"Nomi di paesi: il nome", scriveva Proust.. Birmania: nome proibito, che non si può pronunciare. "File interminabili di monaci che camminano silenziosi e risoluti in mezzo a due ali di folla con le loro teste rasate e gli abiti cremisi e arancioni; monaci accovacciati inermi di fronte a militari in assetto antisommossa. Bocche abituate al silenzio coperte da mascherine antilacrimogeni; monaci anziani e giovani feriti, uccisi, imprigionati, bastonati... Il mondo sembra scoprire tragicamente solo in queste ore un intero Paese e, al cuore di esso, i suoi monaci. E, stupito, si chiede quale forza interiore li muova e faccia di loro una leva cui si affida per il proprio riscatto un popolo vessato da un regime dittatoriale. ... Monaci che tenevano ostentatamente rovesciata la propria ciotola, in segno di estrema protesta, come a dire: noi siamo disposti a privarci del cibo, ma priviamo nel contempo questa società ingiusta della via maestra per compiere un’azione meritoria.... il monachesimo è controcultura, cioè cultura altra, minoritaria ma, proprio per questo, capace di svolgere un ruolo determinante ed efficace nel lungo termine. Allora, non chiediamoci per chi e perché manifestano i monaci birmani: essi manifestano anche per noi, avvolti nella miope opulenza del nostro Occidente malato di mancanza di senso. " (Enzo Bianchi, La Stampa, Torino, 28/9/2007) http://www.burma-network.com/index.php http://www.dvb.no/
L’inchiesta che meglio rappresenta il significato di censura ed eliminazione della libertà di stampa. BURMA VJ, Candidato all'Oscar 2010 per il Miglior reportage, racconta la rivoluzione birmana di 3 anni fa attraverso le immagini dei videoreporter clandestini di Democratic Voice of Burma che, rischiando torture e carcere, sono l'unica fonte di informazione da un paese in pugno a una spietata dittatura militare e impraticabile per i giornalisti stranieri. A coordinare un piccolo gruppo di giornalisti muniti solo di telecamere amatoriali e videotelefoni, è Joshua, 27 anni. È grazie a loro che il mondo intero ha potuto vedere le immagini della rivolta dei monaci buddisti, scesi per la prima volta in piazza per guidare i cittadini birmani in una protesta contro il regime. Contrabbandati fuori dalla Birmania, i nastri dei reporter di Democratic Voice of Burma sono diventati il materiale prezioso che il regista Anders Østergaard e i suoi montatori, hanno trasformato in uno dei documentari di denuncia sui diritti umani più forti e importanti degli ultimi anni, come confermato dagli oltre 40 premi vinti nei festival in tutto il mondo e dalla nomination all'Oscar. http://www.report.rai.it/R2_HPprogramma/0,,243,00.html
Con Shoji Yasui, Rentaro Mikuni, Jun Hamamura, Tatsuya Mihashi
Birmania, luglio 1945: un gruppo di soldati giapponesi in ritirata nella giungla. Il giovane Mizushima, per tenere alto il morale dei commilitoni, si fabbrica un'arpa e canta motivi tradizionali della propria terra. Quando giunge la notizia della capitolazione del Giappone e della fine della guerra, Mizushima accetta la missione di far arrendere un gruppo di fanatici suoi compatrioti che, rifugiatisi in una caverna, hanno deciso di continuare a combattere. Il soldato viene trattato da vigliacco e da traditore. Allo scadere dell'ultimatum, molti muoiono sotto il fuoco dell'artiglieria. Mizushima rimane ferito, un prete buddista lo raccoglie e cura le sue ferite dandogli una lezione di umanità.
Con Koji Ishizaka, Kiichi Nakai, Takuzo Kawatani, Atsushi Watanabe
"Ho superato i monti, guadato i fiumi, come la guerra li aveva superati e guadati in un urlo insano. Ho visto l'erba bruciata, i campi riarsi... perché tanta distruzione caduta sul mondo? E la luce mi illuminò i pensieri. Nessun pensiero umano può dare una risposta a un interrogativo inumano. Io non potevo che portare un poco di pietà laddove non era esistita che crudeltà. Quanti dovrebbero avere questa pietà! Allora non importerebbero la guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste nascere alcune lacrime di carità umana. Vorrei continuare in questa mia missione, continuare nel tempo fino alla fine."
Ispirato ad una storia realmente accaduta, Oltre Rangoon è una denuncia del regime militare birmano, attraverso la vicenda personale di una turista americana, la dottoressa Bowman. Il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi vi appare in una scena e la disperata necessità di lottare in prima persona contro l’oppressione e l’ingiustizia in un paese martoriato, oppresso da una feroce dittatura e dove sono negati i più elementari diritti umani, si rivela una magica catarsi per la protagonista.
Con Toshirô Mifune, Eiji Okuda, Kinnosuke Nakamura, Go Kato
Rikyu era un maestro della cerimonia del tè alla corte di Hideyoshi Toyotomi nel Giappone del XVI secolo: si oppose alle politiche espansionistiche del lord, cercando di non infrangere la tradizione. Rikyu fu costretto al seppuku, al suicidio rituale, da Toyotomi Hideyoshi e e nulla fece per sottrarsi al suo destino. Protestando contro l'atto del suo signore daimyo nella forma più semplice possibile: avviandosi alla morte senza concedere nulla alla debolezza, alla fragilità umana. Dei due fu Rikyu il vincitore: Toyotomi morì nel 1958 e nulla rimase del suo sogno egemonico.
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