Intimacy - Nell'intimità
- Erotico
- Francia, Italia
- durata 120'
Titolo originale Intimacy
Regia di Patrice Chéreau
Con Mark Rylance, Kerry Fox, Timothy Spall, Alastair Galbraith

Potrebbe sembrare riduttivo dire “ti voglio bene”. È la classica frase inflazionata da proporre o propinare in ogni circostanza, è normale amministrazione; anche ad un cane si dice “ti voglio bene”. Potrebbe sembrare ovvio dire “ti amo”. È la classica frase inflazionata che tutti prima o poi si aspettano, che tutti (o quasi) vorrebbero sentirsi dire spesso dalla persona amata, ma che molti non riescono a pronunciare. Cosa distingue l’ “amare” dal “semplice” “voler bene”?
Nel carme 72 di Catullo, La differenza tra “amare” e “bene velle”, c’è una scissione tra “amare” (con i sensi) e “bene velle” (con il cuore). Il poeta ama follemente e violentemente una donna, Clodia, che canta con il nome di Lesbia: “Dicebas quondam solum te nosse Catullum, / Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem. / Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam, / sed pater ut gnatos diligit et generos. / Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror, / multo mi tamen es vilior et levior. / “Qui potis es?” inquis. “Quod amantem iniuria talis / cogit amare magis, sed bene velle minus”; “Non credo alle tue promesse di non voler conoscere altri che me. Ti ho voluto bene come un padre ai figli; ora ti ho conosciuta, e, anche se ardo di passione, mi sei caduta dalla stima. Perché avviene ciò? Perché le tue offese mi costringono a volerti meno bene, anche se i sensi bruciano di passione per te”.
L’ “amare” che continua mentre il “bene velle” viene meno, sentimenti che raggiungono l’apice nell’Odi et amo: “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. / Nescio, sed fieri sentio et excrucior”; “Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così, e mi tormento”.
Catullo ama e soffre con estrema autenticità, senza studiare psicologicamente i propri sentimenti. Se fosse stato complicato come noi “moderni”, si parlerebbe tranquillamente e ingenuamente di masochismo; “qui”, più “semplicemente”, si parla di amore.
Sarebbe ragionevole “analizzare” i nostri rapporti intimi e (inter)personali, ma perché dobbiamo “analizzare” e “razio(a)nalizzare” anche l’irrazionale? Perché spingerci oltre?
Non serve analizzare e razionalizzare la passione estrema e disperata, né mettersi a fare il calcolo delle probabilità. Cogliamo eventualmente l’attimo, smettiamola di chiederci se ne vale la pena, se questo amore durerà, non durerà, quanto durerà. È tutto inutile, in ogni caso, in un certo senso, finirà…
“Amare” è passione ardente, travolgente, distruttrice. “Voler bene” è l’affetto autentico, puro, ma anche ciò che rimane, quel che resta della passione bruciante, finita o mai esistita.
I comportamenti e gli atteggiamenti di una determinata persona possono costringerci a smettere di provare affetto nei suoi confronti, a non stimarla più come prima, a non “volerle bene”, a volte persino ad odiarla. Ma non possiamo smettere di amarla disperatamente, di desiderarla, di voler possedere il suo corpo e la sua mente; perché il pensiero di non poterne far parte o che solo possa condividerli con qualcun’altra, è lacerante. È una tortura che distrugge, annienta.
Titolo originale Intimacy
Regia di Patrice Chéreau
Con Mark Rylance, Kerry Fox, Timothy Spall, Alastair Galbraith
Regia di Gianluca Maria Tavarelli
Con Lorenza Indovina, Fabrizio Gifuni, Luciano Federico, Roberta Lena
Titolo originale 37°2 le matin
Regia di Jean-Jacques Beineix
Con Jean-Hugues Anglade, Béatrice Dalle, Vincent Lindon
Regia di Mimmo Calopresti
Con Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Gérard Depardieu, Marina Confalone
Titolo originale La sirène du Mississippi
Regia di François Truffaut
Con Catherine Deneuve, Jean-Paul Belmondo, Nelly Borgeaud, Martine Ferrière, Marcel Berbert
Titolo originale Lost and Delirious
Regia di Léa Pool
Con Mischa Barton, Piper Perabo, Jessica Paré, Jackie Burroughs
Titolo originale Att älska
Regia di Jörn Donner
Con Harriet Andersson, Zbigniew Cybulski, Isa Quensel, Thomas Svanfeldt, Jane Friedmann
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti I commenti a questo post sono chiusi
Carissima Venice, ma come puoi pensare che il "dessert" sia destinato a te! Al contrario, l'ho concepito per sollecitare gli istinti più bassi dei comuni mortali, di cui né tu né io facciamo parte. Per noi ho in serbo qualcosa di veramente speciale, tu senz'altro saprai di cosa si tratta:: "Quaeris cur nolim te ducere, Galla? Diserta es, saepe soloecismum mentula nostra facit" (trad. Galla, perchè non ti sposo mi chiedi. Sei troppo colta e di letteratura pratica e quest'uccello mio, come tu vedi, fa di di frequente erori di grammatica.)
@alfatocoferolo, Perdonami se mi sono permessa di “scomodare” Umberto Eco, che atto ignobile da parte mia! Sono mortificata…hai tutte le ragioni di questo mondo! (traduzione per alfatocoferolo: la sottoscritta sta ironizzando, ovviamente).
Non mi sembra di averti consigliato alcuni autori in particolare; perdona, alfatocoferolo, il mio dare per scontato che tu abbia interessi in ambito letterario…
A proposito di Catullo, odio contraddirti ma ricordi male le sue vicissitudini amorose (non ti devi giustificare, non sono qui per fare test di cultura generale, non so che farmene…). Non ha importanza neanche “chi sia Clodia”, dal momento che, come scrisse il Della Corte (continuo a CITARE, per la gioia di alfatocoferolo): “Nella realtà esistono due donne: una, la storica, Clodia, e l’altra, la poetica, Lesbia. Esse possono avere anche fattezze simili, possono raffigurarsi nella stessa persona, possono illuderci che siano un tutt’uno; di fatto l’una, Clodia, è profondamente radicata nell’ambiente romano: è figura della cronaca nera di quei tempi, è lo scandalo della contemporanea società romana; l’altra, Lesbia, è la sorella delle eroine della poesia d’ogni tempo…Lesbia nella poesia catulliana non ha più bisogno di Clodia, perché ella vive ormai di vita autonoma; è un personaggio, non più una persona, è eternamente giovane, eternamente puella, anche se matrona, anche se adultera. Catullo odierà Clodia, ma continuerà ad amare Lesbia”.
Detto questo, mi limito a sottolineare che perseveri in maniera ostile nel non cercare di afferrare il senso della play e della “querelle”, è evidente (meccanismi di difesa?).
Potremmo fare insieme l’analisi del testo per sviscerare il tutto, potrei stare qui ore ed ore a conversare “amabilmente” con te, se solo servisse a qualcosa. Purtroppo sono troppo impegnata, non ho molto tempo per le tue prediche, i tuoi sermoni da moralizzatore; in generale, non ho tempo per fossilizzarmi su idee retrograde. Basterebbe da parte tua un po’ di elasticità mentale e certe incomprensioni non sorgerebbero. Per caso pensi che tutti quelli che hanno colto il senso di questa play, che hanno lasciato un commento positivo e che l’hanno giudicata utile siano degli imbecilli e tu il depositario della Verità? (domanda retorica).
“Qui” non c’è nulla da “rettificare”, cerca di aprire la tua mente. Bonne Chance!
@andreona, carissima, I’M SPEECHLESS! Noi, creature “al di là del bene e del male”, siamo troppo magnanime con alcuni esseri mortali! ;-)
“Ricordi sbocciavan le viole con le nostre parole "Non ci lasceremo mai, mai e poi mai", vorrei dirti ora le stesse cose ma come fan presto, amore, ad appassire le rose così per noi l'amore che strappa i capelli è perduto ormai, non resta che qualche svogliata carezza e un po' di tenerezza. E quando ti troverai in mano quei fiori appassiti al sole di un aprile ormai lontano, li rimpiangerai ma sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato, per un amore nuovo. E sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato, per un amore nuovo” (Fabrizio De Andrè, Canzone Dell’amore Perduto).
“Se avessi il drappo ricamato del cielo/intessuto dell'oro, dell'argento e della luce,/i drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte /dai mezzi colori dell'alba e del tramonto, /stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi./Invece, essendo povero, ho soltanto sogni /e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi. /Cammina leggera perché cammini sui miei sogni.” (John Donne)