Ci sono film di cui avevo letto recensioni appassionate o anche solo molto attente in libri di cinema che stimo, film che ho aspettato per 15, 20 anni (perché in TV non li beccavo mai), ma che quando li ho visti perché finalmente sono usciti in DVD o sono stati recuperati dalla rete o da qualche cineteca mi hanno lasciato un po' insoddisfatto... magari non totalmente deluso, perché molti di loro qualcosa di interessante ce l'hanno, qualcosa che però è un dettaglio rispetto a un complesso freddo o stiracchiato o intellettualistico. Questa playlist è speculare ad altre due che scriverò: una con i film che valeva la pena di cercare per mari e monti perché si sono rivelati all'altezza dell'aspettativa e mi hanno dato molto, e un'altra coi film sopresa, visti un po' per caso e generosissimi.
Con Dirk Bogarde, Stanley Baker, Jacqueline Sassard, Michael York, Vivien Merchant
Ne parla molto un libro che per anni è stato la mia arma segreta per scovare film interessanti fra il '63 e il '75: "Capire con il cinema - 200 film prima e dopo il '68". Scritto da Pinter, diretto da Losey, inerpretato da Bogarde. Cronologicamente a metà fra due film bellissimi realizzati dalla stessa coppia creativa Pinter - Losey ("Il servo" e "Messaggero d'amore")... e invece è un film gelido, segnato da meccanismi caratteriali e reazioni che ho sentito lontane e un po' artificiose. Interessante come incursione nel mondo universitario inglese degli anni '60, bello come immagini, però vederlo è stato una questione di principio...
Con Delphine Seyrig, Jean Pierre Kérjen, Nita Klein
Come sopra, oggetto di una lunga recensione del grande Fofi. Anche qui, personaggi minori interessanti, alcune scene in esterni non banali di una cittadina della Francia anni '60, una bella fotografia che indulge sugli arredi di un contesto borghese con un'attenzione che ti fa venire voglia di mettere un fermo immagine e trovarti qualcosa di simile per casa tua... e però quanto suona costruito a tavolino questo protagonista tornato dall'Algeria trincerato in atteggiamenti strani... anche qui, quanta noia, forse di più che a vedere "L'incidente"
Con Ugo Tognazzi, Stefania Sandrelli, Renée Longarini, Maria Grazia Garmassi, Gigi Ballista
Sono un cultore di Germi e di Tognazzi, il loro incontro mi incuriosiva, ma questo film è un buco nell'acqua... sapevo che all'epoca non aveva avuto successo e questo mi inspospettiva, però credevo che potesse esserci qualcosa di sapido... ma non c'è
Con Gary Cooper, Fredric March, Miriam Hopkins, Edward Everett
C'è un film di Lubitsch che trovo delizioso e che farei vedere a tutti come dimostrazione di come lo humour quando è centrato è senza tempo ("Mancia competente"), ce ne sono altri un po' datati ma ancora gradevoli ("Il cielo può attendere") o comunque importanti ("Vogliamo vivere") ma questo "Partita a quattro" ha qualcosa che mi allontana... sarà una Miriam Hopkins più garrula del solito? Può darsi, ma in "Mancia competente" la trovo brava (anche se la mia preferenza va nettamente a Kay Francis)... forse di questo film mi irrita un che di compiaciuto che non va a segno, la sensazione che si sono divertiti loro a farlo più di quanto mi diverto io a vederlo
Pieno di tensione sperimentale, certo, ma per me senza appello un film antipatico. A differenza che per altri titoli famosi un po'm indigesti che meritano una seconda visione in momenti di maggiore resistenza, qui dopo mezz'ora ho deciso che non farò un tentativo di recupero
Quando (da ragazzo) ho sfogliato la mia prima piccola Enciclopedia del cinema lo ho messo insieme a "Quarto potere" nella lista degli imperdibili... me lo aspettavo come un film che vuole smascherare qualcosa e invece ho trovato un esercizio stilizzato senza vero senso, un accrocchio declamatorio e artificioso. Certo - come sempre quando c'è di mezzo Orson Welles - si sente la firma di uno che sapeva osare, ma stavolta non mi ha preso
Recuperato finalmente grazie a un Fuori Orario della primavera 2011 dopo un paio di volte che me lo ero lasciato sfuggire, ero convinto che lo avrei messo nel mio pantheon da cechoviano di ferro insieme all'edizione televisiva de "Il giardino dei ciliegi" di Strehlher della metà degli anni settanta e ai film "Partitura incompiuta per pianola meccanica" e "Oci ciornie" i due gioielli di Nikita Milhalkov. Mi sbagliavo. Anche qui, devi munirti del lanternino per trovare i pregi (che ci sono, per carità) ma nel frattempo ti sorbisci un film che (probabilmente per colpa delle censure sovietiche) ha una sensualità talmente trattenuta o sublimata che che tutta la magia del racconto evapora, o viene affidata al contorno di paesaggio, magari interessante ma un po' sminuito dal bianco e nero e da una regia non brillantissima. Insomma, cancellato dal recorder senza farne copia.
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