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WRITERS BEHIND THE NEW NOIR MOVIES (UNA RIPROPOSTA NECESSARIA)
di Utente rimosso (Marcello Del Cam ultimo aggiornamento
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Utente rimosso (Marcello Del Cam

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WRITERS BEHIND THE NEW NOIR MOVIES (UNA RIPROPOSTA NECESSARIA)

RIPROPONGO UNA PLAY DEL 4 MARZO DEL 2009 – LA MIA PRIMA PLAY (IL MIO NICKNAME ERA “ROLLO TOMASI” – DA JAMES ELLROY) PERCHÉ L’HO CONSERVATA DOPO AVERLA CANCELLATA (ED ESSERE USCITO DA FILM TV). SI TRATTA DI UNA PLAY MOLTO RIUSCITA SUL SIGNIFICATO DI “NOIR”. RINGRAZIO ANCORA FIXER E BILLYKWAN PER LE PREZIOSE ‘INCURSIONI’.    
 
4 marzo 2009 di rollo tomasi
 
 
WRITERS BEHIND THE NEW NOIR MOVIES
 
Chi c'è dietro il noir? Quale scrittore si cela dietro il noir? Dei classici sappiamo tutto: Cornell Woolrich (aka William Irish) dietro molti film di Hitchcock; David Goodis dietro La fuga di Delmer Daves, La luna nel rigagnolo di Jean Jacques Beinex, Strada senza ritorno di Sam Fuller; di Raymond Chandler sono Il grande sonno di Howard Hawks, Marlowe poliziotto privato di Dick Richard, Il lungo addio di Robert Altman, ecc; di Dashiell Hammett si occuparono John Huston e Wim Wenders; di John Ross Mc Donald (da non confondere con John D. MacDonald) Stuart Rosenberg, di James Hadley Chase, Robert Aldrich; di Mickey Spillane, ancora Aldrich; di Ed McBain, addirittura Akira Kurosawa… Mi fermo qui: la lista è lunga. Oltre agli autori citati da me, ci sono Jeffery Deaver, James Ellroy, Jean-Christophe Grangé, Deon Meyer e molti altri. A mio parere i capolavori del neo-noir sono: Manhunter (Michael Mann da Thomas Harris), Il silenzio degli innocenti (Jonathan Demme da Thomas Harris), Mystic River (Clint Eastwood da Dennis Lehane), L.A. Confidential (Curtis Hanson da James Ellroy), Indagine ad alto rischio (Joseph B. Harris da James Ellroy).

COMMENTI 

  5 marzo 2009, 20:10 di billykwan
 
Sempre da Lehane ricorderei il recente "Gone Baby Gone" con un sorprendente Ben Affleck alla regia. Relativamente al noir classico che citi nell'introduzione ti rimando alla mia play "Book in noir". Bye
 
5 marzo 2009, 22:41 di rollo tomasi
 
Ho letto la tua playlist - mi piace. Non sono d'accordo con Fixer: “Il grande sonno” è l'archetipo del noir e secondo me l'unico film/calco che può stargli alla pari (lasciando fuori l'insuperabile per chiunque “Touch of Evil”) è “Chinatown” di Roman Polanski che nella tesissima sceneggiatura di Robert Towne riprende il garbuglio del plot faulkneriano e finanche i tic di Bogart (il passarsi il dito sulle labbra sarà ripreso anche da Belmondo in “Fino all'ultimo respiro”). Naturalmente è difficile parlare del noir senza rischiare di scrivere un saggio, per quanto ne siano stati scritti molti. Inoltre, forse sarebbe meglio trasgredire le regole auree del genere, allargando l'orizzonte a film nei quali non ci sia necessariamente l'"aura" del noir classico (scenari brumosi, dark lady, belles dames sans mercy, ecc). Ecco allora che alla tua play aggiungerei “Detour” di Ulmer, “Criss Cross” di Siodmack, “Le forze del male” di Polonski, “La chiave di vetro” di Stuart Heisler (da Hammett su sceneggiatura del grande Jonathan Latimer), poi un noir (questo sì davvero nerissimo) del sottovalutato Joseph H. Lewis, “La sanguinaria”, infine “Il bacio della morte” di Hathaway, ecc.
 
10 marzo 2009, 14:26 di fixer
 
Posso provocare? Il noir, per me, è uno stile, un rivoluzionario modo di "illuminare" la realtà. E quindi, metterei in primo piano chi ha "inventato" un nuovo modo di usare la mdp. e quindi non potrei non citare John Alton, James Wong Howe e Nicholas Misuraca. Poi è un genere che ha un tema centrale: un destino già segnato; è il fato a guidare l'uomo e non viceversa. E quindi, nell'universo noir, tutto è prestabilito e deciso. Occorre quindi basarsi sui writers che adottano quest'ottica e mi riferisco, in particolare, a James Cain e Raymond Chandler (anche se con qualche perplessità) e pochi altri. Un ruolo importante lo copre la musica e credo che Miklos Rosza sia il più innovativo, seguito poi da Bernard Herrmann. Ma i veri creatori del noir sono i registi mitteleuropei. Il noir ha stretti legami con l'espressionismo tedesco e le paure, gli incubi e le angosce vengono portate di peso a Hollywood proprio da questi registi: Wilder, Preminger, Lang, Siodmak, Ulmer, Dieterle, Polonsky e Anthony Mann. Il noir è il genere meno americano di tutti e quello con più debiti europei. In effetti, il noir è un genere sovversivo che non ha nulla a che vedere con lo studio system e i suoi happy end. Il noir è un genere che sovverte il modo di fare e pensare il cinema e irride le sicurezze e le sicumere di una società che si crogiola nelle sue false sicurezze. Il noir è un pugno nello stomaco che cerca di far pensare e che poi finisce, purtroppo, per essere fagocitato dal calderone tritatutto della fabbrica dei sogni. Alcuni all-americans riuscirono, per la loro intelligenza e versatilità, a calarsi in questo genere (e cito a spanne Delmer Daves e, un po’, ma solo un po’ Hawks). L'ultimo a esercitarsi in questo genere fu Welles che era forse il meno americano di tutti e lo fece con L'INFERNALE QUINLAN che segna la fine del vero noir. Dopo, c'è ben poco. Si accettano discussioni!
 
 
10 marzo 2009, 18:51 di fixer
 
Aggiungo una riflessione su IL GRANDE SONNO che tu Rollo consideri un noir. Ho visto diverse volte questo film e mi sento di ripetere ancora una volta che si tratta di un gran bel film ma non di un noir. Se assumiamo il postulato che il poliziesco non è per forza un noir e che il noir va oltre il genere poliziesco e si spinge su terreni imprevedibili (cfr. il western NOTTE SENZA FINE) e li accomunano il crimine e la trasgressione, dovremmo assumere anche che non ci può essere noir senza Severitas. Il tono deve essere cupo, gli ambienti soprattutto chiusi e illuminati in orizzontale. Ma allora che ci fa Hawks in tutto questo? Hawks era un uomo straordinariamente allegro, faceto, arguto e non soffriva certo delle depressioni ed angosce che attanagliavano i registi mitteleuropei in fuga dal nazismo. Hawks è il re della commedia e, dato che è un geniaccio, gli riesce a meraviglia anche il thriller, il western, il poliziesco, il war-movie. Un vero genio. Ma il noir, no, caro Rollo, qui non ti seguo più. Per fare un noir devi avere nelle budella un guazzabuglio fatto di rabbia, angoscia, pessimismo e quant'altro. Hawks si diverte a fare film, mentre per fare un noir si soffre dentro e ci si arrabatta e affanna per trovare l'inquadratura che ci renda inquieti, la luce che ci metta sulla difensiva, un'atmosfera che ci faccia piombare nell'incubo. Il bello è che lo si doveva ottenere non grazie ai vampiri, agli schizzi di sangue, ecc ma ad un'inopinata discesa nei propri scantinati mentali. Val Lewton era riuscito nei suoi film a far paura senza far mai vedere "il mostro": questa tecnica è contemporanea e vicina al noir, ma non ne ha le basi culturali e storiche, però ha quelle psicologiche. Ciò che fa paura è ciò che non si vede. Il nazismo era un mostro che non si vedeva chiaramente, agli inizi del nazismo, e i registi emigrati a Hollywood scelsero questa tecnica non a caso.
 
 
10 marzo 2009, 23:12 di rollo tomasi
 
Fixer, la mia opposizione al concetto di "genere" può sicuramente avermi portato fuori strada e il tuo commento efficace, oltre che molto ben scritto, si rifà alla nozione canonica di "noir". La mia contrarietà alla nozione di "genere" nasce dall'antipatia che nutro per le classificazioni in campo letterario come in quello cinematografico, quindi è possibile, anzi certissimo, che IL GRANDE SONNO non sia ascrivibile al "noir" secondo la codificazione di "genere". Il concetto di genere nasce e si sviluppa in ambito filosofico e ha nell'idealismo crociano il massimo rappresentante. Nell'impossibilità di definire il "de quo agitur" di un'opera, il ricorso alle classificazioni è un espediente comodo per la definizione del ‘canone occidentale’, una gabbia ideologica entro la quale si accredita il valore di un manufatto artistico a seconda che sia "rispettoso" del "genere", tagliando fuori tutto il materiale che è impossibile adattare alla cornice già predisposta. I danni prodotti da questo ingabbiamento nei "generi" è servita anche a espungere dal canone molte opere scomode, per non dire di un'altra bella pensata di Croce, il quale, per salvare il salvabile (stante la rigida impalcatura filosofica), di un'opera non rispondente ai criteri di adattabilità alla matrice propria, tirò fuori dal cilindro della prestidigitazione la seconda gabbia, quella dell'"alessandrinismo" di un'opera, cioè a dire che se un'opera non soddisfa per intero la possibilità di aderire totalmente alla matrice, è possibile che frammenti, lacerti della stessa, possano tranquillamente adattarvisi. Questo marchingegno servì a salvare parti di opere che il nostro, nel suo Breviario di estetica, stima essere parzialmente adattabili. L'idea gli venne in mente dai poeti alessandrini, ma il prezzo che la cultura italiana ha pagato, è stato incommensurabile, se pensi, caro Fixer, che in Italia, almeno fino all'ingresso della DALIA NERA (1988, credo), i romanzi polizieschi erano stati relegati al secondo, terzo piano, nelle cantine della cultura, roba per scellerati lettori incapaci di attingere alla grande letteratura, pari in merito alle riviste per cameriere o alle parole crociate o a campo di coltura dei poveri disgraziati che (ahimè), andavano a vedere i film di Totò o di Raffaele Matarazzo. Ricordo il primo giallo Mondadori che lessi da ragazzino precoce, era LA PORTA DALLE SETTE CHIAVI di Edgar Wallace. Continuai a leggere gialli anche tre al giorno con un godimento straordinario, mi portavano fuori dal mondo, mi facevano sognare. Così ho imparato a leggere, cominciando dal "genere" più ripudiato (e lo è ancora oggi!), Agatha Christie, Ellery Queen, George Benson, Hartley Howard, James Hadley Chase (non uno qualunque, ma l'autore di NIENTE ORCHIDEE PER MISS BLANDISH che in Italia, l'Italia sempre provinciale, doveva avere un certo successo solo dopo il film GRISSOM GANG di Aldrich nel 1971, senza che nessun critico parlasse della grandezza dello scrittore inglese che fingeva scenari americani), e poi ancora Philo Vance, Peter Cheney (vedi tutte le novels con Lemmy Caution con Eddie Costantine diretto in filmacci fatti alla buona ma divertenti, o di Godard che ne immortalò le gesta in ALPHAVILLE), David Goodis (ne riparleremo), With Masterson (Welles) che non era così brutto come dicono quelli che non hanno mai letto un suo romanzo, ecc. L'elenco è sterminato e nei gialli Mondadori, in questo cassonetto eretto dalla critica (oggi diremmo bipartisan, ma purtroppo segnatamente di sinistra) c'era tutto il cinema dagli anni Trenta fino almeno ai Settanta (UNICO INDIZIO UN ANELLO DI FUMO tratto da Derek Marlowe che Mereghetti dimentica di citare perché è un somaro) con propaggini che arrivano fino ai giorni nostri, quando, per merito di Ellroy, il romanzo fino allora definito "giallo" entra a pieno merito nella serie "Narratori stranieri". Ecco, che come per incanto, l'intellighenzia stolta che per anni aveva osteggiato il giallo, ora lo assume tra le sue letture preferite, con un’overdose che oggi riempie le librerie e con l'arruolamento di chiunque (anche un Faletti!) nell'Olimpo del romanzo criminale, un genere nel quale in Italia, nonostante gli strombazzamenti della critica, sempre in ritardo sui tempi, non è uscito un solo romanzo (neppure quello del mio amico e conterraneo De Cataldo) che possa stare alla pari con gli analoghi di paesi come, non dico l'America, ma neppure la Francia dei polar della serie Noir fondata da Duhamel per Gallimard mezzo secolo fa o inglesi (non ne parliamo) o addirittura svedesi, finlandesi, spagnoli, paesi nei quali questi romanzi sono stati sempre accolti con favore e che gli editori non si erano mai vergognati di inserire nei loro cataloghi (Mc Bain, Musil, Nabokov, Narcejac, Poe, Pronzini... senza distinzione di "genere"). Devo terminare, Fixer, il discorso è aperto, ma voglio ringraziarti perché il tuo commento mi ha convinto dal punto di vista teorico (in questo ti dà inesorabilmente ragione anche uno dei massimi esperti in materia, parlo di Carlos Clarens che al dilemma da te posto dedica un lungo capitolo, "Sfumature di 'Noir'” nel saggio "Giungle americane"), ma non dal mio punto di vista che guarda alla letteratura come a un'infinita biblioteca di Babele senza confini di classificazione per "generi".
 
 
 

 

Playlist film

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Miami Blues

Dal romanzo omonimo dello scrittore di noir più' intellettuale dopo James Sallis, Charles Willeford. la regia di Armitage è sufficiente, Alec Baldwin rovina il film come farà' in seguito con Omicidio a New Orleans di Phil Janou tratto da uno splendido noir di James Lee Burke

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  • USA
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Getaway!

Pessimo remake perpetrato da Roger Donaldson ai danni dell'indimenticabile omonimo film di Sam Peckinpah, al posto del mitico Steve McQueen c'e' l'imbolsito Alec Baldwin. Tratto da Jim Thompson

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  • Horror
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Bubba Ho-tep. Il Re è qui

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Un film da scoprire perché è un'ottima trasposizione del primo romanzo della trilogia di Joe Lansdale, “Mucho Mojo”.

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Debito di sangue

  • Thriller
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Titolo originale Blood Work

Regia di Clint Eastwood

Con Clint Eastwood, Wanda De Jesus, Jeff Daniels, Anjelica Huston, Tina Lifford

Debito di sangue

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Un Eastwood minore che tradisce il clima tesissimo dell'originale, tratto dal romanzo di Michael Connelly, un grande narratore di trame oscure. Molto più' ispirato, Clint farà il capolavoro da "Mystic River" di Dennis Lehane.
 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Get Shorty

  • Commedia
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Titolo originale Get Shorty

Regia di Barry Sonnenfeld

Con Danny DeVito, John Travolta, Rene Russo, Gene Hackman, Dennis Farina, Delroy Lindo

Get Shorty

In streaming su Amazon Video

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Solo John Travolta è ‘in parte’, la regia dà' solo una pallida idea di quel che è l'originale di Elmore Leonard, il piu' grande narratore di dialoghi, in passato titolare delle sceneggiature  “Io sono Valdez”, “Jim Flagg”, “Hombre”.
 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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