“ La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere ” (Franco Basaglia)
Fra qualche giorno dovrò uscire e non avrò più probabilmente la voglia di scrivere queste cose. Mi hanno promesso un televisore a colori. Se ci lasciassero stare sarebbe meglio. Ogni tanto vengono dei gruppi di animazione teatrale che si mettono a fare cose, strane e poi ci dicono che noi facciamo le stesse cose e che noi siamo come loro. Uno ci voleva far costruire degli aquiloni, ma Giovanni si è messo a ridere e a tirare calci e non se ne è fatto niente. Pare che la malattia mentale non esista, ma che vi siano dei condizionamenti nella famiglia e nella società che portano certa povera gente a comportarsi in quella strana maniera. Però certi casi di pazzia, dicono, ci sono, soltanto che non se ne conosce l’origine. Per me ci prendono in giro. Al liceo mi hanno insegnato che è una brutta cosa esprimere l’obscurum con l’obscurius, è questo è vero. Alcuni dicono: “Non sappiamo nulla, ma non è certamente così”. Non le capisco certe cose. Anche il fatto che si afferma che il sano sta peggio del folle è un discorso vecchio come il mondo. Si dice infatti che “i pazzi’ non stanno in manicomio”, e allora cosa si mettono a fare tanti studi, convegni e robe di questo genere se sono cose che già si sanno. Anche il fatto della famiglia è un fatto risaputo. Se uno ha un’educazione sbagliata, o prende botte in casa per delle sciocchezze deve per forza uscirne male o con i nervi a pezzi. E poi mi sono scocciato di , tutta queste gente che ci gira intorno: studenti, sindacalisti, medici e l’altro giorno perfino un consiglio di fabbrica. Ma si facciano i cazzi loro che ne hanno parecchi da smaltire. Adesso con il ritardo di rito delle persone importanti anche i socialisti e i comunisti si stanno interessando a noi. Ma è inutile sono troppo lontani. Ne venne uno il mese scorso, quando ci fu la nevicata, che ogni tanto tirava fuori dalla tasca uno specchietto e si guardava aggiustandosi i capelli. E un’altro, un tipo tarchiato con degli occhiali cerchiati d’oro, che si chiamava Caputo e parlava come Basaglia. Non so cosa dire io certe cose, non le ho mai avute, eppure sono stato male, molto male. Ma è meglio non parlarne e poi è finita. Esco. In effetti non sono molto contento. Qui avevo i miei amici, avevo la ragazza, anche se adesso è stata trasferita, mi ero fatto delle amicizie. C’è Carlo, un infermiere, che mi procura le sigarette americane di contrabbando e ogni tanto qualche rivistina poco educativa. In compenso gli scrivo lettere o faccio dei temi per il figlio che non ha voglia di studiare, non ha tutti i torti. Ho paura di uscire. Per esempio dovrei trovare un lavoro e chi volete che me lo dia. Poi per quello che faccio dovrei stare vicino ai bambini e uno una volta mi disse che aveva paura che dessi dei morsi ai suoi figli. Francamente non ho mai pensato di fare certe cose. E poi il problema non è solo quello di trovare un lavoro: è quello di avere voglia di trovarlo. Con tutti i libri che ho letto qui dentro, vi consiglio un libro del cognato di Marx, si chiama “Il diritto all’ozio’’, bellissimo, con tutti i libri e i discorsi che ti fanno è un non senso andare fuori e entrare in una fabbrica. Mica ho intenzione di votare P.C.I. alle prossime elezioni. Insomma entri “diverso” ed’ esci ancora più diverso, ed allora tanto vale che mi facciano rimanere qui e amen. Ma intanto il dottore mi ha detto che devo uscire perchè devo dimostrare che la malattia non esiste, che ho riacquistato la mia personalità eccetera. Farò anche questo anche se non capisco a chi devo dimostrare certe cose e perché comunque siamo rimasti d’accordo che se non mi va ritorno. E va bene che questa sera sono amareggiato perché domani sarò solo e senza amici, ma questa storia deve finire una volta per tutte. Devianza, malattia, sano, malato e poi tutte quelle virgolette per cui uno che è pazzo, non lo è più se ci metti sopra le virgolette. Noi siamo come: i delinquenti, come i drogati, come le puttane, ci ha detto un francese che è venuto la settimana scorsa. Allora Maria, che ha un sedere quanto una montagna, ha fatto una scorreggia terribile ed è pure caduta dalla sedia. Ci siamo messi a ridere tutti anche il francese e non ho capito perchè. Forse in Francia si scorreggia per fare un complimento. Ma adesso vado è suonata la campanella e si va a mangiare, Carlo ha promesso che portava lo spumante. C’è anche il dottore e sua moglie e forse qualche suo amico. Sono emozionato. Non mi voglio mettere a piangere. Quasi esco dalla finestra, è troppo triste questa faccenda. Ma è meglio di no, poi dicono che non sono guarito o che sono irriconoscente nei confronti del dottore. Va beh come disse quel patriota del risorgimento: “Tiremm innanz”. Grande cosa è la cultura. Anzi mi è venuta in mente una cosa, sennò poi dicono che non mi faccio capire: il titolo è "gli psicofanti", ho sbagliato a scrivere. Tante cose.
Tratto da “Corsivo” (sez. di Taranto) supplemento al n°17 del “manifesto” del 21.11.1978
Regia di Marco Bellocchio, Silvano Agosti, Stefano Rulli, Sandro Petraglia
Documentario girato all'interno dell'istituto psichiatrico di Colorno in provincia di Parma, per sottolineare l'intento dello psichiatra Franco Basaglia di non emarginare i malati mentali in ghetti costrittivi.
Con Lou Castel, Paola Pitagora, Marino Masé, Pier Luigi Troglio, Liliana Gerace
Il film si svolge in un microcosmo chiuso, labirintico, buio e claustrofobico che rinchiude i personaggi incapaci di relazionarsi con l'esterno. Una casa abitata dalla morte, da fantasmi e da deliri che pervadono dal di dentro l'immagine e la realtà.
Con Jessica Lange, Sam Shepard, Kim Stanley, Bart Burns, Anjelica Huston, Rod Colbin
Un atto d'accusa contro le pratiche concentrazionarie e distruttive della personalità di una certa pratica psichiatrica, tanto da rendere necessaria, nei titoli di coda, una nota del Dipartimento per la Salute Mentale della California in cui si precisa che "...le riprovevoli condizioni cui fu sottoposta Frances Farmer non sono rappresentative degli attuali trattamenti nel campo della salute mentale".
Intorno a uno scambio di identità fra un’attrice perseguitata da accessi di follia e l'infermiera che la cura, Bergman ha costruito una delle sue opere più inquietanti,
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