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RICETTA PER FARE UN BUON FILM POLITICO ITALIANO
di Utente rimosso (Marcello Del Cam ultimo aggiornamento
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Utente rimosso (Marcello Del Cam

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RICETTA PER FARE UN BUON FILM POLITICO ITALIANO

Signor Polpettone, non guardatevi l’ombelico, venite avanti voglio presentarvi ai miei lettori. Lo so che siete modesto e umile perché pensate di essere troppo poco originale, datato, un tantino corrivo: non temete l’abito frusto e liso che indossate, il vostro vecchio eskimo non è così ridicolo come pensate.
Dubito che qualcuno oggi voglia il concentrato di vacuità e la fatuità della quale siete impastato, ma fatevi coraggio: con qualche bella parola che dirò a vostro sostegno qualche veterano del Sessantotto e dintorni potrà tentare l’impresa e voi potrete fare la vostra bella figura.
Andiamo avanti dunque.
Il Polpettone-Cinema-Italiano si fa con gli avanzi:
in primo luogo si prende un pizzico di Porci con le ali, e, toltone il grasso, altrimenti sarebbe indigesto, lo si fa a pezzettini, poi lo si condisce in proporzioni giuste con un pizzico di ribellismo piccolo-borghese, una goccia di genitori repressivi (se sono di destra è meglio), non può mancare assolutamente un po’ di brodaglia misticheggiante (Hare Krishna, Oh Calcutta, Paradisi Perduti New Age) e un mezzo cucchiaio di cinema comme il faut, diciamo soluzioni liofilizzate Nick Ray, Pasolini geneticamente modificato, uno spicchio di vecchio cineforum.
Attenzione a non farvi mancare una buona dose di maledettismo: impastate a casaccio Charlie e Marilyn Manson, Lou Reed (che dà sempre sapore), Allen Ginsberg, Thoreau, Jodorowski, Joplin, Hendrix, Jim Morrison, Nick Drake.
Mescolati gli avanzi condite il tutto e dosatelo in proporzione con molto lotta di classe, slogan, comizi, da-tse-bao, Grateful Dead, assalti all’arma bianca, occupazioni di scuole, presidi autorizzati, poliziotti infami (Come insegna Flaubert: “Polizia: inveire contro.”), genitori che più stronzi non si può.
Attenzione a mescolare bene! Fate in modo cha dall’impasto sia bandita l’ironia, vanno bene il distacco e il disincanto con un grammo di Paolo Virno che deve dare profumo al tutto.
Una volta condito il pastone, rimescolatelo bene con un buon mezzo etto di frasi fatte, tipo morire a vent’anni che cazzo! siamo il sogno della farfalla di Lao Tse, vada in giro vedo gente, la vecchia talpa sta scavando, ecc.
Attenzione a non mescolare il pastone con frasi ironiche o originali: perderebbe di colpo tutto il sapore (e il sopore).
Adesso attenti, viene il difficile: bisogna dare all’impasto una forma tondeggiante e aggraziata.
Fate in questo modo: infilate nella poltiglia personaggi che emanino un buon profumo, che siano assolutamente incredibili, mettiamo uno che sa fare bene il giovane, ribelle a tutto, incasinato, alcolista, sieropositivo, diversamente abile, omosessuale, comunista, ebreo, poi un po’ di donne, magari due gemelle (fa tanto Donna che visse due volte).
Non deve mancare un luogo di riunione, una casa, magari una casa di Irene (che significa pace e rimanda all’evergreen di Nico Fidenco) dove ci vanno tutti i disastrati per sostenersi a vicenda.
Va bene anche infarcire con un po’ di amori frustrati, clandestini; non deve mancare il terapeuta fagioliano né il prete spretato, obbligatorie le canne, un po’ di Cocabuton o di assenzio, meglio dell’eroina che è passata di moda, il profumo Baudelaire sarà vintage ma funziona.
Fate in modo che tutti gli ingredienti sembrino poco ordinari (anche se sappiamo che è roba andata a male), altrimenti si rischia la schifezza.
Siamo quasi alla fine: indi friggere nel lardo o nell’olio e vedrete che morbido com’era prima, l’impasto diverrà sodo e saprà di aria fritta.
Tolto dalla padella, prima di mandarlo a tavola sugli schermi, legatelo con due frullate finali: la degenerazione della contestazione giovanile, l’inizio del terrorismo, la morte di tutti i personaggi, tranne, ahimè, quella del regista.
A parte fate una salsa in una cazzarolina: comunità terapeutiche, analisi auto indulgenti, languori esistenziali.
Infine, versate la salsa sul polpettone e, dopo averlo girato, rivoltatelo su tutti i vassoi-cinema italiani.
Per non sciuparlo, pagate un po’ di critici della nouvelle cuisine (ce n’e sempre uno nelle gazzette e va bene anche Tommaso Labranca di FilmTv) che induca lo spettatore-assaggiatore a digerirlo.
(Variazione sulla ricetta Numero 315, Il Polpettone di Pellegrino Artusi)    
 

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