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LANG parla di LANG (prima parte: intervista a Fritz Lang)
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Utente rimosso (mike patton)

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LANG parla di LANG (prima parte: intervista a Fritz Lang)

Ftitz Lang abile conversatore, rilasciò due o tre interviste sulla sua opera. La più quotata rimane quella di Peter Bogdanovich, pubblicata in un volume nel 1969 con il titolo Fritz Lang in America, legata esclusivamente ai suoi film hollywoodiani.  Cult Movie  propone un’intervista più breve, che abbraccia però un più ampio arco di tempo. L’ha curata Gene D. Philips ed è apparsa nel 1975 su  Focus on Film  con il titolo Fritz Lang Remembers. In questo lungo dialogo, Lang parla più di se stesso che dei suoi film, ricordando molti curiosi aneddoti a proposito della sua vita pubblica e privata. E la testimonianza appassionata e vibrante di un uomo che ha fatto del cinema la propria esistenza.
 
 
Le origini

Cominciamo a parlare della sua giovinezza, visto che è stato scritto poco su di essa. Lei è nato il 5 dicembre del 1890, da un architetto viennese, la cui profonda aspirazione era che il figlio seguisse le orme paterne.


Scappai di casa per fare il pittore, e andai prima a Bruxelles, e in seguito a Burges, dove tra l’altro, vidi il mio primo film. Non potrei ricordarrnì il titolo, anche se credo fosse un film sulla rivoluzione francese o qualcosa dì simile, Poi andai a Parigi, di lì a Marsiglia, in Asia Minore, nei mari del sud, in Africa, in Cina, in Giappone e in Russia. Trascorsi circa un anno viaggiando. Mi mantenevo dipingendo cartoline e disegnando fumetti per i giornali. Più tardi tornai a Parigi, dove iniziai a lavorare in una scuola artistica privata. Allo scoppio della prima guerra mondiale, lasciai Parigi in treno, e mi rifugiai in Austria, dove nel 1914 fui arruolato nell’esercito imperiale e nell’anno successivo venni spedito al fronte.

Se non sbaglio lei è stato ferito in guerra, e poi decorato.
 

Si, fui ferito ad una spalla, in Italia, dopodiché ritornai a Vienna. Non me la passavo molto bene allora, la paga di tenente mi consentiva di tirare avanti a stento. Poi, un giorno, mentre ero seduto in un Caffè, con indosso la mia uniforme — sulla quale erano appuntate molte medaglie — mi si avvicinò un uomo offrendomi un lavoro. Con molta alterigia gli chiesi di presentarsi. Si chiamava Peter Ostermeyer ed era il direttore del Red Cross Theatre. La commedia che voleva mettere in scena, aveva per soggetto la storia di un tenente austriaco catturato dai francesi salvato dal proprio attendente (ogni ufficiale disponeva di un aiutante). Gli domandai quanto mi avrebbe pagato, e lui mi offerse 750 corone. Come tenente ne guadagnavo soltanto 120, e questo le può rendere un’idea di cosa significasse per me, Mi venne un’idea brillante ogni tanto ne ho qualcuna — e gli dissi: Non mi sembra molto , e lui rispose che non avrebbe potuto darmi più di mille corone! Bè, naturalmente le accettai. Poi si creò un altro problema; lui aveva pensato di farmi interpretare la parte di un ufficiale che avrebbe dovuto apparire solo nel secondo atto, ma a causa del mio accento viennese, fu costretto ad assegnarrni la parte principale.

Potrebbe spiegarmi come è avvenuto il passaggio dai palcoscenico al mondo del cinema?

 La commedia ebbe molto successo, poi. un tale con il quale avevo scritto qualche sceneggiatura, mi presentò a Erich Pommer, proprietario di una compagnia di produzione, la Decla-Bioscop. La prima volta che lo incontrai, Pornmer mi scrutò attraverso il mio monocolo (ho sempre avuto dei problemi con il mio occhio destro) e disse: Non voglio avere niente che fare con quel figlio di puttana. Non in piace il suo sguardo . Ma ormai, aveva già promesso di parlarmi, e così non per tirarsi indietro, Lo incontrai un pomeriggio, dopo lo spettacolo, e chiacchierammo fino alle quattro del mattino. Mi assunse come soggettista, all’ufficio di sceneggiatura.

  So che lei ha lavorato su molte sceneggiature quel periodo, ma spesso non si è trovato d’accordo sulla loro realizzazione.
 
   Nel 1919 dissi ad Erich Pommer che volevo girare il mio primo film. Era un mio  soggetto dal titolo Halb-Blut (Meticcio). Avevo già scritto alcune sceneggiature per altri registi, per esempio Pest in Fiorenz che venne diretto lo stesso anno da Otto Rippert. Poi diressi Der Herr der Liebe (1919), e subito dopo Der Goldene See, la prima parte di una progettata serie di film in quattro parti, sotto l’unico titolo di Die Spinnen, e Hara Kiri, la cui trama era tratta da una famosissima opera dì Puccini, Madame Butterfly .

Fu allora che le venne offerta la regia de Il gabinetto del dottor Caligari
 
 A dire il vero, fu affidata prima a Erich Pommer, il quale volle che me ne occupassi io. Dopo aver letto il copione gli dissi: Erich, il pubblico non sarà mai in grado di capire un film espressionista di questo genere che distorce le prospettive, a meno che non si riesca a ideare una scena, all’inizio del film, nella quale due persone parlano normalmente, in un ambiente realistico, in modo che il pubblico possa subito rendersi conto che a narrare la storia è un pazzo . Erich accettò la mia idea, ma fu costretto a portarmi via il film, perché i distributori volevano la seconda parte della serie Spinnen. Così, invece di girare Caligari realizzai Das Brillantenschjff (1919), che chiudeva l’ultima parte della serie che doveva essere filmata.

 A questo punto lasciò la Decla-Bioscop.

Ero molto irritato per quello che era successo, così accettai un’offerta dalla Joe May Company, anche perché il mio contratto annuale con Erich Pommer era scaduto. Iniziai a scrivere alcune sceneggiature per la J.M.C, e fu allora che incontrai la mia futura moglie, Thea von Harbon , anche lei stava scrivendo dei soggetti per la stessa compagnia. Aveva scritto un libro, Das Indische Grabmal  ed insieme iniziammo a scrivere la sceneggiatura per un film, basato su di esso. Era molto lunga, e il film avrebbe dovuto essere realizzato in due parti e presentato in due successive serate. Joe May, sua moglie e sua figlia, la lessero e ne rimasero entusiasti. Naturalmente avrei dovuto dirigerlo io, ma otto giorno più tardi, mi venne a trovare Mrs. Von Harbou e mi disse Guarda, ho brutte notizie per te. May pensa che se affidasse un film così importante ad un regista come te, non otterrebbe un grande incasso. La verità è che lo voleva girare May in persona.
 
  I primi successi

Lei avrebbe fatto una versione sonora del film nel 1958, ma a quel tempo May diresse la versione muta, e lei diresse invece Das Wandernde Bild (1920).
 Erich Pommer fu disposto a riassumermi, e Thea von Harbou mi disse: Ti aiuterò a scrivere una sceneggiatura fatta apposta per te: Der Muede Tod (1921), meglio conosciuto all’estero come Destiny. Fu il mio primo grande successo, anche se non immediato. Quando il film venne presentato per la prima volta a Berlino, i critici, per qualche motivo che non sono mai riuscito a capire, cercarono di distruggerlo. Uno di loro disse che il film annoiava lo spettatore. Così, dopo due settimane, la pellicola fu ritirata da tutti i cinema di Berlino, mentre a Parigi e ovunque, continuava a ricevere le critiche più entusiasti. Un critico parigino disse: Questa è la Germania che abbiamo sempre amato, si riferiva al primo dopoguerra. In seguito, il film venne ridistribuito in Germania, e divenne un successo mondiale. Nella vita qualsiasi cosa ha sempre un lato curioso. Douglas Fairbanks comprò i diritti americani sul film, per 5000 dollari, e non perché avesse intenzione di distribuirlo negli Stati Uniti, ma per copiarne gli effetti tecnici di cui era rimasto impressionato, e utilizzarli nel suo film più famoso Il ladro di Bagdad. Naturalmente disponendo di più denaro e potendo dunque avvalersi delle tecniche più sofisticate, migliorò i trucchi e li realizzò meglio di quanto avremmo potuto fare noi.

 Il ladro di Bagdad fu diretto da Raoul Walsh. Lo aveva mai incontrato prima di allora?

Non mi sono mai preoccupato di conoscere gli altri registi, non per superbia ma ero talmente coinvolto dal mio lavoro, che lasciavo poco spazio alla mia vita privata. La mia professione ha sempre prevalso su tutto.

Il suo secondo grande successo fu Dr. Mabuse der Spieler (1922)

 Era un thriller, la storia del criminale per eccellenza , e proprio per questo piacque molto al pubblico. In più, forniva un preciso quadro del crimine che imperversava nella Germania del primo dopoguerra. Il film rifletteva il senso di prostrazione del paese, accompagnato dalla disperazione e dal dilagare del vizio, dovuto alla perdita della guerra. Esattamente il tipo di atmosfera nella quale un uomo come Mabuse trovava fertìle terreno. In seguito ho identificato questo maestro del crimine con il superuomo Nietzschiano.
 
I Nibelunghi

Nel suo libro Da Caligari a Hitler, Siegfried Kracauer afferma che il suo film sulla leggenda di Siegfried, nelle due parti del Die Nibelungen, iucorpora l’idea del superuomo, o meglio dell’orgia di autocompiacimento, dell’adunata nazista come nel film di Leni Rifenstahl Triumpf des Willens (1935).

Vorrei fare delle osservazioni a proposito di questo libro. Penso che abbia frainteso molte cose, e provocato, credo, un danno, particolarmente tra i più giovani. Nel fare i miei film ho sempre seguito la mia immaginazione. Nel Die Niebelungen, volevo solamente mostrare come la Germania cercasse un ideale nel proprio passato, anche durante i terribili giorni seguiti alla prima guerra mondiale,  durante i quali il film venne realizzato. Ricordo in quel periodo  di aver visto a Berlino un poster, affisso ad un muro, raffigurante una donna che danzava con uno scheletro. La didascalia diceva: Berlino, stai danzando con la morte . La mia reazione a questo spirito pessimistico mi portò a raccontare l’epica leggenda di Siegfried, dando la possibilità alla Germania di ispirarsi al proprio passato e non, come afferma Kracauer, di guardare all’ascesa di una figura politica come quella di Hitler, o ad altre simili idiozie. Mi stavo occupando del leggendario patrimonio tedesco, così come in Metropolis guardavo la Germania in una prospettiva futura, e in Frau im Mond, raffiguravo il mio paese nell’era dei missili spaziali.
 
Die Niebelungen fu il primo film realizzato dall’UFA, la federazione degli studi cinematografici di Berlino. Come si è trovato a lavorare a fianco di Erich Pommer quando divenne capo produttore della federazione?


Secondo me, Erich Pommer è stato l’unico vero produttore con il quale abbia mai lavorato in vita mia. Ha sempre preferito discutere i vari problemi che via via si presentavano, piuttosto che imporre il suo punto di vista. Non l’ho mai sentito dire devi fare questo . Un giorno, ricordo, mentre stavo girando la seconda parte del Die Niebelungen, venne da me e mi disse: Stavo pensando che la scena nella quale gli Unni vengono dalla collina, verrà a costare un sacco di soldi con tutte le comparse che vuoi usare. Credi che sia veramente necessario?Risposi che ci avrei pensato sopra, e il giorno dopo gli dissi: Senti, credo che non saremmo in grado comunque, di competere con le imponenti scene del cinema americano, così ho pensato di cancellare la scena dal programma di ripresa. Ci ho pensato anche io sopra mi rispose Erich, e credo che dovremmo andare avanti a girare la scena così come l’hai ideata. Dimmi se un produttore americano avrebbe reagito in questo modo! L’Ufa ci prese il film per presentarlo negli Stati Uniti, dal momento che in tutta l’Europa aveva ottenuto un successo enorme, ma l’America lo accolse con molta freddezza. Dopo tutto, cosa ne sa il pubblico di Pasadena del combattimento di Sigfrido contro i dragoni?


Tratto da Cult Movie n° 17- 18 del novembre 1983
 

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