“Dolce esibizionista del nulla”. Cosi Giulio Ferroni, scrittore, critico e storico della Letteratura, archivia Baricco. Finanche troppo cortese, considerando a quanti, ed in che misura, stia sulle scatole il creatore della Scuola Holden. Baricco rimane un fenomeno letterario inviso ai più. Al limite del “si ama o si odia”. Difficile, invece, che provochi indifferenza. Certo la mia netta collocazione nel gruppo del “si ama” rende forzata qualsiasi parvenza d'obiettività. Come potrebbe apparire forzata una play su tale sito anche se, in realtà, la prima prova cinematografica del Nostro, Lezione Ventuno, lo integra di diritto nella categoria registi (Film.), una delle migliori trasmissioni televisive degli ultimi anni, Totem, porta la sua firma (tv.), ed in più la sezione di scrittura creativa della sua Scuola Holden (Holdenlab) maramaldeggia sul web (.it). Tanto per dire che il Baricco su Film.tv.it ci s'incastra per benino... Baricco conosce le corde sensibili. Posso commuovermi leggendo un Baricco. posso accedere in un mondo dalle mille entrate, perchè tante ne forgia Baricco, “esibizionista” di quel “nulla” plasmato dalla sensibilità dello scrittore: ”Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere. Verifichi se esso protenda le radici nel profondo del suo cuore. Confessi a se stesso: morirebbe se le fosse negato di scrivere? Questo, soprattutto: si domandi nell'ora più quieta della sua notte: devo scrivere? Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice “io devo”, questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità.” (Rainer Maria Rilke, Lettere a un giovane poeta) “La lettera di Rilke, per uno che scrive, è importante e bellissima. Andrebbe imparata a memoria. Ci sono delle cose anche commoventi, lì dentro, che non sapremmo tanto spiegare. Per uno che scrive non dovrebbe importare il resto, il successo, i soldi, che cosa dicono il vicino o la fidanzata: uno che scrive dovrebbe essere un mondo autonomo. E' una cosa che, detta in quel modo elegante, è commovente...” (Alessandro Baricco) E Baricco un mondo autonomo lo è, ed a tanti non va giù, Baricco crea lui lo spazio, la musica, il tempo, l'odore della pagina e quello della camera dove viene assaporato. Crea nuovo senso al tatto, nuovi orizzonti all'occhio affogato di riga imprevista e nuova percezione a cuore e mente subbugliati al solo fruscio di pagina che si volta, ed in libreria, mentre spulciamo scaffali, gli altri libri si autoemarginano, avvertendosi insulsamente di troppo... nei suoi scritti c'è voglia di disarginare oceani di pessimismo ed un attimo dopo, con uno schiocco (lieve) di dita, ripristinare la speranza. Ma c'è di più, c'è la necessità di non perdere mai il senso e la misura di tutto ciò che accade, di non confondere gli entusiasmi con la felicità e tenerli ancorati alla depressione, di non abbattersi di delusioni ma restare aggrappati ad Icaro che costantemente ci fa svolazzare oltre tutte le nubi. “Emblema di un mondo illusoriamente scorrevole” a detta di Giulio Ferroni che insiste ancora: “Baricco offre dei prontuari di vita apparente, dei ricami di gesti annaspanti: quei suoi personaggi si pretendono in quanto tali come emblemi della narratività, depositari inesauribili di storie (…), tutta l'opera di Baricco è percorsa dall'autocontemplarsi delle storie, un singolare nichilismo buonista e mediatico, narcisista e combinatorio, che ha tanto successo perché va incontro alla brama di illusione, di proiezione estetica facile e dolce, di spettacolo leggero ed evanescente, di progressismo senza destinazione e senza contraddizione, della buona coscienza culturale contemporanea. Abbiamo bisogno di tessuti diversi (con evidente riferimento a Seta n.d.r.) “ Ma noi cerchiamo proprio questo da Baricco, vogliamo renderci indistinti e spiazzati “..è come vedere vincere il monco, all'ultimo colpo, quattro sponde, una geometria impossibile” (eccolo il Nolan della carta stampata...); mentre l'Hervè di Seta vola in Giappone, sepolto dagli sguardi di un amore simbolico e totalmente immaginato, a frantumare il cuore contro le distanze, noi piccoli Hèlene radicati a Lavilledieu, manchiamo il cardine dell'irrequietezza di Hervè, l'ombra del sogno che lo rende vulnerabile, e rimaniamo a salvaguardare il nostro giardino coi suoi piccoli fiori delicati, salvo vederci lungo alla fine, perchè ci appaghiamo di “sogni/pretese”. Volete toglierci anche le nostre storie adesso? Non vi ci provate.
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