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STILL LIFE STYLE. CHI LAVORA È PERDUTO
di Marcello del Campo ultimo aggiornamento
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Marcello del Campo

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STILL LIFE STYLE. CHI LAVORA È PERDUTO

Vorrei tanto che un bel giorno tutti coloro che hanno un’occupazione o una missione da svolgere, uomini e donne, sposati o no, giovani e vecchi, seri o superficiali, tristi e allegri, abbandonassero le loro abitazioni e le loro incombenze, rinunciando a ogni dovere e obbligo, per uscire in strada e non fare più nulla. Tutta questa gente abbrutita che sgobba senza sapere perché, e si illude di contribuire al bene dell’umanità, che fatica per le generazioni future sotto l’impulso della più sinistra delle illusioni, si vendicherebbe allora di tutta la mediocrità di una vita vana e sterile, di tutto questo spreco di energia privo dell’eccellenza delle grandi trasfigurazioni.
 
[E.M. Cioran, Taccuino di Salamanca, Ediz. Adelphi]
 
Forzati del pubblico impiego, perdigiorno, sognatori, falliti di rango, la letteratura ne ha raccontato le gesta (se si può usare questa parola per i nostri simpatici anti-eroi) in innumerevoli racconti, romanzi e bozzetti. Nell’Ottocento sono le vignette di Punch e Grandville che disegnano il sottobosco delle anime che disdegnano di assecondare la vittoria del Capitale, quando non esitano a lanciarsi palline di carta arrotolata come nelle prime pagine di Papà Goriot, ma sono sufficienti, senza l’ausilio della rappresentazione grafica, le memorabili mezze maniche descritte da Balzac e Dickens.
Il culmine dell’attaccamento/ripulsa alla scrivania è Bartleby lo scrivano di Melville, il suo “preferirei di no” è lo slogan più anti-lavorativo che mai sia uscito dalla bocca di un mesto servitore delle scartoffie. Sicuramente è qualcosa di più rivoluzionario che battere i pugni sulla scrivania e licenziarsi.
Bartleby è la negazione del lavoro, l’assertore, eroico fino alla follia, del tempo liberato dalla condanna delle otto ore e dello straordinario. Lo straordinario per i tipi come Bartleby è vita rubata, sottrazione colpevole del tempo breve del transito dell’uomo sulla terra.
Il lavoro è una maledizione biblica: “Lavorerai con il sudore della tua fronte!”, “Ma chi l’ha detto?!” rispondono all’unisono le mille voci che si levano dalle maniche di Policarpo ufficiale di scrittura e dalla tasca del Cappotto di Gogol. “Noi non vogliamo lavorare e basta!”
“Chi non lavora non fa l’amore”, canta il re degli ignoranti, “Non è vero”, rispondono all’unisono le mille voci che escono dal sottopancia, “se non lavorassimo non faremmo altro che l’amore, senza vergognarci delle defaillance del sabato sera!”
 
Fannulloni, malati immaginari con ricetta medica falsa, caparbi muli che fanno le parole crociate nei cessi, che vanno a fare la spesa invece di riempire moduli in sanscrito, vanno in pensione come se uscissero da Alcatraz. Il giorno dopo essere andati in pensione si accorgono che la paura del vuoto è un’invenzione del capufficio: un mondo nuovo si apre ai loro occhi, panchine nei parchi pubblici, seduti a guardare le nuvole, finire quel maledetto puzzle con la faccia della Gioconda, giocare solitari con le pudenda per vedere se ci sono ancora, ficcarsi le dita nel naso senza disturbo, suonare il basso tuba coperto da deserti di polvere, acquistare un revolver per andare a ritirare in pace la pensione.
Finito il lavoro, finita la vita: del fondo amaro dell’esistenza si accorgeranno di lì a breve, quando la pensione coprirà le spese del funerale.
Viva Drugo Lebowski, inarrivabile campione nullafacente, gloria alla fannullaggine di Charlot, ai peripatetici flaneur delle strade e i sottoponti di Parigi amati da Benjamin, agli schnorrer-yiddish di Zangwill, ai perdigiorno di Eichendorff, ai pitocchi e ai picari di Terra di Spagna.
Pochi registi come quelli della playlist hanno rappresentato con sapido gusto le vite cristallizzate della marginalità che si nega al lavoro o che dal lavoro sono state ridotte a still life.
Potevano entrarci altri registi di valore, ma i loro impiegati nutrono scampoli di speranza. Ma di questi tempi la speranza l’è morta. Non resta che una risata metafisica tra le bombette di Magritte, le esitazioni di Tati e tante figurine che somigliano ai rebus.  

Playlist film

Il grande Lebowski

  • Commedia
  • USA
  • durata 117'

Titolo originale The Big Lebowski

Regia di Joel Coen

Con Jeff Bridges, John Goodman, Julianne Moore, Steve Buscemi, Philip Seymour Hoffman

Il grande Lebowski

In streaming su Amazon Video

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. Marcello del Campo
    di Marcello del Campo

    Vi ringrazio dei commenti che integrano una play che, caro Patrizio, vuole essere solo 'letteraria', quindi non aggiornata, gentile GIANNISV 66, alla dura realtà dei nostri giorni. I protagonisti dei romanzi e dei film possono permettersi di 'sognare', non noi e nemmeno gli autori come Balzac che scrisse tanti capolavori perché oberato dai debiti. Ma l'escamotage-LAMPUR è pur sempre una via di scampo dall'alienazione. Un saluto atutti.

  3. kikisan
    di kikisan

    « È impossibile godere la pigrizia fino in fondo se non si ha parecchio lavoro da compiere. Non è affatto divertente non far nulla quando non si ha nulla da fare. Perdere il tempo diventa una mera occupazione, allora, e un'occupazione tra le più affaticanti. L'ozio, come i baci, per esser dolce deve essere rubato. » da "Pensieri oziosi di un ozioso" dell'umorista Jerome Klapka Jerome (1886).
    Anche se fuori tema non posso esimermi dal segnalare i film di Kaurismaki e soprattutto "Vita da boheme" e la scalcinatissima gang di "Calamari Union". Un saluto.

  4. yume
    di yume

    appena trovo chi lo fa stampo anch'io quella scritta sulla mia T shirt

  5. Marcello del Campo
    di Marcello del Campo

    @astronomy, nella tua oblomoviana ricerca di un posto a sedere [coricarti], toglimi una curiosità: quando a fatica ti smuovi per andare al cinema, dove ti siedi?

  6. ed wood
    di ed wood

    mah, il discorso del lavoro come prigione calzava in tempi di boom economico, quando ce n'era per tutti (o quasi)...oggi, in tempi di disoccupazione galoppante e soprattutto di PRECARIATO (a tutti i livelli, bancari compresi), la situazione si è un po' capovolta e il posto fisso non è più visto come una condanna, ma come una grazia...

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