Spesso il cinema si affida alla vita di grandi personaggi per raccontare e raccontarsi. Il problema delle biografie è che è facile risultino banali o appaiano come un racconto cronologico di fatti e cose, magari concentrandosi sull'artista e non sulla società che lo circonda, mitizzando certi aspetti, prendendosi libertà che lo rendano poco credibile, sacrificando la storia vera per il cinema o viceversa. Insomma fare un film biografico non è facile e apre sempre mille dibattiti perché trovare il giusto equilibrio non è mai facile. Per esempio
di Milos Forman racconta la vita del grande Mozart. La scelta, in questo caso, è quella di costruire un film basandosi molto sui miti e le leggende che hanno circondato il genio del grande artista. Il risultato, dal punto di vista cinematografico, è secondo me ineccepibile. A parte la risata insopportabile che hanno appioppato a Mozart i doppiatori italiani (mi chiedo se nella lingua originale fosse altrettanto idiota), il film è costruito sul mito del genio, sulla rivalità di Mozart e Salieri, sulla leggenda del Requiem e dell'uomo vestito di nero che torna a fargli visita come fosse mandato dalla Morte in persona. La storia e i carteggi del Maestro ci svelano in realtà l'inattendibilità di tutti questi espedienti che però, in quanto tali, al cinema funzionano bene e permettono di costruire una biografia avvincente e ben confezionata. Al contrario
di Marco Tullio Giordana romanza la vita di Peppino Impastato con un taglio quasi documentaristico. Lo stile di Giordana è sempre quello, anche in Pasolini: un delitto italiano il suo approccio era molto asciutto. Il film riesce a trasmettere mille emozioni e può aiutare a comprendere e a capire come funzionano certe cose. E' chiaro che un film del genere sacrifica, per forza, un po' di cinema alla storia vera, sebbene alcuni fatti siano stati ritoccati per necessità di copione. Un risultato imbarazzante, invece, l'ha ottenuto con
Con Robert Downey jr., Dan Aykroyd, Geraldine Chaplin, Marisa Tomei, Nancy Travis
Richard Attenborough perché non ha saputo fare sua la storia di Chaplin e il film risulta una successione di eventi forse un po' fredda. A me questo film è piaciuto, ma non posso negare che lo stesso regista in Gandhi ottenne un risultato decisamente più riuscito. Quello che mi colpì di più di Charlot fu il finale, il grande omaggio al suo cinema e al mondo che seppe creare, oltre agli insegnamenti che ci ha umanamente lasciato. Forse la vita di Chaplin è stata talmente grandiosa per un uomo da diventare un soggetto troppo difficile da realizzare al cinema senza fargli qualche torto. Uno dei miei film biografici preferiti è
Con Danny DeVito, Jim Carrey, Courtney Love, Paul Giamatti
merito sia di Forman, sia del bravissimo Jim Carrey che danno insieme vita a un personaggio unico. Kaufman era indubbiamente un artista molto geniale e Carrey ne ha saputo cogliere l'essenza, mentre Forman ha saputo raccontarne la vita con lo stesso spirito e la stessa genialità. D'altronde già il titolo annuncia un taglio tutt'altro che documentaristico e il risultato dal punto di vista cinematografico, ancora una volta, è ineccepibile. Una biografia spettacolare è quella raccontata in
da Mel Gibson dove la storia di William Wallace viene ricoperta di sentimento e di battaglie epiche in cui il regista trova la sua migliore espressione. Gibson ha fatto la scelta giusta, in questo caso, non solo per il soggetto che ha scelto, ma perché ha saputo scegliere la materia che sapeva trattare meglio e il risultato si vede. Infine, citando un regista italiano,
di Riccardo Milani deve alla bravura di Kim Rossi Stuart l'esito del film. La storia di Luca Flores è affascinante, ma il film sembra concentrarsi più che sul suo talento artistico sui suoi problemi personali e questo penalizza molto l'artista di cui si parla. Forse romanzare un po' di più e cercare di essere meno oggettivi avrebbe dato un altro spessore alla pellicola. Infine menziono una biografia fantasiosa,
dove Tim Burton ci mostra un uomo che ha raccontato la propria vita attraverso il filtro della fantasia dando solo una versione alterata della verità. E' quello che fa il cinema ogni volta che deve rappresentare in un film la biografia di un eroe, un mito o un artista. Quella che potremmo chiamare "licenza cinematografica" è forse indispensabile per produrre un film che non risulti banale, noioso o didascalico e che possa trasmetterci per forza qualcosa. Resta secondo me vero che nessun film biografico possa essere ritenuto inutile, perché comunque può incuriosire (per me è stato così con The Aviator) e può spingere ad approfondire un argomento, un contesto storico o sociale, per individuare quante cose può fare un uomo se ha talento, volontà e un'estrema fiducia in se stesso.
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