Ci sono dei film che non ho mai avuto la fortuna di vedere e reperirli a volte non è proprio facile. Alcuni mi sono consigliati da amici. Capita spesso, infatti, che un amico ti dica: hai visto quel film? E' proprio bello, guardalo se ti capita. E io: volentieri, se mi capita lo guarderò. Ma poi finisce sempre che non mi capita e non riesco mai a vederlo. Però ho promesso a me stesso che prima o poi lo cercherò e lo guarderò. In fondo il bello delle promesse è archiviarle e disattenderle mille volte per sentirsi un uomo migliore quando poi vi si presta fede.
Vivamente consigliatomi dal mio collega Giovanni-Luca-Marco-Matteo, da oggi rinominato in CiakLuca che mi ha pure prestato il DivX per convincermi a vederlo, senza sapere che io i DivX non li vedo per inadeguatezza tecnologica. Allora una collega di mia moglie, anche lei sostenitrice del film, ci ha regalato il DVD. La domanda: quando mi deciderò a vederlo? Spero presto...
Con Ivan Triesault, Paul Muni, Merle Oberon, Cornel Wilde
su suggerimento di Neve Che Vola che si è prodigato in mille consigli, ma in questa playlist metto questo perché è davvero pieno di musiche bellissime. Però devo dire che anche "La nanerottola diabolica" ha un titolo invitante...
@Neve che vola: vedo che la partita ti ammorba, quindi torno all'origine del discorso :D Sono d'accordo sul fatto che un consiglio, se non richiesto, può essere molesto, più o meno per le ragioni che hai elencato tu, anzi toglierei il più o meno. Una persona che insiste a dirmi che devo vedere un film (o l'opposto, che non devo vederlo) probabilmente suscita in me una reazione contraria. Ma se uno mi parla con entusiasmo di un film e mi dice, insomma se ti capita guardalo perché ne vale la pena, boh, questa forma di consiglio non mi dà fastidio, forse perché il suo è un'esplicitare ciò che mi ha detto prima e probabilmente non ha neanche cercato di dirmi che il suo punto di vista fosse quello giusto, ma ha semplicemente riportato ciò che ha provato e che potrebbe essere differente da ciò che proverei io, anzi di sicuro sarebbe così. E' un po' come nella vita: noi conosciamo le persone e le vediamo sotto il nostro punto di vista, attribuendo a loro cose che magari non farebbero o direbbero mai, perché attribuiamo alle persone, che sono nostre proiezioni, il nostro modo di agire e pensare. Così è un film: se uno mi dice che un film l'ha fatto riflettere su un tema e argomenta i pensieri, le riflessioni, i messaggi che gli sono arrivati, è probabile che possa conquistare la mia curiosità, tuttavia non è detto che ai miei occhi quel film, quando e se lo vedrò, darà lo stesso messaggio, mi farà provare le stesse emozioni o comunicherà alla stessa maniera. Questo perché un film non è solo un'oggettiva proiezione che arriva dall'eidophor, ma nell'ambito della nostra percezione è probabilmente una proiezione che arriva anche da noi stessi. Tutto questo per dire che è talmente soggettivo il rapporto con la vita e, in questo discorso, col cinema che è evidente che ogni consiglio può risultare inutile e quindi secondo me è innocuo se non pretende la ragione, ma solo un dire: a me è piaciuto, se lo vedi dimmi se è piaciuto anche a te, per cercare un argomento comune su cui confrontarsi, in modo tale da potere misurare se stessi e la propria percezione della realtà. Credo che in quest'ottica un consiglio possa essere uno strumento per comprendere anche qualcosa in più di sé. Mentre invece capisco assolutamente il fatto che non tutti vogliano conoscere la storia o il finale di un film, tanto più che a volte, come in The others per esempio, conoscere il finale rovinerebbe davvero il film, l'avrebbe rovinato anche a me! Quindi, per riassumere il mio comportamento: non consiglio se non l'ho già fatto con le parole e ho trovato un riscontro positivo da parte dell'ascoltatore (il che è come chiudere con una frase scontata un discorso già ampiamente chiaro); non svelo il finale, né la storia, senza avere avuto il consenso da parte di chi mi ascolta. :D
@Neve che vola: per consiglio intendo "ieri ho visto il film xy, mi ha colpito per xyz, te lo consiglio perchè magari piace anche a te!". Quando qualcuno mi dice così io sono solo contenta perchè ho l'occasione di conoscere qualcosa di nuovo che, probabilmente, non avrei conosciuto altrimenti. Può essere uno stimolo in più ad una mia intenzione! Di solito io "consiglio" sempre film o libri ad altri perchè spero che tutto il bene che hanno fatto a me possano farlo a loro...con questo rispondo anche alla tua domanda sulla condivisione: se un libro mi ha fatto conoscere nuove emozioni, sono felice di poterle condividere con un altro (che magari ha conosciuto il libro grazie a me, che a mia volta l'ho conosciuto in precedenza da terzi) insomma...è tutto un giro, si formano una catena e un passaparola che possono essere costruttivi.
Secondo me non è costruttivo fare il bastian contrario e dire "non vedo questo film solo perchè mi hai detto di vederlo". Riconosco di aver esposto il mio ragionamento in modo poco organico...ma spero di essere stata chiara quanto basta! Ciao!
@cantautoredelnulla: Diciamo che ho sbagliato ad argomentare e ad impostare il discorso in questo modo. Diciamo pure: impedisco a chicchesia di parlare di un film che non ho visto, lo fermo subito, quindi difficilmente si creerà la situazione adatta a farlo rotolare dalla gioia o vomitare con tutti gli annessi e connessi; non si tratterà nemmeno più di esplicitare l'evidenza con un consiglio, perchè non ci sarà nessuna evidenza. Cioè: se un film ti è piaciuto e non l'ho visto, evita sia di rotolarti dalla gioia che di vomitare, non voglio sapere la tua opinione neanche lontanamente. Non voglio neppure sentirti respirare, e neppure che tu faccia l'apnea; pussa via, insomma. Evita perfino di incrociare il mio sguardo, dal quale potrei capire se il film ti sia piaciuto oppure no. La cosa migliore sarebbe che tu non esistessi. Visto che esisti... c'è un tale, un ragazzo di 24 anni che sono costretto a maltrattare. E' lui che mi cerca, non io. Sono arrivato a dirgli: "Se vuoi avere un rapporto con me, dimenticati di avere dei diritti. Tu non hai alcun diritto, nemmeno di parlare a meno che non te lo dica io. Non puoi neppure annuire e neppure dissentire con la testa, talvolta dovrai tenerti ogni obiezione per te, a costo di scoppiare. Anzi, la parola "obiezione" non esisterà più nel tuo vocabolario, ti sarà concesso solo un silenzio pregno di obbedienza. Nella tua testa potrai pure maledirmi e prendermi a calci, a casa tua potrai giocare a freccette col mio ritratto, ma se stai con me lo fai ai miei patti." Tant'è, dice che gli va bene, ma poi non rispetta i patti. Per cui, ecco lo scambio di messaggi sms che portarono ad una rottura:
"Ciao, si tratta solo di questo: non ho più piacere di avere a che fare con te, per cui ti riporterò i cd e i dvd. Abbi pazienza ma non abbiamo niente da dirci, in passato ti spiegai come stavano le cose, vedo che è fiato sprecato. Non ho bisogno di farmi della rabbia, per cui semplicemente mi tutelo. Neve Che Vola".
Ed ecco la risposta:
"Vado all'essenza delle cose io mi spiace un sacco ma se così stanno le cose pazienza. Sono stato sempre molto sincero con te, è un problema tuo quindi. Sono io che non ho nulla da condividere con chi non sa dare valore alle persone, dei cd e dei dvd non me ne frega un cazzo. Tieniteli. 14.1.09 21.56"
Ed io:
"Mi fa piacere che tu l'abbia presa bene. Grazie per i cd, tu però ricordati di riportarmi il libro e lo xilofono. Neve Che Vola".
Per un pò ha resistito, ed io sono stato benissimo. Quando gli passavo accanto, aveva lo sguardo severo. Un giorno un mio amico è venuto a dirmi: "X dice se potete riappacificarvi", al che ho risposto "Non c'è bisogno di riappacificarsi, semplicemente deve stare ai miei patti". Inutile dire che, dopo un primo periodo, tradì nuovamente i patti. Capisco la durezza inusuale degli stessi (non li ho esagerati, sono proprio quelli che gli ho fatti), ma tu spiegami perchè ha voluto riappacificarsi? Perchè è un masochista? Non me lo sembra affatto... E' convinto che io sia depositario di chissà quale sapere, ma chi mai glielo ha messo in testa? Non importa quello che so, posso benissimo essere più gretto e meschino del peggiore degli uomini, ma se vieni da me e dici che hai tanto da imparare da me, allora va bene, taci e rispetta la tua definizione dei rapporti. Io non vengo da te a dirti "insegnami, o Maestro!", ma se ci venissi e ti dicessi : "Insegnami , o Maestro!", tenterei di rispettare la mia parola. E se tu mi facessi patti altrettanto duri, sarei libero di accettarli oppure no. Potrei dirti "Sei pazzo, vai a quel paese", ma se ti dicessi "Va bene", potresti star certo che mi adeguerei, o che farei del mio meglio per adeguarmi. Dai una occhiata ai commessi dei negozi: ti sembrano normali? Nel momento stesso in cui non fanno il loro dovere, accade che tradiscono i patti presi col datore di lavoro - tutti discorsi banali e scontati, lo so, ma non li farei se non conoscessi i miei polli - questo è il punto: non onorano la loro parola. La parola sembra un optional, ci sono solo i loro diritti, poverini. Ho lavorato per due anni in un negozio di dischi, e ti garantisco che non facevo niente di niente. Ma i colleghi, che facevano anche meno, alla fine della giornata - una ragazza in particolare - mi diceva "Abbiamo davvero lavorato oggi, eh?" e non scherzava, ne era convinta. Il loro credo è "diritti, mai doveri". Credi che esageri? Temo l'effetto di retroazione dei consigli: è molto facile che ti venga chiesto se li hai seguiti, sono d'accordo con te se dici che non sei tenuto a seguirli, ma il punto è che si crea una situazione che mette alla prova la parola data. Se dici "Grazie del consiglio", che tu lo segua oppure no, e il consigliere non ti chiede più se l'hai seguito, allora non succede niente; ma vediamo meglio la frase "grazie del consiglio"... cosa vuol dire? Non è implicito tirare in ballo la parola data? Se ti chiede se l'hai mantenuta, il fatto stesso che te lo chieda, tira implicitamente in ballo una questione di parola data e mantenuta oppure non mantenuta. A livello psicologico, si crea questa situazione. Ne "Il tesoro della Sierra Madre" esiste un momento decisivo nell'esplosione dei contrasti tra i tre protagonisti. Quando Tim Holt dice, casualmente "Nessuno ti obbliga a proseguire". E Bogart si alza in piedi "Obbligarmi? Chi può obbligarmi?" Se Holt fosse stato tanto accorto da non sollevare la questione, Bogart non avrebbe avuto appigli di alcun tipo, avrebbe continuato a lamentarsi, ma non avrebbe avuto appigli. Invece Holt commette uno sbaglio: "Nessuno ti obbliga..." , ed è l'inizio della fine. Hai intitolato bene la Play, indicando la questione della promessa. Promettere, dare la parola. Consigliare tira implicitamente in ballo questa questione delicata e capitale del mantenimento della parola, forse non prima che ci sia una verifica se il consiglio sia stato seguito. Prima della verifica, tutto sommato le cose sono ancora inesplose, in seme. Ma la verifica fa germogliare il seme... Per questo, in definitiva, sono nemico dei consigli e li considero pericolosi psicologicamente, una specie di veleno della mente. La cosa che più mi manda in bestia nella vita è il tradimento della parola, e la menzogna. Dico anche - anzi soprattutto - la parola data a sè stessi e non mantenuta, la menzogna verso noi stessi. La salute mentale è proporzionale al grado di sincerità nei propri confronti. Lasciamo perdere gli altri: anche da soli, mentiamo a noi stessi, in buona fede. Questa è la radice della nevrosi, la menzogna. Diciamo cosi': una situazione in cui ci siano in ballo dei consigli è una situazione potenzialmente a rischio. Una specie di richiamo, magari indiretto, alla menzogna.
Analizziamo: uno dice "Ti consiglio di..." e l'altro risponde "Grazie del consiglio". E' una sequenza abituale, quotidiana, applicabile ai più svariati contesti. Ma cosa significa in realtà? Quali sono le implicazioni a livello psicologico? Prendiamo il celebre esempio di ingiunzione paradossale "Sii spontaneo!" E' paradossale in quanto espressa in forma di ordine, ma per essere eseguito quest'ordine deve essere disobbedito. Essere spontanei non può essere ordinato, può solo sorgere da sè, appunto. Quindi, per essere davvero spontanei, non puoi eseguire un ordine. Eppure, cosi' espresso, l'ordine ti impone un atteggiamento che per propria natura non può essere conseguenza di una ingiunzione. La getto li' perchè non sono in grado di spiegarlo, ma forse qualcuno potrà aiutarmi: sbaglio a dire che la sequenza di cui sopra assomigli molto a questa ingiunzione paradossale a causa del modo in cui è espressa? Quali sono le implicazioni psicologiche del consigliare e ringraziare per il consiglio ricevuto?
@Silvia Piccone: grazie delle spiegazioni, in realtà la mia domanda si riferiva al "consiglio" in sè stesso, cioè ti chiedevo in cosa consisteva secondo te l'essenza del consiglio, quali implicazioni psicologiche sottende, non un esempio di applicazione. Stessa cosa per "condivisione". Comunque va bene, noto che a te piace il circolo che si forma e lo consideri una catena costruttiva. Lo è, infatti, a patto che tutti i componenti stiano al gioco. Sono d'accordo con te che fare il "bastian contrario" non sia costruttivo, ma appunto nel caso tu lo faccia con questo spirito di "contraddittore". Io non intendo questo. Voglio semplicemente focalizzare l'attenzione sulle possibile implicazioni che dare e ricevere consigli può assumere, e che secondo me quasi sempre assume. Prima per esempio hai accennato all'orgoglio di chi non vuole consigli, quindi io ho ribaltata la questione, notando che semmai l'orgoglio può essere presente in chi ti da un consiglio. Cioè: da dove deriva l'idea, in colui che consiglia, di poter essere utile a qualcuno consigliando per esempio un film che gli è piaciuto? Tu descrivi questo processo come una "volontà di bene verso qualcuno, il film ha fatto bene a te, speri che lo faccia anche a chi lo consigli", e questa è la molla che ti spinge. La capisco, e se funziona, siamo d'accordo. Non tiene però conto del fatto che il consiglio, per sua natura, contiene una notevole dose di invasività. Noi non sappiamo in quale condizione sia un'altra persona, per quanto amica. Capisco la benevolenza di chi consiglia, ma non sono ben certo che colui che consiglia non intenda usare il consiglio più che altro come strumento per farsi conoscere, piuttosto che animato da una reale volontà di fare il bene altrui. Non so se sono chiaro. Sostengo che la maggior parte delle persone non sia affatto capace di capire in cosa consista questa molla che lo spinge a consigliare - la volontà di fare il bene altrui o di diffondere sè stesso? - , e che chi riceve il consiglio non sia capace di capire cosa accade. "Condivisione" significa condividere cosa? La propria esperienza? Non credo esista il modo di condividere un film... Anche io sento spesso il bisogno di dire al mondo che un film mi è piaciuto, non sono diverso. E ne parlo, sicuramente, ma non dico "te lo consiglio". Se lo dicessi, in maniera magari poco percettibile, ci sarebbe una squalifica alle facoltà dell'altro. Ho espresso la mia gioia, questo testimonia di per sè stesso. L'altro ha l'intelligenza per decidere da sè, no? In definitiva, questa mia tattica di parlare con gioia o meno di un film, fornisce motivi più che sufficienti per mettere in moto l'altro senza toccare minimamente le sue facoltà. In definitiva, consiglio anch'io un film, ma la differenza è che io evito a bella posta di esprimere il consiglio in forma di consiglio. Appoggio un libro sul tavolo, e spero che l'attenzione dell'altro ci cada sopra. Anch'io faccio una azione, appoggio APPOSTA quel libro sul tavolo, ma evito il consiglio. Non so se sono stato chiaro.
Grazie Neve per la tua riflessione che mi permette di riprendere un'idea che mi era passata per la testa al messaggio precedente in cui cercavo di risponderti, ma poi nell'impeto del discorso ho tralasciato. In effetti la domanda più sensata è quella che poi hai posto esplicitamente e cioè qual è la dinamica psicologica che si scatena quando si dà un consiglio e si ringrazia per averlo ricevuto. Il dare un consiglio può essere stimolato da diverse ragioni ed è difficile, dal punto di vista dell'ascoltatore, capire con certezza qual è l'origine di questa scelta, anche perché la percezione dell'ascoltatore è soggettiva. Potrebbe essere l'espressione di un orgoglio personale, un porsi al di sopra degli altri e un pontificare per cercare una affermazione della propria personalità e della propria intelligenza. Se una persona ci sa fare, potrebbe darti tranquillamente un consiglio senza trasmetterti questa sua intenzione. Per contro uno potrebbe darti un consiglio, come già detto, solo per concludere un flusso logico di pensieri che ha già esternato in realtà questo finale. Quello su cui però non mi sono mai fermato a pensare è cosa comporti il ringraziare. Cioè, dal mio punto di vista questo tipo di ringraziamento è semplicemente un riconoscere l'interesse suscitato sulla materia trattata (questo in generale, forse più legato al momento. E allora perché non dire: complimenti, quello che hai detto è sensato e lo trovo interessante? Boh...). Però se provo a pensare all'aspettativa che può avere l'altro, allora mi rendo conto che la mia visione soggettiva potrebbe non comunicare la stessa cosa al mio interlocutore. E giustamente, magari, questo tornerà a chiedermi se ho visto quel film che lui mi aveva consigliato e ancora non saprò decifrare se questa domanda è un cercare una conferma a un'aspettativa, se è la ricerca di un terreno comune di confronto o piuttosto la voglia di vedere affermata la propria capacità persuasiva. Questa è la considerazione che faccio ora, ma davvero non so come potere fugare questo dubbio. Normalmente io non ci penso, tutto lì. Ora però che mi ci hai fatto pensare credo che mi guarderò bene dal dare consigli se non avrò la certezza che quella formula di chiusura di un ragionamento, "te lo consiglio", è solo una formula di chiusura a cui sono affezionato, una fine discorso scontata, ma non un vero cercare di suscitare interesse nell'altro. Tanto che ultimamente non mi va neanche più di parlare della trama di un film, ma quando uno mi dice: voglio vedere quel film, e io rispondo ah l'ho visto (mi è successo di recente con il film di Virzì), se quello mi chiede ti è piaciuto? rispondo dicendo a cosa mi ha fatto pensare, senza fare però riferimenti al film stesso. Certo, la persona che lo va a vedere, a quel punto, potrebbe essere condizionata da quello che gli ho detto, ma potrebbe pensare a quello che gli ho detto solo se trovasse il fil rouge dei miei pensieri e, nella più felice delle ipotesi, quel fil rouge non lo trova e quindi scorderà quello che ho detto. Se però lo trovasse, si tratterebbe di una semplice sintonia. Certo che è davvero una trappola... questo è lo "smolecolamento" delle azioni a cui si riferiva nella tua opinione il buon Lampur? :) Grazie ancora
Sono lieto di vedere che qualcuno si interessa seriamente al problema delle trappole nascoste presenti nelle nostre comunicazioni quotidiane. Non vedo strade migliori da percorrere di questa continua analisi di alcune parole, o frasi, o botta e risposta sospetti. Una parola che, a naso, mi sembra contenere simili pericoli, è "razzismo", non sò, la butto lì.... Alcune parole hanno in sè un elemento che definirei di "paralisi", cioè deciderne il senso non è così immediato come potrebbe sembrare, e se anche le risolviamo con dei trucchi come nel caso di consiglio e risposta al consiglio, agiscono comunque a livello profondo creando confusione (se non proprio paralisi).
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@Neve che vola: vedo che la partita ti ammorba, quindi torno all'origine del discorso :D Sono d'accordo sul fatto che un consiglio, se non richiesto, può essere molesto, più o meno per le ragioni che hai elencato tu, anzi toglierei il più o meno. Una persona che insiste a dirmi che devo vedere un film (o l'opposto, che non devo vederlo) probabilmente suscita in me una reazione contraria. Ma se uno mi parla con entusiasmo di un film e mi dice, insomma se ti capita guardalo perché ne vale la pena, boh, questa forma di consiglio non mi dà fastidio, forse perché il suo è un'esplicitare ciò che mi ha detto prima e probabilmente non ha neanche cercato di dirmi che il suo punto di vista fosse quello giusto, ma ha semplicemente riportato ciò che ha provato e che potrebbe essere differente da ciò che proverei io, anzi di sicuro sarebbe così. E' un po' come nella vita: noi conosciamo le persone e le vediamo sotto il nostro punto di vista, attribuendo a loro cose che magari non farebbero o direbbero mai, perché attribuiamo alle persone, che sono nostre proiezioni, il nostro modo di agire e pensare. Così è un film: se uno mi dice che un film l'ha fatto riflettere su un tema e argomenta i pensieri, le riflessioni, i messaggi che gli sono arrivati, è probabile che possa conquistare la mia curiosità, tuttavia non è detto che ai miei occhi quel film, quando e se lo vedrò, darà lo stesso messaggio, mi farà provare le stesse emozioni o comunicherà alla stessa maniera. Questo perché un film non è solo un'oggettiva proiezione che arriva dall'eidophor, ma nell'ambito della nostra percezione è probabilmente una proiezione che arriva anche da noi stessi. Tutto questo per dire che è talmente soggettivo il rapporto con la vita e, in questo discorso, col cinema che è evidente che ogni consiglio può risultare inutile e quindi secondo me è innocuo se non pretende la ragione, ma solo un dire: a me è piaciuto, se lo vedi dimmi se è piaciuto anche a te, per cercare un argomento comune su cui confrontarsi, in modo tale da potere misurare se stessi e la propria percezione della realtà. Credo che in quest'ottica un consiglio possa essere uno strumento per comprendere anche qualcosa in più di sé. Mentre invece capisco assolutamente il fatto che non tutti vogliano conoscere la storia o il finale di un film, tanto più che a volte, come in The others per esempio, conoscere il finale rovinerebbe davvero il film, l'avrebbe rovinato anche a me! Quindi, per riassumere il mio comportamento: non consiglio se non l'ho già fatto con le parole e ho trovato un riscontro positivo da parte dell'ascoltatore (il che è come chiudere con una frase scontata un discorso già ampiamente chiaro); non svelo il finale, né la storia, senza avere avuto il consenso da parte di chi mi ascolta. :D
@Neve che vola: per consiglio intendo "ieri ho visto il film xy, mi ha colpito per xyz, te lo consiglio perchè magari piace anche a te!". Quando qualcuno mi dice così io sono solo contenta perchè ho l'occasione di conoscere qualcosa di nuovo che, probabilmente, non avrei conosciuto altrimenti. Può essere uno stimolo in più ad una mia intenzione! Di solito io "consiglio" sempre film o libri ad altri perchè spero che tutto il bene che hanno fatto a me possano farlo a loro...con questo rispondo anche alla tua domanda sulla condivisione: se un libro mi ha fatto conoscere nuove emozioni, sono felice di poterle condividere con un altro (che magari ha conosciuto il libro grazie a me, che a mia volta l'ho conosciuto in precedenza da terzi) insomma...è tutto un giro, si formano una catena e un passaparola che possono essere costruttivi.
Secondo me non è costruttivo fare il bastian contrario e dire "non vedo questo film solo perchè mi hai detto di vederlo". Riconosco di aver esposto il mio ragionamento in modo poco organico...ma spero di essere stata chiara quanto basta! Ciao!
@cantautoredelnulla: Diciamo che ho sbagliato ad argomentare e ad impostare il discorso in questo modo. Diciamo pure: impedisco a chicchesia di parlare di un film che non ho visto, lo fermo subito, quindi difficilmente si creerà la situazione adatta a farlo rotolare dalla gioia o vomitare con tutti gli annessi e connessi; non si tratterà nemmeno più di esplicitare l'evidenza con un consiglio, perchè non ci sarà nessuna evidenza. Cioè: se un film ti è piaciuto e non l'ho visto, evita sia di rotolarti dalla gioia che di vomitare, non voglio sapere la tua opinione neanche lontanamente. Non voglio neppure sentirti respirare, e neppure che tu faccia l'apnea; pussa via, insomma. Evita perfino di incrociare il mio sguardo, dal quale potrei capire se il film ti sia piaciuto oppure no. La cosa migliore sarebbe che tu non esistessi. Visto che esisti... c'è un tale, un ragazzo di 24 anni che sono costretto a maltrattare. E' lui che mi cerca, non io. Sono arrivato a dirgli: "Se vuoi avere un rapporto con me, dimenticati di avere dei diritti. Tu non hai alcun diritto, nemmeno di parlare a meno che non te lo dica io. Non puoi neppure annuire e neppure dissentire con la testa, talvolta dovrai tenerti ogni obiezione per te, a costo di scoppiare. Anzi, la parola "obiezione" non esisterà più nel tuo vocabolario, ti sarà concesso solo un silenzio pregno di obbedienza. Nella tua testa potrai pure maledirmi e prendermi a calci, a casa tua potrai giocare a freccette col mio ritratto, ma se stai con me lo fai ai miei patti." Tant'è, dice che gli va bene, ma poi non rispetta i patti. Per cui, ecco lo scambio di messaggi sms che portarono ad una rottura:
"Ciao, si tratta solo di questo: non ho più piacere di avere a che fare con te, per cui ti riporterò i cd e i dvd. Abbi pazienza ma non abbiamo niente da dirci, in passato ti spiegai come stavano le cose, vedo che è fiato sprecato. Non ho bisogno di farmi della rabbia, per cui semplicemente mi tutelo. Neve Che Vola".
Ed ecco la risposta:
"Vado all'essenza delle cose io mi spiace un sacco ma se così stanno le cose pazienza. Sono stato sempre molto sincero con te, è un problema tuo quindi. Sono io che non ho nulla da condividere con chi non sa dare valore alle persone, dei cd e dei dvd non me ne frega un cazzo. Tieniteli. 14.1.09 21.56"
Ed io:
"Mi fa piacere che tu l'abbia presa bene. Grazie per i cd, tu però ricordati di riportarmi il libro e lo xilofono. Neve Che Vola".
Per un pò ha resistito, ed io sono stato benissimo. Quando gli passavo accanto, aveva lo sguardo severo. Un giorno un mio amico è venuto a dirmi: "X dice se potete riappacificarvi", al che ho risposto "Non c'è bisogno di riappacificarsi, semplicemente deve stare ai miei patti". Inutile dire che, dopo un primo periodo, tradì nuovamente i patti. Capisco la durezza inusuale degli stessi (non li ho esagerati, sono proprio quelli che gli ho fatti), ma tu spiegami perchè ha voluto riappacificarsi? Perchè è un masochista? Non me lo sembra affatto... E' convinto che io sia depositario di chissà quale sapere, ma chi mai glielo ha messo in testa? Non importa quello che so, posso benissimo essere più gretto e meschino del peggiore degli uomini, ma se vieni da me e dici che hai tanto da imparare da me, allora va bene, taci e rispetta la tua definizione dei rapporti. Io non vengo da te a dirti "insegnami, o Maestro!", ma se ci venissi e ti dicessi : "Insegnami , o Maestro!", tenterei di rispettare la mia parola. E se tu mi facessi patti altrettanto duri, sarei libero di accettarli oppure no. Potrei dirti "Sei pazzo, vai a quel paese", ma se ti dicessi "Va bene", potresti star certo che mi adeguerei, o che farei del mio meglio per adeguarmi. Dai una occhiata ai commessi dei negozi: ti sembrano normali? Nel momento stesso in cui non fanno il loro dovere, accade che tradiscono i patti presi col datore di lavoro - tutti discorsi banali e scontati, lo so, ma non li farei se non conoscessi i miei polli - questo è il punto: non onorano la loro parola. La parola sembra un optional, ci sono solo i loro diritti, poverini. Ho lavorato per due anni in un negozio di dischi, e ti garantisco che non facevo niente di niente. Ma i colleghi, che facevano anche meno, alla fine della giornata - una ragazza in particolare - mi diceva "Abbiamo davvero lavorato oggi, eh?" e non scherzava, ne era convinta. Il loro credo è "diritti, mai doveri". Credi che esageri? Temo l'effetto di retroazione dei consigli: è molto facile che ti venga chiesto se li hai seguiti, sono d'accordo con te se dici che non sei tenuto a seguirli, ma il punto è che si crea una situazione che mette alla prova la parola data. Se dici "Grazie del consiglio", che tu lo segua oppure no, e il consigliere non ti chiede più se l'hai seguito, allora non succede niente; ma vediamo meglio la frase "grazie del consiglio"... cosa vuol dire? Non è implicito tirare in ballo la parola data? Se ti chiede se l'hai mantenuta, il fatto stesso che te lo chieda, tira implicitamente in ballo una questione di parola data e mantenuta oppure non mantenuta. A livello psicologico, si crea questa situazione. Ne "Il tesoro della Sierra Madre" esiste un momento decisivo nell'esplosione dei contrasti tra i tre protagonisti. Quando Tim Holt dice, casualmente "Nessuno ti obbliga a proseguire". E Bogart si alza in piedi "Obbligarmi? Chi può obbligarmi?" Se Holt fosse stato tanto accorto da non sollevare la questione, Bogart non avrebbe avuto appigli di alcun tipo, avrebbe continuato a lamentarsi, ma non avrebbe avuto appigli. Invece Holt commette uno sbaglio: "Nessuno ti obbliga..." , ed è l'inizio della fine. Hai intitolato bene la Play, indicando la questione della promessa. Promettere, dare la parola. Consigliare tira implicitamente in ballo questa questione delicata e capitale del mantenimento della parola, forse non prima che ci sia una verifica se il consiglio sia stato seguito. Prima della verifica, tutto sommato le cose sono ancora inesplose, in seme. Ma la verifica fa germogliare il seme... Per questo, in definitiva, sono nemico dei consigli e li considero pericolosi psicologicamente, una specie di veleno della mente. La cosa che più mi manda in bestia nella vita è il tradimento della parola, e la menzogna. Dico anche - anzi soprattutto - la parola data a sè stessi e non mantenuta, la menzogna verso noi stessi. La salute mentale è proporzionale al grado di sincerità nei propri confronti. Lasciamo perdere gli altri: anche da soli, mentiamo a noi stessi, in buona fede. Questa è la radice della nevrosi, la menzogna. Diciamo cosi': una situazione in cui ci siano in ballo dei consigli è una situazione potenzialmente a rischio. Una specie di richiamo, magari indiretto, alla menzogna.
Analizziamo: uno dice "Ti consiglio di..." e l'altro risponde "Grazie del consiglio". E' una sequenza abituale, quotidiana, applicabile ai più svariati contesti. Ma cosa significa in realtà? Quali sono le implicazioni a livello psicologico? Prendiamo il celebre esempio di ingiunzione paradossale "Sii spontaneo!" E' paradossale in quanto espressa in forma di ordine, ma per essere eseguito quest'ordine deve essere disobbedito. Essere spontanei non può essere ordinato, può solo sorgere da sè, appunto. Quindi, per essere davvero spontanei, non puoi eseguire un ordine. Eppure, cosi' espresso, l'ordine ti impone un atteggiamento che per propria natura non può essere conseguenza di una ingiunzione. La getto li' perchè non sono in grado di spiegarlo, ma forse qualcuno potrà aiutarmi: sbaglio a dire che la sequenza di cui sopra assomigli molto a questa ingiunzione paradossale a causa del modo in cui è espressa? Quali sono le implicazioni psicologiche del consigliare e ringraziare per il consiglio ricevuto?
@Silvia Piccone: grazie delle spiegazioni, in realtà la mia domanda si riferiva al "consiglio" in sè stesso, cioè ti chiedevo in cosa consisteva secondo te l'essenza del consiglio, quali implicazioni psicologiche sottende, non un esempio di applicazione. Stessa cosa per "condivisione". Comunque va bene, noto che a te piace il circolo che si forma e lo consideri una catena costruttiva. Lo è, infatti, a patto che tutti i componenti stiano al gioco. Sono d'accordo con te che fare il "bastian contrario" non sia costruttivo, ma appunto nel caso tu lo faccia con questo spirito di "contraddittore". Io non intendo questo. Voglio semplicemente focalizzare l'attenzione sulle possibile implicazioni che dare e ricevere consigli può assumere, e che secondo me quasi sempre assume. Prima per esempio hai accennato all'orgoglio di chi non vuole consigli, quindi io ho ribaltata la questione, notando che semmai l'orgoglio può essere presente in chi ti da un consiglio. Cioè: da dove deriva l'idea, in colui che consiglia, di poter essere utile a qualcuno consigliando per esempio un film che gli è piaciuto? Tu descrivi questo processo come una "volontà di bene verso qualcuno, il film ha fatto bene a te, speri che lo faccia anche a chi lo consigli", e questa è la molla che ti spinge. La capisco, e se funziona, siamo d'accordo. Non tiene però conto del fatto che il consiglio, per sua natura, contiene una notevole dose di invasività. Noi non sappiamo in quale condizione sia un'altra persona, per quanto amica. Capisco la benevolenza di chi consiglia, ma non sono ben certo che colui che consiglia non intenda usare il consiglio più che altro come strumento per farsi conoscere, piuttosto che animato da una reale volontà di fare il bene altrui. Non so se sono chiaro. Sostengo che la maggior parte delle persone non sia affatto capace di capire in cosa consista questa molla che lo spinge a consigliare - la volontà di fare il bene altrui o di diffondere sè stesso? - , e che chi riceve il consiglio non sia capace di capire cosa accade. "Condivisione" significa condividere cosa? La propria esperienza? Non credo esista il modo di condividere un film... Anche io sento spesso il bisogno di dire al mondo che un film mi è piaciuto, non sono diverso. E ne parlo, sicuramente, ma non dico "te lo consiglio". Se lo dicessi, in maniera magari poco percettibile, ci sarebbe una squalifica alle facoltà dell'altro. Ho espresso la mia gioia, questo testimonia di per sè stesso. L'altro ha l'intelligenza per decidere da sè, no? In definitiva, questa mia tattica di parlare con gioia o meno di un film, fornisce motivi più che sufficienti per mettere in moto l'altro senza toccare minimamente le sue facoltà. In definitiva, consiglio anch'io un film, ma la differenza è che io evito a bella posta di esprimere il consiglio in forma di consiglio. Appoggio un libro sul tavolo, e spero che l'attenzione dell'altro ci cada sopra. Anch'io faccio una azione, appoggio APPOSTA quel libro sul tavolo, ma evito il consiglio. Non so se sono stato chiaro.
Grazie Neve per la tua riflessione che mi permette di riprendere un'idea che mi era passata per la testa al messaggio precedente in cui cercavo di risponderti, ma poi nell'impeto del discorso ho tralasciato. In effetti la domanda più sensata è quella che poi hai posto esplicitamente e cioè qual è la dinamica psicologica che si scatena quando si dà un consiglio e si ringrazia per averlo ricevuto. Il dare un consiglio può essere stimolato da diverse ragioni ed è difficile, dal punto di vista dell'ascoltatore, capire con certezza qual è l'origine di questa scelta, anche perché la percezione dell'ascoltatore è soggettiva. Potrebbe essere l'espressione di un orgoglio personale, un porsi al di sopra degli altri e un pontificare per cercare una affermazione della propria personalità e della propria intelligenza. Se una persona ci sa fare, potrebbe darti tranquillamente un consiglio senza trasmetterti questa sua intenzione. Per contro uno potrebbe darti un consiglio, come già detto, solo per concludere un flusso logico di pensieri che ha già esternato in realtà questo finale. Quello su cui però non mi sono mai fermato a pensare è cosa comporti il ringraziare. Cioè, dal mio punto di vista questo tipo di ringraziamento è semplicemente un riconoscere l'interesse suscitato sulla materia trattata (questo in generale, forse più legato al momento. E allora perché non dire: complimenti, quello che hai detto è sensato e lo trovo interessante? Boh...). Però se provo a pensare all'aspettativa che può avere l'altro, allora mi rendo conto che la mia visione soggettiva potrebbe non comunicare la stessa cosa al mio interlocutore. E giustamente, magari, questo tornerà a chiedermi se ho visto quel film che lui mi aveva consigliato e ancora non saprò decifrare se questa domanda è un cercare una conferma a un'aspettativa, se è la ricerca di un terreno comune di confronto o piuttosto la voglia di vedere affermata la propria capacità persuasiva. Questa è la considerazione che faccio ora, ma davvero non so come potere fugare questo dubbio. Normalmente io non ci penso, tutto lì. Ora però che mi ci hai fatto pensare credo che mi guarderò bene dal dare consigli se non avrò la certezza che quella formula di chiusura di un ragionamento, "te lo consiglio", è solo una formula di chiusura a cui sono affezionato, una fine discorso scontata, ma non un vero cercare di suscitare interesse nell'altro. Tanto che ultimamente non mi va neanche più di parlare della trama di un film, ma quando uno mi dice: voglio vedere quel film, e io rispondo ah l'ho visto (mi è successo di recente con il film di Virzì), se quello mi chiede ti è piaciuto? rispondo dicendo a cosa mi ha fatto pensare, senza fare però riferimenti al film stesso. Certo, la persona che lo va a vedere, a quel punto, potrebbe essere condizionata da quello che gli ho detto, ma potrebbe pensare a quello che gli ho detto solo se trovasse il fil rouge dei miei pensieri e, nella più felice delle ipotesi, quel fil rouge non lo trova e quindi scorderà quello che ho detto. Se però lo trovasse, si tratterebbe di una semplice sintonia. Certo che è davvero una trappola... questo è lo "smolecolamento" delle azioni a cui si riferiva nella tua opinione il buon Lampur? :) Grazie ancora
Sono lieto di vedere che qualcuno si interessa seriamente al problema delle trappole nascoste presenti nelle nostre comunicazioni quotidiane. Non vedo strade migliori da percorrere di questa continua analisi di alcune parole, o frasi, o botta e risposta sospetti. Una parola che, a naso, mi sembra contenere simili pericoli, è "razzismo", non sò, la butto lì.... Alcune parole hanno in sè un elemento che definirei di "paralisi", cioè deciderne il senso non è così immediato come potrebbe sembrare, e se anche le risolviamo con dei trucchi come nel caso di consiglio e risposta al consiglio, agiscono comunque a livello profondo creando confusione (se non proprio paralisi).
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