Così ebbe ad asserire lo straordinario Sherlock Holmes, investigatore dalle meravigliose capacità deduttive, uomo decadente, positivista, dogmatico, “eminente filosofo della scienza“,annoiato e vizioso. Ma anche uomo d’azione (e la sorpresa di ciò nel mediocre ultimo film di Guy Ritchie, è quantomeno da ignoranti), giacché come scrisse tra l’altro Watson (“elementare Watson” NON è mai stato scritto!), quando cercò di farsi un’idea di quel singolare individuo: “Tira abilmente di bastone, di pugni e di sciabola.”.
E pure derivativo, dato che quasi mezzo secolo prima della sua apparizione (“Uno studio in rosso” è del 1887), era già “nato” il grande Auguste Dupin dell’immenso Edgar Allan Poe.
Ma questa, come direbbe Lucarelli, è un’altra storia.
Holmes era uno fuori del comune, insomma; per usare ancora parole di Watson “La sua ignoranza non era meno notevole della sua scienza. (…) egli ignorava del tutto la teoria copernicana e la conformazione del sistema solare.”. Una mente superiore. Perché quanto sotto riportato è la spiegazione che fornisce al dir poco attonito dottore (e che ha dato ispirazione alla presente play), sempre tratto da Uno studio in rosso:
“secondo me il cervello umano, all’inizio, è come un piccolo solaio vuoto, da riempire con i mobili che si vuole. Uno sciocco ci mette tutte le cianfrusaglie, d’ogni tipo, in cui s’imbatte, così che, dato l’ingombro, le cognizioni che davvero potrebbero essergli utili si affollano fuori della porta, o nel migliore dei casi rimangono immischiate nel guazzabuglio, ed egli incontradifficoltà a pescarle fuori. Viceversa, il lavoratore abile sta molto accorto a quel che accoglie nella soffitta del suo cervello. Assorbirà solo gli utensili che possono giovargli nel suo lavoro: ma in grande assortimento e in ordine perfetto. E’ un grave errore, il ritenere che le pareti di quella stanzetta siano elastiche e si possano ampliare a volontà. Credete pure, viene il momento in cui, per ogni nozione aggiunta, un’altra,che prima c’era, si dimentica. E’ quindi della massima importanza non avere cognizioni inutili che spingono fuori a gomitate quelle utili.”.
Non so voi, ma a me, da mente conseguentemente inferiore (è una deduzione piuttosto ovvia), riesce assai difficoltoso applicare siffatta solenne affermazione. Voglio dire cioè, quante cose inutili affollano le mie già ridotte capacità cerebrali? E quante continuano ad aggiungersene? Robe d’ogni specie, che so, targhe di auto incrociate in strada, nomi di orridi personaggi popolari e non, date che non significano (più) niente, immagini, foto, dei tizi che appena conosco (e poimagari mi scordo di qualche bella figliuola … beh no, questo no!), canzoni orrende, sogni, una marca di liquore che è trent’anni che non esiste più, eccetera eccetera. La lista in effetti è infinita. Anzi, appurato che non può, giustappunto, essere infinita, è però infinitamente “sciocca“!
E lo stesso vale (siamo finalmente giunti al punto, alla virgola e al punto e virgola), per i film. Quanti sono i film, gli attori, o scene, situazioni, che non vorrei più ricordare (perché sono brutti o ridicoli o schifosi o chissenefrega) e invece, puntualmente, come un treno Frecciarossa (ehm … forse ho fatto l’esempio sbagliato …), mi tornano in mente? Tanti, troppi! E così finisce che mi dimentico di cose che vorrei ricordare, avere sempre presente: il nome di un attore che mi era piaciuto, il nome di un’attrice che m’era piaciuta (più facile sia per motivi estetici …), un vecchio film, una bella canzone, la colonna sonora, un’ inquadratura particolare, o semplicemente volti, espressioni, colori, battute … e devo quindi sforzare i pochi neuroni ancora attivi … invano …
Quindi, quanto presente nella lista di cui in appresso, rappresenta (in parte) ciò che -non comprendo porcamiseria perché!- giace lieto e confortevole nella mia scatola cranica.
E voi?
Con Erika Anderson, Judge Reinhold, Nicolas Cage, Viveca Lindfors
Bruttissimo film dei primi anni novanta. Scene scult a non finire, in cui troneggia il principe dei tamarri Nicolas Cage. Classica storia di triangolo amoroso, che finirà male; la bionda attrice protagonista, Erika Anderson, si concede parecchio, e in delle scene quasi da soft porn offre involontaria comicità (in una, Cage si unge una mano, ci mette sopra della cocaina, e poi gliela infila su per … beh, avete capito). Nicolas Cage veramente inguardabile, anche fisicamente per via di baffi e pizzetto, ma il meglio, cioè il peggio lo riserva il povero Judge Reinhold (sì, quello di Beverly Hills Cop), di cui, ecco -deficientissimo me!- ricordo una (im)memorabile scena con annessa battuta da cerebrolesi: dopo aver rifiutato le avances della suddetta bionda (nel film è la moglie), che gli si era pure parata a pigreco mezzi, lui, vedendola masturbarsi, esclama con fare disperato, commiserandosi e compatendosi (leggi rincoglionito) e con l’uccellino penzolante in brutta ma per fortuna fugace vista: “sono un paraplegico dell’amore!”
Per Cage in realtà sono tanti i brutti film in cui ha (si fa per dire) recitato. O in cui hanno recitato i suoi capelli, vero oggetto di culto per … nessuno! ma che quelli del CERN studieranno approfonditamente dopo aver esaurito le cazzate a cui vanno dietro oggi.
In effetti i capelli di Cage (sono certo, per me hanno vita propria) meriterebbero una play a parte …
Tipico film degli atroci anni ‘80. Lo si riconosce subito, sin dai primi fotogrammi, proprio come si riconosce immediatamente il classico telefilm tedesco dal colore giallognolo/seppia …
La musica, oscena, gli yuppies, i vestiti e le acconciature, tutto … E qua si celebra nientepopodimeno che … la nobile arte di fare il buffone/giocoliere con bicchieri e bottiglie preparando imbevibili e colorati cocktails! Qualcuno ha detto buffone? Ah già, io, -rimbambitissimo me!- ed in questo, quello lì con quegli occhi da pesce lesso che è Tom Cruise, ci sguazza dentro alla grande.
Fastidiose al limite della nevrosi ossessiva sono le acrobatiche coreografie, con la speranza, purtroppo mal riposta, di vedere qualche coccio di vetro frantumarsi sulla faccia da cetriolo riflessivo di Cruise.
Insopportabile!
Sì, esatto quella musica.
Io detesto, anzi no, proprio odio, tutta quella musica spagnoleggiante, flamenco, salsa, merengue (e anche le meringhe le schifo), lambada, asereje, latino-americana … e va bene, la smetto perché se no mi vengono i conati di vomito. E pure … ancora oggi la sento dappertutto, uno spot, un jingle, in radio, e subito mi viene in mente ’sta BIIIP di film! Natalia Estrada che balla sul tavolo (e poi sul fratello scemo di chiavetecapito), le facce sceme di Pieraccioni, e il nonno, e Ceccherini (l’unico degno di nota, anzi di due note), le facce serie di Pieraccioni, il motorino, le ballerine, Hendel, le facce sceme di Pieraccioni, e bla bla bla, tanto parlare per niente! Tanto si capisce come va a finire … come sempre. E pensare che Pieraccioni farà in seguito solo cose peggiori, ed infatti, preventivamente le evito, così sono sicuro che non dovrò ricordarmele!
Piccola digressione: solo io noto la somiglianza dei visi di Pieraccioni e Robert Rodriguez?
Uno dei film più brutti degli ultimi QUATTROCENTO anni!
Ben Affleck normalmente mi sta pure quasi simpatico, soprattutto da quando è passato alla regia, ma qui i suoi difetti sono ingigantiti. Ma il peggio del peggio del peggio (quindi -se la matematica non è un’opinione ma una recensione e pure meritevole del voto di utilità- il peggio al cubo) è quell’incapace di Jennifer Lopez, detta dagli amici “Jenny from the Block” e dai nemici “Jenny nun turnà al quartiere!”. Mossettine, smorfie, un continuo ancheggiare, movimenti presuntivamente sensuali, pose da consumata star, in definitiva direi un trasporto recitativo degno di Katherine Hepburn (ecco, l’ho sparata grossa! mo’ sparate pure a me, siete autorizzati, piuttosto ed anzichenò).
Non penso esista aggettivo idoneo a descrivere la repulsione che si prova nel guardarla “recitare”. E si capisce che i geniali produttori (che a quanto dicono le cronache, hanno, successivamente alla visione dell’abominevole parto, attuato un suicidio di massa) c’hanno provato a fare il colpo grosso con l’accoppiata vip del momento. Però … a tutto c’è un limite: la o.
Le battute tra i due, mentre lei, odiosissima, fa ginnastica, e dibattono amabilmente sul sesso, sulle lesbiche, sulle donne, sul pene, sulle labbra …brrrr da brividi! E che ci fanno Al Pacino e Christopher Walken?
E perché diamine mi devo ricordare ‘sto film? Sigmund! Aiutoooooo!
Ovvero Napoleon VALIUM.
Sinceramente, non ho capito affatto perché abbia lo status di cult, o quasi. Un fintissimo nerd inebetito si muove inebetito in un contesto inebetito, col fratello semiimbecille (per il resto è semidemente) che fa l’inebetito. Tirando le somme, direi un film per ebeti. O per abeti (che sarebbero più intelligenti). Ma anche per abati (……). Non bastano istupidite espressioni o capigliature o bocche dischiuse come a cercar di catturare mosche, per fare un film divertente. E’ tutto così artefatto. Proprio non reggo alla vista (e al pensiero) di quei volti, mi fanno venir voglia di suicidarLI!
Sopravvalutatissimo.
Con Alvaro Vitali, Carmen Russo, Mario Carotenuto, Franca Valeri
Non ch’io snobbi questi film “trash”, anzi (specie se ci sono Gloria Guida -INCHINO- e/o Lino Banfi e/o Renzo Montagnani), ma questo è veramente una roba invedibile! Ridicolo e miserrimo, supera qualsiasi aspettativa di cattivo gusto e povertà di idee, battute e gags che neanche sotto tortura fanno ridere. Peti, macumbe, ridarelle, pierinate, culi, di tutto di più. Peccato, perché di film scherzosi sul calcio ne sono stati fatti veramente pochi.
Ma già qua si era entrati negli anni ‘80, e quindi dei decenni precedenti s’è preso solo il peggio.
Alvaro Vitali con la parrucca bionda sembra Carlos Valderrama, e questo è l’unica, ahimé, cosa divertente.
E Carmen Russo, non vale un decimo di Gloria Guida, Barbara Bouchet, Lilli Carati, Edwige Fenech, e tutte le altre che sapete. Certo che le sapete …
Un cotechino indigesto. E quando mai non lo è?
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