Martyrs
- Horror
- Francia, Canada
- durata 97'
Titolo originale Martyrs
Regia di Pascal Laugier
Con Morjana Alaoui, Mylène Jampanoï, Catherine Bégin, Robert Toupin, Patricia Tulasne
![Martyrs](https://www.filmtv.it/imgbank/LOC/MA/03971713.jpg)
C'è una questione che mi assilla da un po' di tempo a questa parte, e riguarda la divergenza radicale tra me e, a quanto pare, il resto del mondo, relativamente alla valutazione dei film appartenenti al filone del nuovo horror francese, quella che il nostro joseba ha battezzatto come "nouvelle trouille", definizione che però, con tutto il rispetto, non ritengo del tutto appropriata, visto che di "strizza" francamente ce ne vedo poca.
La mia opinione al riguardo è che si tratti semplicemente di una nuova formula commerciale: in seguito al successo di Saw e Hostel, e ancor prima a quello di Takashi Miike in Occidente (regista che però ammiro), e forse ancora prima a quello di Tarantino, si è scoperto che l'ultra violenza e la violazione di qualunque tabù visivo, piacevano alla gente. Ma nel momento in cui si è deciso di sfruttare la tendenza in maniera programmatica, creando un vero e proprio filone, si è imposta la necessità di giustificarla agli occhi del pubblico, non potendo il gioco essere lasciato allo scoperto: l'affondo sempre più estremo in abissi di perversione, l'esibizione sempre più esplicita e pornografica di mutilazioni, torture e nefandezze varie, avevano bisogno di una giustificazione, non si poteva lasciare che il pubblico si vedesse sbattere in faccia il proprio morboso voyeurismo, ecco dunque che per aggirare i possibili sensi di colpa degli spettatori è venuta fuori l'idea del sottotesto: noi diamo al pubblico ciò che vuole, il brivido dell'oltraggio, ma giustifichiamo il tutto facendogli capire che in realtà si tratta di metafore sociali, politiche, filosofiche addirittura. A questo punto tutto è permesso.
Ecco dunque che un'operazione come "A l'interieur" acquisterebbe automaticamente valore per il fatto di essere una metafora della paura dell'immigrazione, per i rimandi agli scontri nelle banlieue parigine, nonchè per il citazionismo cinefilo senza freni dei suoi autori. Così come il bagno di sangue di "Frontiers" verrebbe di colpo giustificato dal patetico e irritante espediente finale, in cui l'unica sopravvissuta al massacro apprende dalla radio la vittoria alle elezioni della destra reazionaria, xenofoba, omofoba, ecc. ecc. ecc. ecc..
La cosa che non riesco perfettamente a cogliere quando leggo le entusiastiche recensioni, scritte quasi sempre da persone intelligenti e competenti, è proprio il motivo dell'entusiasmo; non riesco cioè a individuare in cosa consisterebbe secondo i recensori il valore dei suddetti film, anche rileggendo più volte, tanto che spesso faccio fatica a trovare delle argomentazioni con cui controbattere, non riuscendo a individuare quelle dell'altro; ciò che mi sembra di leggere fra le righe, invece, è il fatto che l'entusiasmo sia dovuto probabilmente all'impatto emotivo provocato dalla violenza in sè, alle scene di sangue, e alla perizia tecnica e al realismo con cui vengono realizzate. La mia ipotesi dunque è che la violenza mostrata sia talmente estrema da essere scambiata inconsapevolmente per "potenza cinematografica", come se ci si limitasse a giudicare fermandosi al mero imput sensoriale, senza preoccuparsi di analizzarlo e spiegarlo a sè stessi.
Ma al di là delle valutazioni di tipo morale o moralistico, come forse potrà sembrare a qualcuno, a me pare che i suddetti film non presentino pressochè nessun valore cinematografico, non riesco a scorgere in essi nessuna trovata registica degna di nota, lo stile mi sembra sempre lo stesso, anonimo, piatto, convenzionale, tipico dei prodotti in serie.
Premesso che l'unico valore che attribuisco loro è quello di essere, anche se involontariamente, espressione dell'angoscia del "cittadino globale", cioè del senso di impotenza e terrore che a mio avviso l'uomo di questi anni prova inconsciamente nei confronti di una macchina sociale che si va facendo sempre più complessa, schiacciante, alienante e sfuggente, la domanda che pongo a questo punto mi sembra ovvia: in cosa consisterebbe il valore reale di questi film? I vari sottotesti politici, sociologici e quant'altro, sarebbero sufficienti a giustificarli, e soprattutto, sono onesti?
Titolo originale Martyrs
Regia di Pascal Laugier
Con Morjana Alaoui, Mylène Jampanoï, Catherine Bégin, Robert Toupin, Patricia Tulasne
Titolo originale Frontièr(s)
Regia di Xavier Gens
Con Karina Testa, Aurélien Wiik, Patrick Ligardes, David Saracino, Maud Forget
Titolo originale Calvaire
Regia di Fabrice Du Welz
Con Laurent Lucas, Brigitte Lahaie, Gigi Coursigny, Jean-Luc Couchard, Jackie Berroyer
Questo qui ancora non l'ho visto ma forse è l'unico che, per quanto mi riguarda, potrebbe valere qualcosa.
Titolo originale Slim
Regia di Ray Enright
Con Margaret Lindsay, Pat O'Brien, Henry Fonda, J. Farrell MacDonald
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