Il "rigore bressoniano" è la pura essenzialità delle immagini applicata al cinema. Lo sguardo di Robert Bresson è fisso unicamente sull'oggetto della sua indagine e ci porta a capire il "che cosa è successo", non attraverso la lineare concatenazione di un normale rapporto causa-effetto, ma con la rigorosa e voluta estromissione di ogni elemento superfluo, di qualsiasi accadimento che nulla aggiunge all'essenzialità della storia che si intende rappresentare. La sua antispettacolarità non è un mero esercizio di stile, ma un elemento cardine di una poetica che tende, tanto a una purezza dello sguardo che rasenta l'assoluto, quanto a una rivoluzione del linguaggio cinematografico compiuta con la sola materia di cui è fatta la quotidiana esistenza umana. Il cinema di Bresson è continuamente percorso dal senso di Dio nella storia, pervaso da una religiosità negli intenti che è lontano dalla semplice trasposizione di una ritualità estetizzata, che non arriva mai a farsi ricattatoria e men che mai a tradursi in moralismo d'accatto. In esso è continuamente problematizzato, in tutta la sua sofferta complessità, il percorso di fede che conduce l'uomo alla salvazione, un percorso che si risolve sempre in un legame di intima spiritualità tra l'uomo e Dio, in un rapporto simpatetico tra il creato e il suo creatore. Robert Bresson è stato semplicemente uno dei più grandi autori di cinema della storia, con una cifra stilistica unica e inconfondibile, ineguagliata e, probabilmente, ineguagliabile.
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