E' dura ridurre a soli 7 titoli le preferenze assolute personali di sempre. Ed e' assurdo quindi tralasciare tra questi 7 magnifici titoli alcuni capolavori di maestri come Kubrick, Hitchcock, Bergman, Fellini, Antonioni e altre decine di maestri ancora. Ma se 7 devono essere, non uno di piu', mi lascio allora guidare piu' dall'emozione che dalla ragione, dal cuore piu' che dal raziocinio e provo ad elencare:
Con Kyle MacLachlan, Isabella Rossellini, Dennis Hopper, Laura Dern, Hope Lange
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Quando la dolce, patinata e mielosa vita di provincia dell'America anni '60 stile Happy Days nasconde (benissimo) gli orrori e le nefandezze di una societa' marcia, corrotta e alla deriva. Grandissima e scandalosa Isabella Rossellini nel ruolo chiave della sua carriera internazionale. Lynch e' il piu' grande regista vivente, basta vedere cosa ha diretto in seguito.
De Palma magnifico, feroce e citazionista si destreggia con maestria su una trama premeditatamente imperfetta in cui la sensuale cinquantenne Angie Dickinson muore a meta' film (come Janet Leigh in Pshyco del suo maestro Hitch.). Sadico e delirante, perfetto e spietato.
Il simbolismo magico e impenetrabile di Kieslowski si misura con il doppio in tutta la sua ambiguita' e ambivalenza. Due ragazze che non si conoscono ma intuiscono la presenza una dell'altra, una intensa interprete che riesce a essere superlativa solo con il suo maestro polacco. L'ossessione del doppio che un gemello come me, di segno e di fatto, non puo' trovare che irresistibile e necessaria.
Di Kaurismaki avrei potuto inserire uno qualsiasi dei film (aleno di quelli usciti nel nostro paese), ma ho scelto La fiammiferaia perche' amo i perdenti, gli umili, i sottomessi, che trovo in generale anche molto piu' interessanti dei volgari e superficiali prevaricatori di cui e' pieno il mondo. Almeno nell'universo di Kaurismaki una effimera soddisfazione e' riservata agli afflitti. Grande Kati Ountinen, icona indispensabile del regista. Spesso si ride, ma per non piangere.
Per la capacita' magistrale di Polanski di creare tensione e orrore senza mostrare nulla o quasi, in un crescendo adrenalinico di suspence che servira' da lezione a molto altro cinema di genere.
Il ritorno dell'horror espressionista per un Ferrara in gran forma, e' una commistione tra problematiche di integrazione tra una potente minoranza (assetata) e le tante vittime e il tema del contagio. Tutto splendidamente girato in un bianco e nero che rende ancor piu' inquietatti i fiumi di sangue che scorrono nella metropoli. Horror contaminato e sulla contaminazione.
Un giovane de Oliveira settantenne mette in scena un dramma della gelosia straordinario e rivoluzionario per la capacita' di stravolgere la narrazione che ricorre all'io narrante per le scene piu' movimentate, e si sofferma su lunghi dialoghi girati con camera fissa che danno vita a strazianti scene madri incredibilmente coinvolgenti. L'azione cede il passo alla parola e de Oliveira diventa il piu' moderno e innovativo regista in circolazione. Lui che e' il solo che puo' definirsi come nato col nascere del cinema, l'unico regista vivente che ha iniziato all'epoca del neorealismo e gira ancora oggi piu' che centenne con un ritmo impressionante e risultati ogni volta sorprendenti.
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