Mario Martone passa dal teatro al cinema a dal cinema al teatro con estrema disinvoltura. Tiene le due cose saggiamente separate, ma se uno è abituato a vedere il mondo in un certo modo è inevitabile che ogni sua produzione artistica ne sia in qualche modo influenzata. La formazione culturale dell’autore napoletano è primariamente teatrale ed in effetti i suoi film ne mantengono una certa impronta di base, non tanto rinvenibile nella staticità dell’azione cinematografica o nell’ostentata negazione di ogni superflua spettacolarizzazione, quanto riferibile a quella ricercata coralità di voci e di volti che, nell’intrecciarsi, sovrapporsi, rincorrersi, scambiarsi di posizione e cambiarsi d’abito, danno una valenza più partecipativa alle gesta dei suoi attori, come se le loro azioni andassero molto oltre la mera rappresentazione di un ruolo per incarnare lo spirito del tempo in quell’immenso palcoscenico della vita che è la città di Napoli. E’ la passione a percorrere lungamente il cinema di Martone, quella che pulsa dalla fede per un idea o dall’illusione di un cambiamento, che parte dalla messinscena di una storia tutta in divenire e si risolve nella sofferta carnalità dei suoi personaggi. L’essenza stessa della passione, quella che rivolgendosi ad aspettative andate deluse si consegna rassegnata al demone del disincanto. Riesce a guardare lontano usando gli archetipi messigli a disposizione dalla sua realtà contingente, a fare emergere tutti i mali strutturali della regione in cui è nato senza rimanere schiavo di un analisi particolare e “vittimizzante” delle cause che li hanno prodotti. Insomma, il cinema di Mario Martone evidenzia delle prerogative tipiche di una produzione colta, come quelle di essere raffinato senza incudere soggezione, di fare “cultura alta” pescando a piene mani nel ventre fervido della “cultura popolare” e usare parole “vicine” per parlare un linguaggio universale. Mi piace molto il cinema di Mario Martone perché parla della mia terra rimanendo concentrato sul mondo.
Con Carlo Cecchi, Anna Bonaiuto, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller, Toni Servillo
Esordio al cinema di Martone con quest'omaggio al matematico Renato Caccioppoli e al suo legame con città di Napoli. Un legame di tipo fisico e umorale, quasi filiale, che si rafforza attraverso la vicendevole precarietà esistenziale e la stessa delusione per delle aspettative rimaste inevase.
Con Iaia Forte, Licia Maglietta, Enzo Moscato, Toni Servillo, Marco Manchisi
Teatro e cinema, cinema e teatro, reatà e finzione, finzione e realtà. Dal ventre molle di una città sventrata la parola passa ai testimoni concreti di un disagio perenne. Si vola alto.
Amalia e la molestia dei ricordi per un film che si lascia vedere e si lascia toccare. Vive di corpi che si ammassano in un quadro urbano popolato da una umanità visibilmente trasfigurata dalla perdita dei suoi migliori sogni.
Con Andrea Renzi, Anna Bonaiuto, Iaia Forte, Roberto De Francesco, Marco Baliani
Si prepara la tragedia di Eschilo "I sette conto Tebe" da rappresentare nella Sarajevo martoriata dalla guerra. Si lavora in una cantina di un popolare quartiere di Napoli, una città in pace ma non pacificata.
Con Michele Placido, Fanny Ardant, Giovanna Giuliani, Sergio Tramonti
Martone incontra Parise per un film assai freddo, dove gli amplessi amorosi che lo percorrono, più che segnati dal fuoco sacro della passione, sono alimentati da fantasie che evaporano al cospetto dela vita reale. Silvia e Carlo, due corpi liberi nella spirale delle ossessioni.
Con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Luca Zingaretti, Luca Barbareschi, Toni Servillo
Un film di grande spessore civile, che indagando la storia risorgimentale con gli occhi di chi si è visto scippare dalle mani la possibilità di giocarvi un ruolo più incisivo, insinua un intimo rapporto di interdipendenza tra quelle illusioni andate disperse e lo stato di sostanziale arretratezza in cui versa ancora oggi il meridione d’Italia. L'epica della passione.
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