Vabbè, correggo il tiro e riparto con una nuova serie. Visto che i film più sopravvalutati effettivamente, spesso, non erano stati sopravvalutati da nessuno, è meglio che titoli questa, e le successive playlist, i film più brutti. Per chi brutti? Per me, ovvio.
Un pò perchè il simpatico trio tra gambe, domande sulla felicità e i bei tempi di "Mai Dire Gol" qualche, o più, risata l'ha strappata a tutti: però dai, quando 4 episodi su 4 non fanno mai ridere, anche la riconoscenza va a farsi benedire. Dirige Marcello Cesena: ritorni a vestire i panni di Jean-Claude.
Johnny Depp è passabile, tutto il resto no. Dalle manie di grandezza di Tim Burton (che prima gira in 2D e poi trasforma il tutto in tridimensionale) incapace di tenere desta l'attenzione dello spettatore, tra strane creature e luoghi bui che egli, con molta più sapienza, ci aveva già fatto conoscere. La bella Alice pare appena uscita dal coma tanto è inespressiva.
Sveltissimo e coloratissimo, sarebbe bellissimo se fosse un videogioco. Peccato sia un film. Tant'è: i fratelli Wachowski erano già nel mito con la trilogia di "Matrix" (il primo in special modo), e, in fondo, questo passo falso ci poteva anche stare. Però, è un bruttissimo film.
Il periodo che va dal 1967 al 1988 è il più buio per la banda della Walt Disney: oltre ad essere a corto di idee, pare pure poco in sintonia con il proprio pubblico (cioè, i bambini). Questa favoletta moralistica tra un cane e una volpe fa dormire dopo cinque minuti: lenta, leziosa, prevedibile, mai geniale. Tutto ciò che era stata, e che poi sarà, la Disney.
Diciamo le cose come stanno (nonostante Sophie Marceau fosse belloccia): questo filmetto francese fu un pò il "Twilight" di oggi, cioè un brutto film catalogabile nella sezione (sempre ricca, non c'è che dire) "sbandate adolescenziali".
Mah, vi dirò: il primo è decente, il secondo ed il terzo (pur maltrattati praticamente da tutti) secondo il sottoscritto conservano ancora quel fascino malsano che hanno tutti quei film brutti ma "sporchi" (dirty, per dirla all'inglese). Però questo quarto episodio non sta veramente in piedi: è comicità involontaria, a partire da un invecchiatissimo Charles Bronson forse più avvezzo alla coda in posta per ritirare la pensione che alle armi per farsi giustizia da sè.
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