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A proposito di Stanley: intervista a Malcom McDowell
di Utente rimosso (mike patton) ultimo aggiornamento
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A proposito di Stanley: intervista a Malcom McDowell

A proposito di Stanley Kubrick, inizio questa play con l'ultima delle domande che Michel Ciment rivolge  a Malcom McDowell nell'intervista contenuta nel suo libro: "Kubrick"

Pareva che provasse piacere sia con gli attori, sia con le sperimentazioni tecniche.

Credo che, in un mondo ideale, a Stanley sarebbe piaciuto fare a meno degli attori e usare dei computer. Sarebbe stato perfetto, perché così non avrebbe dovuto dipendere da nessuno. Gli attori sono barili di polvere versatili che possono magari non fornirgli ciò che desidera. Nello stesso tempo, se la godeva a stare assieme a loro, pur sempre un po’ sospettoso. Ricordo Carl Duering, che interpretava il ruolo del dottor Brodsky, che doveva fare quel lungo discorso sul trattamento Ludovico. Arriva sul set col suo impermeabile, una cartella e una tazza di caffè bollente in mano, Stanley lo riceve: «Salve, sono Stanley Kubrick». L’altro, che non l’aveva mai incontrato, balbetta tutto impressionato. Stanley: “Conosce il suo testo”, “certo, Mr Kubrick”. “Allora lo dica”, Il tipo borbotta qualche parola. Stanley: “Mi aveva detto che conosceva il suo testo”. Nello stesso tempo adorava i momenti in cui accadeva qualcosa. Quando il primo ministro m’imbocca col cucchiaio nell’ultima sequenza, ed io comincio a fare un movimento col mento schioccando le labbra, lui rideva così forte che si era ficcato in bocca un fazzoletto per frenarsi. Credo che ci sia persino un’inquadratura in cui si sente Stanley che scoppia dal ridere. Si sarebbero potute scrivere tre pagine di dialoghi, ma quella mia espressione fisica riassumeva tutta la situazione. Ecco perché il cinema é grande, scoprire momenti simili con lui è stata un’esperienza meravigliosa. D’altra parte, era un uomo felice a livello famigliare. Ricordo le sue figlie Vivian e Anya che correvano in giro per la stanza. Era una gioia vedere quella famiglia così unita. Sul lavoro, era diverso. Girare un film con Kubrick era come andare in guerra, e si diventava membri di un club assai speciale e selezionato. Sono andato, infatti, assai d’accordo con Peter Sellers. Siamo divenuti amici immediatamente, perché eravamo stati ambedue ingaggiati nelle campagne militari di Stanley, e quando si era vissuta quell’esperienza straordinaria, si era degni di una medaglia al valore. Quell’avventura è molto frustrante e vi fa vivere tutte le emozioni che un essere umano possa provare. Lo adorate, lo detestate andate incontro a momenti di grande tristezza, collera, felicità e risate. Tutto quanto. E naturalmente era un uomo straordinario. Il mondo del cinema ha perso veramente uno dei suoi giganti, non c’è dubbio. E come aver perso Hitchcock o John Ford. Fa parte dei migliori, i quali non sono così numerosi.

Londra, luglio 1999


Com’è stato contattato da Kubrick per interpretare il personaggio di Alex in Arancia meccanica?

Mi aveva visto in IF di Lindsay Anderson, mi telefonato e mi ha chiesto di leggere il romanzo di Anthony Burgess. In seguito mi ha proposto quel ruolo. Non mi ha fatto fare né test né prove, voleva semplicemente sapere se desideravo interpretare quel personaggio. Ricordo che, per gli altri ruoli, ha fatto delle audizioni a casa mia. Avevo uno studio che gli piaceva molto. Voleva persino girarvi la scena della signora dei gatti, ma mi sono rifiutato! Stanley non mi ha dato alcuna spiegazione, né ha fatto alcun commento su Alex. Lindsay Anderson mi ha fornito invece una chiave. Non capiva la sceneggiatura, la trovava senza capo né coda, comunque volevo sentire il suo parere. Mi ha detto che in Se... c’era un mio primo piano in cui sorrido prima d’entrare in la stanza dove mi dovevano punire con una bacchetta. Dovresti interpretare così quel ruolo», ha aggiunto. Era giustissimo, tanto che il primo giorno di lavorazione con Stanley, ero nervoso, sì, ma non più del solito, sapevo esttamente come recitare, e ho girato la prima scena come mi aveva suggerito Lindsay.

Uno degli aspetti più sorprendenti della sua interpretazione è il tono di voce.

A causa del linguaggio del romanzo di Burgess, avevo deciso d’usare l’accento del Nord, Quando ho incontrato lo scrittore, due anni dopo, mi ha ringraziato per quella scelta, la trovava interessante. Eravamo ambedue originari dello Yorkshire, infatti, ma io lo ignoravo, dato che non eravamo stati autorizzati a incontrare Burgess durant le riprese. L’accento del Nord non è trascinante come il coknecy, è più nobile, ha una cadenza più dolce. Stanley se ne curava granché, non se ne interessava particolarmente, lasciava questi dettagli agli attori.

Le sue riprese erano sempre un work in progress.

Tutti quelli che hanno lavorato da vicino con lui le potranno dire che sapeva ciò che non voleva, però scopriva via via quello che voleva davvero. Le grandi scene Arancia meccanica derivano dall’improvvisazione, senza peraltro che avessimo improvvisato il film. C’era sceneggiatura e la seguivamo, ma quando non funzionava, lui lo sapeva, tanto che provavamo all’infinito, alla nausea. Cosi io gli dicevo che avrei tentato qualcosa per vedere se gli andasse bene. Per esempio, la sequenza in cui penetriamo nella casa dello scrittore: la sceneggiatura prevedeva che lo bastonassimo, che violentassimo la moglie, che saccheggiassimo la casa e rompessimo le finestre con delle bottiglie. Era piuttosto fastidioso. Per giunta, avevamo appena girato la sequenza finale nell’ospedale, che era brillante. Avevamo visto i rush, erano così sorprendenti che Stanley è corso da me a dirmi: «Malcolm, dio mio, mi scoccia dirtelo, ma era formidabile. Sono davvero contentissimo». Così aveva cercato di girare quella sequenza da Mr Alexander per tutta una settimana, eravamo tutti sfiniti. Io volevo un paio di giorni di riposo. Finalmente, abbiamo fatto ancora qualche prova che non portava a nulla. Stanley mi dice: «Sai danzare?». Gli rispondo: «Naturalmente!», cioè quello che risponde sempre un attore a un regista. «Sai cavalcare?» «Ovviamente! » Lì mi viene in mente, senza riflettere, Singin’ in the Ram. Alex era euforico quando stuprava e bastonava, e per me, come Hollywood ce l’ha insegnato, l’euforia s’identifica con Gene Kelly che danza in Cantando sotto la pioggia. Così comincio a cantare, e Stanley si mette a urlare dal ridere. Era la prima volta in quella settimana che succedeva qualcosa. Corre immediatamente ai teatri di posa di Borehamwood, telefona a New York e acquista i diritti della musica. Naturalmente è diventata una delle sequenze più memorabili del film, come doveva essere, a causa del momento in cui si svolgeva nel racconto, e della scena successiva del castigo. E un grande momento, e devo dire che quando abbiamo girato la sequenza successiva, quell’appunto del castigo, è stato Stanley ad avere l’idea di farmi canticchiare lo stesso motivo mentre sto nella vasca.

Girava già allora tante volte una scena?

Dipendeva dalla scena. Moltiplicava i ciak per ottenere esattamente ciò che voleva. Ora quattro, ora venti volte, a causa di certi movimenti assai complicati. Per I ‘inquadratura iniziale, che implicava un travelling all’indietro assieme a uno zoom, sono stati necessari una decina di ciak e un’intera mattina.

Usava musiche sul set durante le riprese?

Mai. L’unica volta che l’ha fatto è stato quando cercava d’ottenere un certo sguardo nei miei occhi mentre ascoltavo la Nona di Beethoven, Voleva tante espressioni diverse, ma io avevo paura di esagerare e di essere ridicolo. Sapevo che avrebbe accettato qualunque eccesso, ma volevo rimanere entro i limiti della realtà. Ha portato la musica mentre stavo disteso a letto. Quando il canto è arrivato a «O felicità, o cielo», ho scoperto quello sguardo un po’ stralunato. E scoppiato dal ridere. Con Stanley, la cosa meravigliosa è che lui è lo spettatore miglior! Naturalmente, quando ho pensato a lui in tutti questi anni, è stato con un senso di Angst, ma la lavorazione di per sé è stata un piacere meraviglioso, e ha prodotto risultati stupefacenti.

Che cosa intende per Angst?

Non voleva parlare col mio agente per la firma del mio contratto. Non ero in una posizione di forza che mi consentisse di dirgli che se non accettava le mie condizioni era un peccato e tanti saluti. Ero un giovane attore, mi rendevo conto che era un grande ruolo. Alla fine, gli ho detto che avrei fatto Arancia meccanìca alle stesse condizioni che avevo ottenuto per il mio film Caccia sadica (Figures in a Landscape). Mi ha detto d’accordo, e mi ha chiesto quanto avessi preso: «50000 dollari, più il 2,5 per cento sugli incassi», Mi ha risposto che non credeva che alla Warner sarebbe andato bene. Gli ho fatto notare che lui all’inizio era d’accordo, che era un problema suo, e che poteva detrarre il mio 2,5 per cento dai suoi compensi. Mi telefonava ogni due o tre settimane per parlarmene. Un giorno, come un idiota, gli ho detto: «Va bene. Se vuoi fare una figura meschina in questo affare, scordati quella fottuta percentuale! ». Ciò deve essermi costato parecchi milioni di dollari!

Kubrick ha citato Riccardo III a proposito di Alex pensando alla sua attrazione per il male.
 
Gli ho detto un giorno che Alex mi faceva pensare a Laurence Olivier in Riccardo III. E un attore che ci ha influenzati tutti quanti, e avevo in mente quell’immagine di lui. Tranne che Alex non era davvero un malvagio. Era un prodotto del suo ambiente, del modo in cui era stato allevato, dell’assoluta indifferenza dei genitori nei suoi confronti.

Come sono state girate le visioni dì Alex  ambientate nell’antica Roma?

Assai rapidamente. Ricordo invece che la prima immagine del film che lui mi aveva raccontato era quella di Alex vestito da centurione che frusta Cristo che avanza sofferente. Aveva in mente ciò che voleva. Ricordo anche l’inquadratura in cui Alex mangia un grappolo d’uva circondato da due donne nude; è stata girata con due ciak, in un piccolo teatro di posa. La scena più lunga da girare è stata quella dell’ospedale, con la psichiatra che spinge il carrello nel corridoio ed entra nella sua stanza per sottoporlo ai test. Dopo quaranta ciak, ho detto a Stanley è noiosissimo, perché non lasci che dica le cose che mi vengono in mente? Lei mi mostra l’immagine d’un uccello e mi dice: «Le piune non sono magnifiche?». E io rispondo: “Cavoli, mutandine”. Poi mi mostra un rapinatore che entra in n camera dove è stesa a letto una donna nuda, e dico: «Cara, non c’è tempo pel dentro fuori. Son venuto solo per verificare il contatore». Era divertente e ovviamente andava molto meglio.

Come sono stati scelti i cinegiornali nazisti per il trattamento Ludovico?

Abbiamo visionato i film di propaganda nazisti più orripilanti. Non ho capito perché Stanley abbia scelto  degli estratti così inoffensivi. Quei bombardieri e quelle truppe tedesche in parata non erano nulla paragonato alle immagini vomitevoli che avevamo visionato.
Scene di Buchenwald e di Auschwitz erano impressionanti, esattamente come quelle girate alcuni anni prima, nel 1936, sui trattamenti inflitti agli ebrei, che erano veramente ignobili. Con Stanley ne abbiamo visionari per ore e ore, e lui non ha scelto gli estratti più forti perché secondo me, voleva raggiungere un pubblico vasto senza sconvolgerlo troppo.

La donna dei gatti è un personaggio assai differente nel romanzo di Burgess.

Nel romanzo è una signora anziana, gentilissima. All’epoca non ero d’accordo con Stanley che la trasformasse in un personaggio così sgradevole. Mi ha spiegato che se volevamo ottenere un minimo di simpatia nei confronti di Alex, bisognava che la donna fosse forte quanto lui. E aveva perfettamente ragione.

Non c’era il serpente nel romanzo.

Lo chiamavo Basil il boa. Bisognava essere piuttosto strani per amare un serpente! Ci intendevamo bene,  ogni  tanto era assai divertente. Quando abbiamo girato la scena in cui dovevo aprire il cassetto ed estrarre il serpente, lui non c’era più! Tutti quanti sono corsi fuori dalla stanza, incluso Stanley, ma il serpente in realtà se ne stava sotto il letto, del tutto inoffensivo.

In quale fase sono stati concepiti i costumi e il trucco?

 
 Era stato tutto stabilito in anticipo, durante i mesi pre produzione. Io abitavo in Church Street, a Kensington,si trovava Biba, un negozio assai di moda alla fine anni Sessanta. Andavano tutti a farvi acquisti. Sono entrato li, c’era uno scaffale lungo un metro pieno di ciglia finte. Ne ho scelte alcune per mostrarle a Stanley, pensando che fosse assai divertente, e in effetti lo ha fatto ridere Mi ha chiesto di provarne una. L’ho messa sul mio destro e lui mi ha fotografato, come faceva sempre, ha fotografato ambedue gli occhi con le ciglia. Il giorno dopo ha guardato le foto e mi ha detto: “Guarda, è perfetto, cominciamo con delle ciglia su un occhio così la gente penserà che c’è qualcosa di strano, che non va senza sapere bene perché...”. Era il suo modo di creare, poi ho utilizzato l’attrezzo che indossavo per proteggere il sesso quando giocavo a cricket. Lui inoltre fece arrivare degli stivali da marine dagli Stati Uniti.

La voce fuori campo è stata registrata dopo la fine delle riprese?

Si è stata un’esperienza stupenda. E’ una specie d’accompagnamento musicale che svolge spesso un ruolo importantissimo nei suoi film. Per la maggior parte degli sceneggiatori è una scappatoia, ma non per lui. Rendere più ricco Arancia meccanica dando calore e simpatia al personaggio. Se si conoscono i suoi pensieri, vi è una dimensione comica che lo fa amare. Abbiamo registrato monologo nel salone di Kubrick, con un microfono Senheiser e un magnetofono Nagra.

Cosa aveva di particolare il modo di lavorare di Kubrick  rispetto a quello di altri registi con cui ha lavorato?

La caratteristica di Stanley era che aveva l’autonomia per fare tutto ciò che voleva. Quando ho lavorato con lui, aveva ottenuto un contratto superbo con la Warner controllava il film totalmente. Poteva impiegarci tutto il tempo che voleva, e quando non era soddisfatto, finché a suo avviso non otteneva la perfezione. Arancia meccanica beninteso non ha avuto una lavorazione lunga come quella del suo ultimo film, però è durata circa nove mesi. 

Intervista tratta da "Kubrick" Michel Ciment ,Edit. Rizzoli 1999
 

 

Playlist film

Arancia meccanica

  • Grottesco
  • Gran Bretagna
  • durata 137'

Titolo originale A Clockwork Orange

Regia di Stanley Kubrick

Con Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Warren Clarke, John Clive

Arancia meccanica

IN TV Sky Cinema Drama

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