Mio padre amava molto il cinema, ora non lo guarda più perché secondo lui il cinema di oggi non è più come quello di una volta. Attualmente si limita a guardare qualche vecchio film. La cosa straordinaria di mio padre era la sua fantasia, sapeva raccontare un sacco di bugie: inventava aneddoti, storie, rivelazioni con lo scopo di farmi credere che tutto era vero. Da piccolo ho creduto molte delle sue divertenti bugie. Ora che sono passati tanti anni, qualche volta il vecchio mi racconta qualche aneddoto, mi accorgo subito che è l’ennesima bugia cinematografica ma non lo fermo. Lo lascio raccontare perché mi fa sorridere.
Il capolavoro di Luchino Visconti. Per mio padre fu un capolavoro mancato. Egli mi spiegò che il film era partito benissimo, la prestazione di Dirk Borgade era sorprendente. «Quel film avrebbe potuto vincere 10 Oscar, era un film perfetto. Ma fu il finale a rovinare la festa!» Esordiva mio padre in quel modo e io non capivo il perché. Mio padre tirò fuori la videocassetta, non mi fece vedere il film. Mi mostrò solo il finale dove Dirk Borgade era seduto sullo sdraio. «A questo punto» continuò mio padre, «ci fu un gravissimo errore tecnico. Nella scena finale Dirk Borgade doveva osservare il ragazzo che correva lungo la spiaggia. Fu una scena assolutamente perfetta. Dirk Borgade è stato così geniale. Però durante quella scena, per via del caldo afoso, la tintura dei capelli scivolò lungo il viso rovinando la scena. Luchino rifece di nuovo la scena, la tintura dei capelli di Borgade non sporcò il suo viso. Ma l’intensità della scena non fu come prima. Visconti era disperato e così decise di lasciare la scena rovinata dalla tintura rischiando la reputazione. Infatti alla fine Morte a Venezia non vinse nemmeno un oscar. Un capolavoro mancato»
Con Franco Franchi, Martine Beswick, Gina Rovere, Franca Valeri, Nicola Arigliano
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Mio padre prova una venerazione per Robert De Niro. Spesso mi raccontava di un aneddoto abbastanza inverosimile. Non so se credergli oppure no, ma alla fine gli ascolto lo stesso perché mi fa sorridere. Mi raccontava che nei primi anni settanta, Robert De Niro si trovava in Italia a girare il secondo capitolo del Padrino di Coppola. Durante il soggiorno italiano Robert andò al cinema a vedere un film di Franco Franchi, il titolo era “Ultimo tango a Zagarolo”. La visione del film fu fatale. Robert De Niro, pur non conoscendo bene la lingua italiana, si divertì un mondo a vedere la faccia da schiaffi di Franchi e non riusciva a smettere di ridere. A metà film Robert fu trasportato fuori dalla sala perché altrimenti avrebbe rischiato di morire soffocato dalle risate. Ci vollero due persone che lo accompagnassero fuori dalla sala perché Robert aveva gli occhi inondati dalle lacrime. Praticamente non smetteva più di ridere. Questo era il racconto che mio padre si divertiva a raccontarmelo quando ero un bambino. Infine mi disse che Franco Franchi era uno dei migliori comici del mondo.
Con Humphrey Bogart, Gene Tierney, Lee J. Cobb, Agnes Moorehead
Mio padre un giorno mi disse che quel film era un capolavoro. Chiesi quando lo aveva visto. Mi rispose che non lo aveva mai visto. Mi spiegò che certi capolavori non vanno visti, «non serve guardare un film anche se è un capolavoro. Non dobbiamo per forza vedere un film per verificare se è veramente un capolavoro oppure no. Io credo a Dio anche se non l’ho mai visto. A volte bisogna avere fiducia di certe cose senza neanche vederle». Domandai a mio padre perché amasse molto quel film e lui mi fece un monologo lungo. Praticamente venerava quel film solo dopo aver letto una misera recensione del film. Con questo film Bogart ha dimostrato che si può improvvisare preti senza aver neanche studiato. Mi disse che era troppo spassoso immaginare Bogart recitare sermoni in latino davanti ai cinesi che non capivano nemmeno una parola. L’importanza, secondo mio padre, non erano le parole ma la convinzione di se stessi. Bogart nei panni del falso sacerdote, che esercitava una benefica influenza sui fedeli, era talmente straordinario.
Alla sera il sagrestano doveva portare il vino santo in chiesa, ma non aveva coraggio dopo che aveva sentito storie spaventose sugli esorcismi raccontate da Bogart. E così il sagrestano consegnava il vino al sacerdote sapendo che lui lo avrebbe messo nel tabernacolo ma alla fine Bogart non andò mai in chiesa perché la bottiglia del vino l’aveva bevuta di colpo.
In quegli anni, in Cina, si pativa molto la fame ma Bogart non poteva soffrire la fame perché si era camuffato da ministro di Dio e mangiava tutto quello che preparava la perpetua. Bogart è un attore nato, nella vita reale sarebbe potuto essere un ottimo prete. Non è l’intelligenza ad accompagnarci la vita, è l’astuzia a trionfare la vita. Recentemente mi disse che non è poi così male essere preti, se si ha bisogno dell’amore basta solo togliere temporaneamente la tonaca. Infatti Bogart, una volta smessa la tonaca, trovò l'amore!! Mio padre si divertiva a raccontarmi queste cose. Ora sorrido perché alla fine anch’io mi sono messo a raccontare i fatti inverosimili di questo film ai miei amici. Quest'ultimi ci cascano e mi credono...
Giulio Andreotti non è un uomo qualunque è l’uomo. Mio padre appena vedeva Andreotti pronunciava «Ecce homo». Su Andreotti circolano un sacco di leggende, alcune belle ma spesso sono assurde ed inverosimili. Quando frequentavo l’ultimo anno delle superiori mio padre mi domandò se ero arrivato a studiare gli anni della Repubblica italiana. Risposi che eravamo fermati al secondo conflitto mondiale. Mio padre fece una smorfia e disse che studiare la storia italiana a partire dalla fine degli anni quaranta fino alla fine degli anni ottanta era bellissimo ed interessante. Poi mi domandò se avevo studiato i governi di Andreotti. Risposi che era assurdo studiare tutti i governi italiani, lui mi rimproverò spiegandomi che non si poteva fare a meno di studiare Andreotti.
«Non si sa esattamente chi furono i veri genitori di Andreotti. È un mistero. Si dice che sia stato concepito grazie all’unione di un cardinale e di una novizia. Non si potrà mai sapere se sarà vero oppure no. Poi avevo anche sentito che dentro la cifosi di Andreotti non c’era la scatola nera ma altro. La sua gobba era spuntata per via dei suoi problemi sessuali». Rimasi incuriosito di questo strano caso e chiesi chiarimenti. «Andreotti passava giornate intere nei ministeri, non tornava mai a casa. Non dormiva mai perché era sempre a lavorare o a scrivere. Ogni tanto aveva di quei appetiti sessuali e così si appartava in uno sgabuzzino e si liberava a mano le voglie. Eseguiva quel rito tutti i giorni per quasi una cinquantina di anni. Quindi a furia di fare questi riti si è curvato».
Con Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Marisa Merlini, Mara Berni
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«Hai presente la scena quando Alberto Sordi si iscrisse al Partito Monarchico dopo che era stato appena licenziato dal sindaco interpretato da Vittorio de Sica?» domandò mio padre e io faticavo a ricordare quella scena. Avrò avuto forse dieci anni. Mio padre mi spiegò che la scena era autentica! Alberto Sordi si comportava come un monarca. Sempre attorniato da belle donne ma in vita sua non combinò quasi nulla, non si sposò mai perché i matrimoni erano troppo costosi. Sordi depositava i soldi ed era avarissimo. «Sai che cosa fece Sordi con tutti quei soldi?», rimasi in silenzio perché non sapevo rispondere, «Li ha sperperati durante il ventennio ’80-’90 per realizzare i suoi pessimi film. Ecco perché Sordi, dopo “Incontri proibiti”, non fece più altri film perché era rimasto al verde!!». Rimasi colpito da questa verità, pensavo che fosse verissimo. «Ricordati che Alberto Sordi è un avarastro e un gran egoista!!».
Con John Malkovich, Fanny Ardant, Kim Rossi Stuart, Irène Jacob, Ines Sastre, Peter Weller
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Domandai a mio padre perché Michelangelo Antonioni era muto. Mio padre, forse quel giorno non aveva avuto voglia di spiegarmi la vera causa, si inventò una bugia colossale. Ho creduto a quella frottola per quasi sei o sette anni. Quando arrivò l’internet nelle case, lessi la biografia e venni a sapere il vero motivo del mutismo che aveva colpito ad Antonioni. Andai da mio padre e gli chiesi perché mi aveva raccontato quella grande bugia, lui si mise a ridere… in fondo era stato divertente.
Mio padre mi aveva raccontato che secondo Michelangelo Antonioni lo sguardo e il silenzio valevano più della parola. Antonioni aveva girato diversi film affrontando il famoso tema dell’incomunicabilità ma spesso il pubblico non coglieva il significato. Un giorno Michelangelo si stufò di spiegare il significato dell’incomunicabilità ai giornalisti e critici e fece il voto del silenzio e così i seccatori smisero di rompergli le scatole.
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