John Landis è regista discontinuo, in parabola discendente, che ci si augura non irreversibile, da diverso tempo. Dopo l'esordio col demenziale Slok con cui, nonostante la povertà di mezzi, dimostrò notevole abilità nel parodiare horror di serie B, e il frammentato ma sguaiatamente mirato Ridere per ridere, fece il botto nel '78 con Animal House e due anni dopo con TheBlues Brothers, sui quali è persino oramai inutile soffermarsi.Con Un lupo americano a Londra sorprende per la riuscita fusione, lungo un'apparente sottilissima linea di confine, tra commedia e horror, con una sequenza iniziale che ne è l'assioma. Alterna poi negli anni film di pura comicità, debordante ed esagerata come in Una poltrona per due o con toni da film d'azione come nel pregevole Tutto in una notte, ad opere inferiori, tipo Spie come noi e I tre amigos, che pure mostrano qualche lampo di sano e assurdo umorismo, e al furbo Il principe cerca moglie, con cui cerca di rinnovare, invano, i fasti di Una poltrona per due. Tra gli insulsi Oscar e Beverly Hills Cop III, gira il cult Amore all'ultimo morso, in cui ibrida con irriverenza l'horror e i mafia-movies, ed è il canto del cigno. Due giorni fa, al festival del cinema di Roma ha attaccato gli studios americani, rei di avergli stravolto Blues Brothers 2000, e che gli propongono solo film che lui non vuole fare; da qui la decisione di andare in Gran Bretagna, dove "si fanno alcune delle cose migliori". E' infatti di produzione britannica quello presentato a Roma: si tratta di Burke and Hare, con il quale dovrebbe tornare agli antichi splendori delle commedie horror. Potrebbe rivelarsi una clamorosa sorpresa nell'asfittico e monotono menù cinematografico recente; promette, per il cast (quasi interamente british) con Simon Pegg e Andy "Gollum" Serkis nelle vesti dei protagonisti, e con Tom Wilkinson, Tim Curry e Christopher Lee in altri ruoli; per l'ambientazione, la gotica Edimburgo dell'800, e per la trama, ispirata ad una storia vera: quella di William Burke e William Hare, due irlandesi che, tra il '27 e il '28, riforniscono di cadaveri ingorde scuole di medicina, i cui studenti bramano furiosamente la dissezione di corpi umani per studiare l'anatomia. I due dapprima si dedicano alla spregevole arte di profanare tombe, poi saltano il fosso (e la fossa), procurando loro stessi merce fresca, semplicemente ammazzando persone e divenendo così dei serial killers. La trama mi ha subito riportato alla memoria "Il ladro di cadaveri" (tit. or. The Body-Snatcher), un inquietante ed esemplare racconto del 1884 di Robert Loius Stevenson, noto ai più, ingiustamente, solo per "L'isola del tesoro " e "Lo strano caso del dr. Jekill e mr. Hyde". In tale opera, Stevenson fa anche riferimento all'esecuzione di Burke e ad un fantomatico signor K. (ossia il dr. Knox), l'insegante di medicina dei due protagonisti del racconto, già portato sullo schermo nell'eccelso "La jena" per la regia di Robert Wise e con gli immensi Boris Karloff e Bela Lugosi.
Di seguito si riporta un significativo passo del racconto di Stevenson.
"L'Uomo della Risurrezione, per usare un soprannome di quel tempo, non si fermava davanti a nessuna delle barriere poste dalla pietà comune. Faceva parte del suo commercio disprezzare e dissacrare le lapidi e gli ornamenti delle vecchie tombe, i sentieri tracciati dai piedi dei fedeli e dei piangenti, le offerte e le iscrizioni degli affetti perduti. Nel rustico circondario, dove l'amore è più tenace del solito e dove legami di sangue e di comunanza uniscono tutta la società di una parrocchia, il ladro di cadaveri, lungi dall'essere respinto dal rispetto naturale, era attratto dalla facilità e dalla sicurezza del compito. Ai corpi che erano stati deposti nella terra, in gioiosa attesa di un ben diverso risveglio, giungeva quella resurrezione frettolosa, a lume di lanterna e piena di angosce, della vanga e del piccone. La bara veniva forzata, strappato il sudario, e i melanconici resti avvolti in una tela di sacco, dopo esser stati sballottati, per ore lungo viuzze oscure, venivano infine esposti alla massima offesa davanti a una classe di ragazzotti a bocca aperta. Come due avvoltoi che piombano sull'agnello morente, Fettes e Macfarlane si avventavano su di una tomba di quel verde e tranquillo luogo di eterno riposo. La moglie di un fattore (...) stava per essere sradicata dalla sua tomba a mezzanotte e portata, morta e nuda, in quella città (...); le sue membra innocenti e quasi venerande sarebbero state esposte a quell'ultima curiosità dell'anatomista."
In missione per conto di Dio, con la musica del Diavolo. L'unico "musical" che vale la pena di vedere, gustare e di cui impararne a memoria le battute, da recitare come un mantra salvifico per la propria anima corrotta. E quando Aretha Franklin inizia ad intonare "Respect", il Bene e il Male cessano lo scontro.
Con Anne Parillaud, Robert Loggia, Anthony LaPaglia, Chazz Palminteri
L'assunto è strepitoso quanto folle. La realizzazione è eccezionale, e il cast al massimo della forma, su cui svettano una perfetta Anne Parillaud e un diabolico Robert Loggia. Da (ri)vedere assolutamente!
Già questo ambientato in Inghilerra e nelle sue maledette e leggendarie brughiere. Da antologia la trasformazione in lupo mannaro, ad opera del mago degli effetti speciali Rick Baker.
Qui Landis si ritaglia la parte del maldestro agente iraniano. Gags senza soluzione di continuità in una travolgente cavalcata notturna, da ricordare anche per gli occhi insonni dell'uomo comune Jeff Goldblum e per la bellezza della Pfeiffer.
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