Ho pensato di raccogliere in questa playlist alcuni film di sicuro valore artistico, i quali si distinguono da altri non solo per questa caratteristica, ma anche per il fatto che godono di una circolazione limitatissima, in gran parte dovuta al paese di produzione. E' proprio un peccato che non siano conosciuti di più, perché sono certamente opere che lasciano il segno nello spettatore. Chissà, in alcuni casi potrebbe essere sufficiente un passaggio in tv nel cuore della notte per aprire una breccia nel muro di oblio che li separa da cinefili ed estimatori.
Con Jerzy Radziwilowicz, Krystyna Janda, Ewa Zietek
Il regista è piuttosto noto, ma questo suo capolavoro è scivolato lentamente nel dimenticatoio, complice una tv sempre più meschina (una volta la Rai lo passava ogni tanto la notte) e distributori dvd non sempre sensibili e lungimiranti. E' una storia vera di un eroe del lavoro nella Polonia comunista degli anni '50, il periodo del grande entusiasmo per il nuovo ordine di cose, quando si costruì dal nulla la città operaia di Nowa Huta. Nel contenitore di una regista che realizza un film documentario su di lui, Wajda ricostruisce quel periodo storico e mette senza pietà il dito sulle piaghe del regime del suo Paese: eroi proclamati dal partito con la tromba e subito dopo caduti in disgrazia, spionaggio interno, sparizioni, sabotaggi, oscure trame... La giovane cineasta, mentre cerca materiale sull'eroe del lavoro, si scontra continuamente con reticenze, omertà, imbarazzi, bugie... Gli intervistati si rendono conto che è assurdo osannare una persona e poi imporre che sia "dimenticato" senza un motivo onesto, eppure proprio così ha fatto il partito. Un grande film inchiesta dal ritmo galoppante, che ha molto da insegnare e inchioda alla poltrona.
Con Tarik Akan, Halil Hergün, Necmettin Cobanoglu, Serif Sezer
Una signora di una cera età, non certo cinefila, vide il film è mi disse che lo riteneva uno dei più belli che avesse mai visto. E' una storia intensa e commovente, ambientata nella Turchia orientale, quella dei monti e delle praterie, dove una cultura per certi versi spietata (specie verso le donne) si scontra con le ragioni del cuore del protagonista, un detenuto curdo in libera uscita. Il regista - un anarchico accusato dell'omicidio di un magistrato - si trovava in carcere, e diresse il film per interposta persona. Cosa vuoi che ne sia venuto fuori? Uno potrebbe chiedere. Invece ne uscì un capolavoro, che tra l'altro non sa di anarchia o altre ideologie, ma è semplicemente molto umano. Memorabile l'episodio dell'attraversamento del passo nella neve alta, con lui combattuto se soccorrere o no (come vorrebbe la tradizione) la moglie morente.
Con Guru Dutt, Waheeda Rehman, Kumari Naaz, Mahesh Kaul, Mehmood, Johnny Walker, Veena
Un film struggente sulla vacuità di fama e successo, coadiuvato da ottime musiche, struggenti pure esse. E' la storia di un immaginario regista di Bollywood (ma molto autobiografico per Guru Dutt), dal successo e gli entusiasmi giovanili all'amarezza e disillusione della vecchiaia. In molte scene la commozione può colpire più di qualcuno, tanto più perché non è né finta, né studiata a tavolino. Un grande esempio di cinema indiano, ben fatto tecnicamente, ma il cui pregio principale e saper parlare al cuore.
Con Josef Abraham, Libuse Jafrankova, Zdenek Sverak
Questo film è un gioiellino delle commedia ceca, ed è molto famoso in patria. Offre un umorismo sottile e garbato (che per questo a volte fa ridere molto), e un'ironia non cattiva ma pungente finalizzata a un po' di critica sociale. Racconta di un vero caso di cronaca: un uomo si finge cameriere e va in ristoranti e trattorie a riscuotere il conto dai clienti. Poi taglia la corda. E' ovvio che il gioco non potrà andare avanti all'infinito. Le situazioni spiritose ed esilaranti sono molte, grazie anche a un protagonista perfetto per la parte. Dicono che in italiano si perda per strada qualche battuta e qualche allusione alla realtà locale, ma il film è comunque ben doppiato. Recitano anche due icone del cinema ceco: Zednek Sverak (Kolya) e la bella Libuše Safrankova.
Cecoslovacchia post-invasione sovietica; ovvero: l'incubo di esser spiati in casa propria da cimici piazzate quasi in ogni stanza. E questo non a un noto dissidente e controrivoluzionario, ma ad un membro di discreto calibro del partito comunista. Poi il terrore di cadere in disgrazia per una parola di troppo, per un incauto commento, e di venire epurati. Allora gli amici di prima negheranno di averci conosciuti, o anzi verrà negato che siamo esistiti... Un film angoscioso e claustrofobico che punta il dito senza pietà sui regimi totalitari dell'Europa Orientale, che pretesero di costruire il paradiso sulla terra, ma costruirono l'inferno. Bianco e nero e angoscia come in certi incubi che si fanno. Mi risulta che sia passato solo in visione unica su Raidue negli anni '90. Poi basta.
Con Miha Baloh, Rado Nakrst, Dusa Pockaj, Ali Raner, Joze Zupan
Lui e lei stanno assieme da un po'. Lei è innamorata e in un certo senso lo è anche lui. Tuttavia, un po' perché lei ha qualche hanno più di lui e un po' perché insegue il miraggio di una donna che lo faccia impazzire a letto (molto moderno, no?), si trascina tra dubbi, scrupoli e futili considerazioni. I suoi occhi sono troppo annebbiati per riconoscere il fugace passaggio dell'amore vero e l'unico momento opportuno per coglierlo. Probabilmente piangerà la sua stupidità per il resto della vita. E' un originale melodramma con vari e riusciti episodi onirici e surreali, che perfettamente si inseriscono nei drammi interiori dei due protagonisti. Il tocco del regista e la grande resa degli interpreti rendono indimenticabile questa pellicola, che i critici sloveni considerano il miglior prodotto del loro paese.
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