Eccome. Si chiama Douglas Pearce, è nato il 27/04/1956 ed è un musicista britannnico. Inizia negli anni '70 con un gruppo punk di sinistra radicale trotskista, i Crisis. Già coi Crisis scombina gli steccati ideologici, scrivendo un brano contro le Brigate Rosse. Con l'arrivo degli anni '80 Pearce fonda con un altro membro dei Crisis un nuovo gruppo di impronta dark/post punk, i Death in June. Essendo il post punk la mia musica di formazione, posso affermare tranquillamente che sono molti i gruppi di questo tipo ad essere tacciati del tutto ingiustamente di simpatie nazifasciste: non bastano degli abiti neri e una musica priva di influenze afroamericane per essere ammiratori del terzo Reich. Alcuni gruppi sono dichiarantamente di sinistra, come i Sisters of Mercy. Ai Death in June era difficile concedere il beneficio del dubbio, anche per chi all'estetica gothic ci era abituato. Rune, Totenkopf, pugnali, eurocentrismo aggressivo...altro che Gothic revival, qui siamo davanti al neonazi vero e proprio! Eppure... eppure ci sono tante cose che non quadrano con l'ipotesi del neonazismo. Pearce che butta fuori un membro dal gruppo quando lo scopre con la tessera del National Front. Pearce che suona a Tel Aviv chiamando gli ebrei gente meravigliosa, sventolando una bandiera israeliana. Pearce che sbatte in faccia la sua omosessualità a collaboratori ed ascoltatori, sventolando un'altra bandiera, quella arcobaleno dell'orgoglio gay, sfidando insulti ed aggressioni e suscitando la mia ammirazione (e Pearce non è il mio musicista preferito, tutt'altro, il mio primo pensiero nei suoi confronti è stato "fisicamente bellissimo, ideologicamente sconcertante, musicalmente minore"). Al di là di tutto, le contraddizioni di Pearce mi costringono a pormi la seguente domanda: "perchè una persona (in questo caso, un omosessuale) è attratta da un'entità (in questo caso, il nazifascismo) che, alla resa dei conti, non ha fatto altro che distruggere i suoi simili e potrebbe ancora distruggere lui?" Pearce non ha mai risposto, dicendo che preferisce farsi questa domanda costantemente. Per una volta, sono d'accordo con lui. Perchè interrogarsi sempre sulla natura del male aiuta a non abbassare la guardia molto più di qualsiasi certezza.
Assieme a Jean Genet, Mishima è la massima ispirazione letteraria di Pearce, che ha sempre ammesso la fortissima componente sessuale della sua attrazione verso elementi come il militarismo. Inoltre, simbolo chiave per entrambi è la maschera.
I Joy Division del suicida Ian Curtis furono il primo gruppo post-punk ad essere accusato di simpatie filonaziste. Eppure, ogni volta che leggo i testi di Curtis, mi pare di che la sua ossessione sia sempre intrisa di orrore e non sconfini mai nella fascinazione sentita da Pearce. Eppure Curtis, eterosessuale, rischiava meno dell'omosessuale Pearce.
Con Dirk Bogarde, Ingrid Thulin, Helmut Berger, Charlotte Rampling
Il nome Death in June si riferisce alla notte dei lunghi coltelli in cui le SS sterminarono le SA che avevano diversi capi omosessuali, a partire da Rohm. Pearce è perfettamente consapevole del destino riservato agli omosessuali da Hitler. Crede veramente che un nuovo fascismo ideale possa imparare dai crimini del passato e non dia omosessuali ed ebrei di nuovo in pasto agli odii fanatici di sempre?
Pearce vede l'Islam come la più grande minaccia di donne e omosessuali, seguito dal cristianesimo. Mi viene facile capirlo, ma anche ricordargli che a Hitler e molti altri nazisti non dispiaceva affatto l'integralismo islamico e che Mussolini divenne "l'uomo della provvidenza" per il Vaticano.
A differenza dei protagonisti di questo film e di molti altri omosessuali di estrema destra, Douglas P è fieramente e dichiaratamente gay. Lo confesso, quando sventola la sua bandiera arcobaleno gridando "abituatevi! é ora!" lo bacerei, anche se ora sembra più John Goodman che Adone.
Con Stephen Fry, Jude Law, Vanessa Redgrave, Jennifer Ehle
"Date a un uomo una maschera e vi dirà la verità". Ancora la maschera. Spesso nascosto sotto una maschera bianca, Pearce sembra l'incarnazione di questo detto di uno dei suoi autori preferiti.
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