Non è stato un regista prolifico, Andrej Tarkovskij. In ventotto anni di carriera, infatti, la sua filmografia conta soltanto undici lavori: un corto, Gli assassini, due mediometraggi, Oggi non ci sarà libera uscita e Il rullo compressore e il violino, sette lungometraggi, L'infanzia di Ivan, Andrej Rublëv, Solaris, Lo specchio, Stalker, Nostalghia e Sacrificio, e, infine, un documentario realizzato per la televisione, Tempo di viaggio, in cui vengono svelati i segreti della lavorazione di Nostalghia. Eppure, sebbene non sia stato un autore fecondo, Tarkovskij è riuscito comunque a lasciare un segno indelebile nella Storia del Cinema. Amante del piano sequenza, tecnica con la quale dilatava il tempo della narrazione (cosa che gli ha procurato non pochi detrattori), “ossessionato” dall’acqua (un elemento sempre presente nei suoi film, specialmente in Stalker), Tarkovskij, che negli anni Settanta si è cimentato anche come regista teatrale mettendo in scena l’Amleto di Shakespeare, è stato artefice di un cinema tanto meraviglioso e intrigante quanto ostico e respingente. E’, insomma, uno di quei cineasti che si amano (tra coloro che lo adorano ci sono personaggi del calibro di Gus Van Sant, Béla Tarr, Wim Wenders, Lars von Trier e Aleksandr Sokurov, che da molti è considerato come l’erede naturale di Tarkovskij) o si odiano senza mezze misure. Figlio di un poeta, Arsenij Aleksandric Tarkovskij, e di una tipografa, Marija Ivanovna Visnjakova Tarkovskaja, Andrej Arsenevic Tarkovskij nasce il 4 aprile del 1932 a Zavroze, Ivanovo. Dopo aver trascorso l'infanzia a Peredelkino, un paesino nei dintorni di Mosca, da ragazzo frequenta il liceo; in quel periodo sviluppa una forte passione per due arti che segneranno la sua futura carriera di cineasta: la pittura (diventerà un grande ammiratore delle opere di Albrecht Durer, Leonardo da Vinci, Hieronymus Bosch, Pieter Bruegel e Rembrandt Harmenszoon van Rijn) e la musica (brani di compositori del livello di Giovan Battista Pergolesi, Henry Purcell, Maurice Ravel, Claude-Achille Debussy, Giuseppe Verdi, Wilhelm Richard Wagner, Johann Sebastian Bach e Ludwig van Beethoven faranno parte delle colonne sonore dei suoi film). A ventidue anni lavora come geologo raccoglitore in Siberia, esperienza che gli dà modo di vivere a contatto con la natura, la quale, al pari della musica e della pittura, giocherà un ruolo fondamentale nei suoi film. Quando, nel 1956, ritorna a Mosca, si iscrive alla più prestigiosa scuola sovietica di cinema, il VGIK, dove segue il corso di regia diretto da Mikhail Romm. Mentre studia per diventare regista, realizza tre film, il primo dei quali è un cortometraggio, Gli assassini, ispirato a The Killers di Ernest Hemingway, in cui Tarkovskij, oltre a condividere la regia con Marika Beiku e Aleksandr Gordon, interpreta il piccolo ruolo di un cliente che entra nel locale in cui si svolge gran parte della storia. A questo interessante esordio, seguono due mediometraggi altrettanto validi, Oggi non ci sarà libera uscita (codiretto con Aleksandr Gordon), che racconta di un gruppo di sminatori impegnato nel difficile compito di far brillare alcuni ordigni inesplosi della Seconda Guerra Mondiale, e Il rullo compressore e il violino, grazie al quale Tarkovskij consegue il diploma in regia. Pur non essendo esente da difetti, quest'ultima opera, che narra la tenera e profonda amicizia tra un bambino, Saša, aspirante violinista, e un operaio, Sergej, addetto al rullo compressore, ha il merito di mettere in luce le notevoli doti dell'autore, che peraltro verranno confermate in misura ancora maggiore nel film successivo, L'infanzia di Ivan, vincitore del Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia (ex aequo con Cronaca Familiare di Valerio Zurlini). Paradossalmente, il premio ottenuto da questo splendido film, che racconta, a colpi di vorticosi e spericolati movimenti di macchina, in un magico incastro tra realtà e sogno, di un ragazzino rimasto solo al mondo, Ivan, che si ritrova alle prese con gli orrori della guerra, anziché portargli benefici, gli procura non poche noie con la censura del sistema sovietico, che non gradisce il tono lirico che permea la pellicola, con la quale il regista si distacca nettamente del realismo socialista in voga all’epoca. La sua opera seguente, Andrej Rublëv, solenne biografia del monaco pittore di icone la cui vita viene raccontata attraverso otto capitoli - Il buffone, Teofane il Greco, La Passione secondo Andrej, La festa, Il Giudizio Universale, La scorreria, Il silenzio, La campana - più un prologo e un epilogo, a seguito dei problemi sopra citati, uscirà dai confini nazionali soltanto nel ’69, ossia tre anni dopo la sua realizzazione; al Festival di Cannes di quell'anno, il film, ritenuto da molti come il capolavoro assoluto di Tarkovskij, nonostante venga presentato con alcuni tagli, vincerà il premio FIPRESCI. Nel '72, Tarkovskij realizza Solaris, ispirato all’omonimo romanzo di uno scrittore polacco, Stanislaw Lem: uno psicologo, Kris Kelvin, viene incaricato di raggiungere una stazione scientifica situata vicino a un pianeta, Solaris, che ha il potere di materializzare i sogni di coloro che vi si recano. Magistralmente fotografato da Vadim Jusov, Solaris è uno degli esiti più alti del corpus cinematografico di Tarkovskij, che però considerava tale film come il suo meno riuscito, perché, parole sue, "non ho potuto eliminare del tutto il rapporto con il genere fantascienza". Premiato con il Gran Premio della Giuria a Cannes, in Italia la suddetta pellicola esce in una versione che non rende giustizia all'originale, a causa delle manomissioni operate dal produttore, Dino De Laurentiis, che taglia 50 minuti di girato (praticamente viene sacrificata tutta la prima parte, quella ambientata sulla Terra), e di un doppiaggio, curato da Dacia Maraini, che stravolge completamente i dialoghi. Soltanto qualche anno fa, grazie ad un'ottima edizione in dvd edita dalla General Video, che ha ripristinato la durata integrale (165 minuti) dell'opera in questione, proponendo inoltre una corretta sottotitolazione dei dialoghi, ci è stato possibile ammirare questo straordinario film in tutta la sua magnificenza. Due anni dopo Solaris esce Lo specchio: mediante una narrazione complessa, la pellicola propone un criptico ma affascinante viaggio in cui il passato dell’Unione Sovietica si mescola ai ricordi personali dell’autore, che probabilmente firma il lavoro più arduo della sua intera carriera. Nessun dubbio, invece, sulla grandezza dell’opera susseguente, Stalker: tratto da Picnic sul ciglio della strada di Arkadij e Boris Strugackij (autori anche della sceneggiatura), la storia ha come protagonisti tre personaggi, uno Stalker, un intellettuale e uno scienziato, questi ultimi due rispettivamente soprannominati “Scrittore” e “Professore”, che tentano di addentrarsi nella “Zona”, una landa abbandonata al cui interno sembra che ci sia una Stanza in grado di esaudire i desideri più reconditi. Tra colore e bianco e nero, ambientato in paesaggi invasi dall’acqua ripresi attraverso rapinosi e interminabili piani sequenza, Stalker trascende il genere da cui parte, la fantascienza, finendo col diventare una mirabile riflessione sulla vita, la fede e la vacuità degli esseri umani. Dopo quattro anni di silenzio, Tarkovskij torna alla regia nell'83, per dirigere Nostalghia. Girato nel nostro Paese, scritto dal regista stesso con la collaborazione di Tonino Guerra, storico sceneggiatore di Federico Fellini e Michelangelo Antonioni, questo film segue le peregrinazioni in Italia di uno scrittore, Andrej Gorcakov, intenzionato a fare luce sulla vita di un compositore russo del ‘700, Pavel Sosnovskij, morto suicida; pur non essendo privo di fascino, a causa di una storia eccessivamente ermetica, Nostalghia non convince pienamente. Ciononostante, vincerà il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, a pari merito con L'argent di Robert Bresson. Nostalghia, inoltre, segna il definitivo distacco di Tarkovskij dall'Unione Sovietica; in una conferenza stampa, infatti, egli dichiara pubblicamente di non voler più tornare nella sua patria. Passano altri tre anni prima di vedere un nuovo film di Tarkovskij: Sacrificio, difatti, esce nell‘86. Girato in Svezia, dietro invito di un altro gigante della Settima Arte, Ingmar Bergman (che definì il suo collega “il più grande di tutti”), l’ultima pellicola del maestro russo narra la storia di uomo, Alexander, che entra in crisi esistenziale dal momento in cui viene a sapere dell'imminente scoppio di una guerra mondiale: pur di salvare i suoi familiari, egli fa voto di sacrificare tutto ciò che possiede. Quando verrà a sapere che la notizia relativa al conflitto era falsa, non esiterà a mantenere fede alla sua promessa. Enigmatico, sfarzoso e poetico, magnificamente fotografato da Sven Nykvist, Sacrificio, elogiato e criticato in egual misura dagli addetti ai lavori, è senza dubbio il film-testamento del grande Tarkovskij, il quale muore, a 54 anni, stroncato da un cancro, il 28 dicembre dell’86. La morte precoce gli ha impedito di trasporre in immagini l'Amleto di William Shakespeare, La tentazione di Sant'Agostino di Gustave Flaubert e L'idiota di Fedor Michajlovic Dostoevskij (a tal proposito, lo stesso Tarkovskij una volta ebbe a dire: "Adoro Dostoevskij, ma come filmare L'idiotadopo Kurosawa?"), e di realizzare film biografici basati sulle vite di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann e San Francesco. Progetti affascinanti, ai quali Tarkovskij teneva molto; peccato che la vita non gli abbia concesso il tempo per concretizzarli.
Al suo esordio nel lungometraggio, Tarkovskij firma un film di una bellezza sconvolgente. Stupende tutte le sequenze oniriche, e affascinante lo stile di regia ricco di movimenti di macchina.
Con Anatolij Solonicyn, Ivan Lapikov, Nikolaj Grinko, Nikolay Sergeev, Irina Tarkovskaya
In streaming su CG Collection Amazon channel
Al suo secondo lungometraggio, Tarkovskij riesce nell’impresa di realizzare un’opera ancora più bella della precedente. Magistrale l’uso del Cinemascope. Un film solenne.
Il film meno bello di Tarkovskij. Tra chilometrici piani sequenza e simbolismi di difficile interpretazione (famosa la scena in cui il protagonista attraversa la piscina tenendo in mano una candela accesa), il regista firma un’opera che attrae e respinge al tempo stesso. Notevole la fotografia di Giuseppe Lanci.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta