L'amore finché morte non ci separi, secondo me, non è una condizione naturale dell'essere umano. L'uomo per sua natura non è monogamo, ma avrebbe rapporti liberi con chiunque lo affascini e lui senta di amare. Il matrimonio è quindi, in quest'ottica, una scelta che deve essere rinnovata giorno dopo giorno, occasione dopo occasione e per questo la fedeltà è una qualità per cui nutro grande rispetto. L'ho sempre pensata così e ho sempre creduto che la poligamia fosse la condizione naturale dell'essere umano. Di recente invece ho letto un interessantissimo articolo sul National Geographic che parlava degli Hadza, una tribù della Tanzania che non ha modificato il proprio modo di vivere in maniera significativa rispetto a quello che era probabilmente il primo homo sapiens. In questa tribù si vive ancora di caccia e dei frutti della natura, non si è introdotta una struttura sociale organizzata come la nostra, né - elemento fondamentale, probabilmente - l'agricoltura. In questa società uomo e donna hanno pari dignità e non esistono regole, i figli sono cresciuti ed educati dalla collettività e le persone sono monogame seriali, alcune addirittura monogame a vita. Avevo quindi sbagliato supposizione e questo mi rallegra. Probabilmente, mi viene da pensare, non tutto ciò che viviamo è solo una costrizione dettata dagli usi sociali e magari possiamo pensare di essere come le rondini e vivere nella nostra famiglia la nostra personalità. Tuttavia se non riusciamo a perseguire la conoscenza di noi stessi in un amore infinito, credo dovremmo vivere con tranquillità la nostra atavica monogamia seriale senza nasconderci né sentirci in colpa per questo.
Con Woody Allen, Bette Midler, Paul Mazursky, Bill Irwin, Daren Firestone
Il cinema all'infedeltà deve molto, credo che di opere sul tema se ne potrebbero trovare a bizzeffe. Ma mi viene da chiedermi, questo non è poi un riflesso della nostra vera natura? E allora, perché nascondersi dietro un dito?
E dopo la menzogna cosa resta? Solo tanta amarezza, la necessità di ricostruire una propria verità che non è quella insegnata a casa o nei libri o al catechismo, ma è quella dell'esperienza e della disillussione, due denari da pagare per accrescere la consapevolezza di sé, i propri limiti e le proprie emozioni.
La cosa che secondo me ha del paradossale, negli usi della nostra società, è che promettiamo la fedeltà in eterno, eppure sappiamo che questa non solo è una condizione innaturale, ma oltretutto è una promessa che si appoggia esclusivamente sulla nostra coerenza e forza di volontà. Malgrado questa consapevolezza, promettiamo come se questa fosse una scelta naturale o controllabile dal nostro intelletto e così dipendiamo da una fiducia incondizionata verso l'altro. E quando questa fiducia viene meno, la dipendenza si trasforma in gelosia.
Il tradimento, oltretutto, non è solo necessariamente fisico. Il tradimento è prima di tutto mentale. Quindi, se anche la nostra forza di volontà, le nostre convinzioni o, più banalmente, il caso fanno sì che noi non tradiamo fisicamente, come possiamo pensare di controllare razionalmente ciò che di razionale - l'innamoramento - non ha niente? In questo film viene detto: non possiamo ipotecare il futuro. Correttissimo, secondo me, perché chi ha appena finito di fare una promessa non è già più lo stesso che l'ha fatta. Come pretendere l'impossibile?
Questo titolo mi piace perché mostra un'aspirazione che ha una sua fine. Non vedo una soluzione diversa dal rinnovare il nostro amore quotidianamente e solo così possiamo prolungarne la durata tendendo all'eterno. Altrimenti avrà anche lui la sua fine, come tutto.
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