ; mi spiegò che quella era la nuova musica che faceva impazzire i giovani americani; dopo qualche tempo tornò a trovarci e mi portò il primo album 33 giri di Bill Haley con etichetta americana. Mi invidiò l'intera scuola.
Non sapevo nulla di Modigliani e lui mi portò a vedere questo bel film con Gérard Philippe . Dopo il film aggiunse altri dettagli sulla vita del pittore e parlammo a lungo di quell'arte che già mi appassionava, tanto che realizzavo numerose operette a tempera,da lui apprezzatissime.
Abitavo ormai a Roma e lui vi soggiornò qualche settimana, prima di partire per il nuovo luogo di lavoro, Mozambico, e raggiungere la famiglia che era già li. Andai di mattina a trovarlo, verso le nove, e mi stupii che appena alzato si bevesse un bicchierone di whisky a stomaco vuote..."E' per la sigaretta" aggiunse "abitudini yankee" La mia stima cresceva. Mi disse di vederci la sera per vedere questo bel film sovietico.
Con Kirk Douglas, Anthony Quinn, James Donald, Pamela Brown, Everett Sloane, Niall MacGinnis
Qualche giorno dopo mi portò a vedere questo meraviglioso film su Van Gogh e ritornati a casa mi spiegò tutto sugli impressionisti; anzi mi insegnò di più : come dipingere ad olio che fu la tecnica che usai da allora.
Quando vidi questo film con mia madre lei mi confessò la sua intima convinzione che lo zio fosse un agente segreto al servizio degli americani, ma non mi spiegò perché le era venuto questo sospetto. Forse perché ci aveva mostrato tempo prima una macchina fotografica grande come un pacchetto di sigarette, oggetto mai visto a quei tempi.
Mia zia morì uscendo di strada con l'auto , che guidava lei, su un rettilineo del deserto in sud Africa; dentro l'auto c'erano anche due suoi figlioletti che si salvarono. Lo zio tornò in Italia ma non andammo più al cinema : io avevo ormai la mia famiglia, lui faticosamente e dolorosamente se ne ricostruì un altra, sposando una vedova con due figli.
Fu il colpo definitivo che lo mise a terra : la morte drammatica di suo figlio Luca, pianista di jazz eccezionale ma emotivamente molto instabile . Mio zio collaborò alla stesura del film con sofferta passione, ma dopo poco se ne andò a raggiungere i suoi cari. Grazie zio, sei stato un grande uomo.
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