Yilmaz Güney ha fatto un cinema che nasce dall’urgenza di raccontare le condizioni di vita del suo popolo, e il fatto che sia lungamente percorso dal fuoco impietoso della militanza politica non gli ha impedito di coniugare arte e ideologia, di dargli una connotazione “popolare” senza rinunciare all’innovazione dell’estetica cinematografica. Ha dimostrato ampiamente di vivere il suo lavoro come una missione da compiere, come chi crede che il cinema sia uno degli strumenti dati all'uomo per generare sdegno attorno a orrori sconosciuti, di dare testimonianza su realtà dimenticate. Per Güney il cinema doveva servire a far conoscere la realtà turca in tutta la sua multiforme complessità, l'arretratezza del suo regime militare, la condizione delle donne, la questione curda (la prima volta portata sullo schermo con "Yol"), a un mondo miope e interessato solo alle "grandi" storie. La Turchia è stato sempre un paese complesso, stretto tra la sua voglia di concedere anime e corpo alle lusinghe occidentali e l’impossibilità evidente di poter chiudere i conti con il peso delle sue ataviche tradizioni e Yilmaz Güney ha subito sulla propria pelle tutti gli aspetti retrivi del suo sistema politico, con il carcere e la messa al bando delle sue opere (molti suoi film sono andati irrimediabilmente persi). Tra le sue opere fondamentali si ricorda “Umut” (Speranza, 1970), “Dusman”(Il nemico,1979, menzione speciale a Berlino), “Suru” (Il gregge”,1979, Pardo d’Oro a Locarno), “Yol” (La strada, 1982, Palma d’oro a Cannes) e “Le mur” (La rivolta, 1983). Tutti film (a quanto ne so io, solo gli ultimi tre distribuiti in Italia e spero di essere smentito) che, nel mentre si muovono nel solco della tradizione, guardano all’esperienza europea buttando lo sguardo verso le più moderne tecniche di ripresa. Ricorda Kendal Nezan, un intellettuale kurdo esiliato a Parigi dal 1968 e vicino agli ambienti della sinistra francese, che Güney per il suo lavoro si era ispirato molto a "Vittorio De Sica e al neorealismo italiano. Cercava di essere un testimone della sua società. Cercava di portare sullo schermo i problemi sociali culturali, nazionali di diversi settori della popolazione. (...). Diceva sempre che non si potevano girare film come slogan politici. (...). Bisogna raccontare la storia e lasciare che la gente tragga le sue conclusioni. Un grande autore da riscoprire.
Con Tarik Akan, Halil Hergün, Necmettin Cobanoglu, Serif Sezer
Nel carcere governativo dell'isola turca di Imrali, cinque detenuti ottengono una licenza di otto giorni. Possono cosi recarsi dalle loro famiglie, ognuno con dei conti da dover regolare. Seguendo le orme degli uomini il film diventa un viaggio attraverso la condizione politica e sociale della Turchia, dentro l'endemica contraddizione di un paese che guardava all'occidente ma rimaneva prigioniero delle sue ataviche usanze. Un film sontuoso.
Con Tuncel Kurtiz, Ayce Emel Mesci, Malik Berrichi, Nicolas Hossein
Ispirato a una sommossa avvenuta nel 1976, quando lo stesso Yilmaz Güney era in galera, "Le mur" è la cronaca delle nefandezze compiute nel carcere turco di Ankara e la rivolta di cui si parla è quella fatta per chiedere condizioni di vita più umane. Un paradigma d'eccellenza del cinema "carcerario". Tremendamente bello e urgentemente da recuperare.
Con Tarik Akan, Tuncel Kurtiz, Melike Demirag, Levent Iranir
Sürü, 1978), è la storia di una famiglia di pastori curdi che tenta di vendere il suo gregge ad Ankara. Pensato e scritto da in carcere, il film è stato diretto dal suo assistente Zeki Ökten. Il gregge è la storia di un viaggio impossibile verso la modernità che ricalca molto da vicino gli stilemi e i contenuti del nostro neorealismo.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta